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Il post II guerra mondiale dei paesi islamici


Nel 1960 viene fondata l’Organization of the Petroleum Exporting Countries (Opec) dai rappresentanti di Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita e Venezuela e poi ampliata ad altri paesi.
Uno dei paesi più importanti paesi membri dell’Opec è l’Iran. Nell’immediato dopo guerra la questione principale che anima la lotta politica iraniana riguarda il controllo e la commercializzazione delle riserve di petrolio iraniano.
Nel 1951 lo shah dell’Iran (sovrano) Pahlavi nomina primo ministro Mosadeq, convinto nazionalista, che è per la nazionalizzazione della Anglo-Iranian Oil Company, la compagnia petrolifera che controlla estrazione e commercializzazione del petrolio iraniano. Le potenze occidentali cercano di impedire ciò e trovano l’appoggio dello shah e di membri dell’esercito e con un colpo di Stato viene rovesciato il governo.
Ma Pahlavi ha come obiettivo modernizzare il paese attraverso la riforma agraria, l’istituzione della scuola pubblica e norme che stabiliscono che le cause di divorzio siano esaminate da un tribunale laico e che si possa contrarre un matrimonio poligamico solo con il consenso delle mogli.
Ciò fa crescere l’opposizione di mujtahid e degli ayatollah (massime autorità islamiche) perché sono possidenti di terre che gli verrebbero espropriate con la riforma agraria e controllano le scuole religiose. Inoltre il processo di industrializzazione non ha portato i risultati sperati e cresce il malcontento tra gli ex contadini che trasferitisi in città sono diventati operai.
Così nel 1958 un colpo di Stato militare abbatte la monarchia e crea un regime politico militare. Nel 1968 Saddam Hussein instaura una dittatura militare.
La nascita dello Stato di Israele è vissuta da molti arabi come una protervia dell’Occidente, anche perché la nuova nazione ha stretto rapporti di stretta amicizia con gli Usa. Il risentimento contro Israele è acuito anche dalla presenza di vaste colonie di profughi palestinesi, disseminati tra Giordania, Gaza e Libano. Dall’inizio degli anni 50 gruppi di guerriglieri palestinesi (fedayn) compiono attacchi terroristici entro i confini di Israele. Dal 1964 i palestinesi hanno un’associazione politica unificata, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), che è una federazione di diversi gruppi politici, tra cui si distingue Yasser Arafat.
Nel 1967 i disaccordi diplomatici tra Israele e Siria portano alla guerra. Israele organizza una rappresaglia militare che parte il 5 giugno 1967 e che attacca di sorpresa Egitto, Giordania e Siria nella guerra dei Sei Giorni: quello è il lasso di tempo che agli israeliani per impadronirsi delle alture del Golan, del Sinai, della Striscia di Gaza e della Cisgiordania. La tensione cresce così maggiormente. La Siria e la Giordania reclamano la restituzione rispettivamente delle alture del Golan e della Cisgiordania. L’Egitto rivuole il Sinai. L’Onu invita così Israele alla restituzione ma ottiene un rifiuto. Nel 1973 l’esercito egiziano attacca il Sinai e quello siriano il Golan. L’esercito israeliano, seppur preso di sorpresa, riesce a bloccare i nemici. Israele mantiene il controllo del Golan e della Striscia di Gaza ma procede con la restituzione del Sinai all’Egitto.
Però nel corso della guerra l’Opec sostiene lo sforzo bellico di Siria e Egitto aumentando il prezzo al barile del petrolio greggio, per danneggiare l’economia dei paesi occidentali.

Tratto da L'ETÀ CONTEMPORANEA di Gabriella Galbiati
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