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Cause e conseguenze della nominalizzazione

Con il processo di nominalizzazione, il nome assume centralità e maggiore rilevanza rispetto al verbo; di conseguenza si verifica una significativa riduzione delle forme verbali. Mentre con i verbi si indicano azioni che richiedono dei soggetti, le espressioni nominali spersonalizzano gli enunciati, producendo una astrattezza del concetto che vuole essere comunicato. Il sostantivo rispetto al verbo è meno incisivo e la  trasformazione del verbo in sostantivo può confondere il ricevente: questa perdita di importanza del verbo allontana il discorso dalla lingua comune, rendendolo più difficile da comprendere dato che al nome vengono collegati anche altri componenti, cioè quelli che prima dipendevano dal verbo. Inoltre i nomi portano con sé gli articoli e le preposizioni, che allungano il testo con parole che di per sé non hanno significato (le cosiddette parole vuote).

Inoltre mentre i verbi rendono un enunciato dinamico e propositivo, con le nominalizzazioni si produce un effetto di staticità. Se però non viene usata in modo eccessivo bensì con moderazione, la nominalizzazione è una risorsa fondamentale della lingua (in italiano come in inglese) che in molti casi aiuta a semplificare il discorso, svolgendo un efficace funzione di sintesi e coesione del testo, generando enunciati più brevi che facilitano il flusso delle informazioni.
Nel caso dei nomi d’azione, come nell’esempio (2), consente di mettere in risalto l’azione espressa dal verbo (enfatizzando in questo caso l’azione del collegare). D’altra parte, essendo un area di passaggio tra le categorie principali del verbo e del nome, i nomi d’azione sono costantemente al centro dell’attenzione dei linguisti. Jezek (2005) ripropone una domanda molto frequente tra gli studiosi, chiedendosi per quale motivo una lingua, disponendo di nomi e di verbi, sviluppa strumenti (come la nominalizzazione) per operare passaggi tra classi lessicali, in primis tra verbi e nomi. L’autrice sostiene che l’esistenza delle due categorie del verbo e del nome non andrebbero interpretate come le due categorie di evento e di entità, ma come l’opposizione universale tra le due modalità di riferimento e predicazione. Quando si compie un atto di riferimento si identifica e si delimita un’entità, un certo particolare oggetto, e lo si introduce come un oggetto su cui poi si dirà qualcosa; quando si compie un atto di predicazione si asserisce il verificarsi di un evento in cui tale oggetto è coinvolto, e si stabiliscono le relazioni tra gli oggetti (se sono più di uno). In questo modo i due atti consentono di modulare in modo opzionale il contenuto del discorso.
In quest’ottica, una possibile risposta della Jezek al quesito sulle cause della nominalizzazione afferma che tale processo manifesta:
“l’esigenza del parlante di creare dei referenti nel suo discorso, a partire da elementi che normalmente si presentano con altri usi, ad esempio predicativi”. (Jezek 2005, p.128)

Un’altra conseguenza interessante (citata nel cap.2.3) del processo di nominalizzazione che ha per base un verbo, sono i casi di polisemia per cui i nomi deverbali possono denotare, a seconda del contesto, sia l'azione (processo) che il risultato dell'azione (risultato). Quando è attivata la funzione predicativa si dirà che il deverbale è una nominalizzazione del predicato; quando, invece, è attivato il significato di risultato di un'attività, si dirà che il deverbale è una nominalizzazione dell'oggetto. 
Riguardo al problema della contestualità del significato e della polisemia delle parole, il fatto cioè che molte parole possono significare, in contesti diversi, cose diverse, Pustejovsky (2008) afferma:

“Typically, external contextual factors alone are not sufficient for precise selection of a word sense; additionally, often the lexical entry does not provide enough reliable pointers to critically discriminate between word senses”. (Pustejovsky 2008, p.4)


Bibliografia

CLARK E.V. e CLARK H.H. (1979). “When Nouns Surface as Verbs”. Language, Vol. 55, n.4, pp. 767-811. Linguistic Society of America.

JEZEK E. (2005). Lessico. Classi di parole, strutture, combinazioni. Bologna, Italia: Il Mulino.

PUSTEJOVSKY J. (2008). Introduction to Generative Lexicon.

ROSS J.R. (1972). “The category squish: Endstation Hauptwort”.  Eighth Regional Meeting, 14-16 Aprile, pp. 315-329. Chicago Linguistic Society.

SIMONE R. (2004). Fondamenti di linguistica. Bari, Italia: Laterza.

Sitografia
Merriam Webster encyclopedia (www.merriam-webster.com)
Urban Dictionary (www.urbandictionary.com)
Wikipedia the free encyclopedia (en.wikipedia.org)

Tratto da NOMINALIZZAZIONI di Valentina Marchiò
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