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Nominalizzazioni e procedimento di natura sintattica: sostantivizzazione dell’infinito

Un procedimento di natura sintattica quale l’infinito sostantivato (detto anche infinito nominale), è un caso di nominalizzazione che consiste nella pura inserzione di un verbo in una sintassi nominale, senza alcuna modifica morfologica. Esso permette di colmare  le lacune morfologiche nell’italiano causate dalla mancanza di nomi d’azione utili per riferirsi a determinate matrici semantiche. Come fa notare Simone (2004):
“…nel sistema morfologico di una lingua, si possono trovare alcune lacune morfologiche, cioè parole teoricamente possibili (perché rispettano tutte le restrizioni combinatorie tipiche della lingua stessa), ma di fatto inesistenti. Acchiappamento e dimenticamento sono, in teoria, morfologicamente possibili in italiano, ma non esistono. (…) L’asimmetria delle lingue da questo punto di vista (che si manifesta nel fatto che esistono differenze profonde tra matrice semantic e matrice morfologica) è uno dei più tipici terreni d’inciampo della traduzione.” (Simone 2004, p.173)

È per questo motivo che in italiano molti nomi d’azione che sarebbero morfologicamente corretti, sono soppiantati dall’infinito sostantivato.

(27)
Domandare è lecito, rispondere è cortesia. 
(invece di *domandamento e *rispondimento)

(28)
Tutte le riviste di salute ricordano l’importanza del bere molta acqua.
(invece di *bevimento)

(29)
Il suo sognare ad occhi aperti la rende molto affascinante.
(invece di *sognamento)

Un meccanismo somigliante, ma formalmente diverso, è quello dell’inglese che copre la matrice “atto di +verbo” con la frequentissima matrice morfologica (già accennata nel par. 2.2) verbo + ing, che si comporta esattamente come un nome.

(30)
A – Asking is lawful, answering is good manners.
B – I was asking to the teacher the same question, when I heard her answer.

Mentre in (30)A asking e answering si comportano esattamente come un nome, in (30)B asking è usato come verbo, nella forma gerund per formare il past progressive.
Frequente in inglese è anche l’utilizzo come nome della forma all’infinito del verbo, che corrisponde al alla matrice morfologica to + verbo. I nomi di questo tipo sono chiamati verbal noun, e to be in (31) ne è un esempio.

(31)
To be or not to be is the question.

Riguardo agli infiniti sostantivati, Jezek (2005) afferma:
“l’uso nominale degli infiniti verbali costituisce un caso intermedio [di nominalizzazione, ndr] che a volte non si sa bene come considerare. Il fatto che gli infiniti nominali non siano in genere completamente lessicalizzati è mostrato dalla presenza di alcune restrizioni sul loro utilizzo come nomi.”
(Jezek 2005, p.127)

In riferimento a tale affermazione, Jezek ricorda il caso dell’infinito bere che, pur essendo usato in funzione nominale, ammettendo anche l’articolo (“amare il bere”), non consente la pluralizzazione (32)A e ammette come i veri verbi delle espressioni avverbiali come in (32)B.

(32)
A – *I beri.
B – Il bere in fretta fa male. 

Per l’autrice gli infiniti sostantivati hanno una sintassi mista tra quella del verbo e quella del nome, tant’è che la pluralizzazione è possibile solo quando essi sono entrati nel lessico come nuovi nomi, ad esempio:

(33)
Nessuno può essere possessore di tutti i saperi.
(34)
I love all the writings of Charles Dickens.

Per concludere la trattazione delle forme possibili di nominalizzazione, bisogna puntualizzare che fino ad ora sono state esposte le nominalizzazioni costituite da singole parole, ma questo processo può dare come risultato anche delle costruzioni lessicali, come negli esempi seguenti.

(35)
I suoi modi di fare non mi sono mai piaciuti.

(36)
Dopo la messa in mora sarà costretto a pagare.

(37)
We were doctor's new go to guys.

(38)
I think that do it yourself is not for me!

Tratto da NOMINALIZZAZIONI di Valentina Marchiò
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