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Studio antropologico: vendere, scambiare


Le società primitive non vivevano un’esistenza lurida, brutale e corta: si garantivano la sussistenza con un minimo impegno e spesso si trovavano ad avere un surplus da scambiare con altri gruppi, come cibi diversi da quelli soliti o manufatti in cui si era particolarmente abili nello fabbricare. Lo scambio, che sia di beni o di forza lavoro, è un aspetto non solo economico ma anche relazionale dei rapporti tra esseri umani e tra esseri umani e cose. Può avvenire con il baratto, con l’intermediazione di denaro o altri oggetti con funzione di moneta, occasionalmente o in luoghi deputati allo scambio.
Dallo storico dell’economia Karl Polanyi vengono individuate 3 modalità di integrazione dell’economia:
1.reciprocità: implica una situazione di egualitarismo e viene praticata in società dove non esistono leggi che regolano vendita e acquisto. Lo scambio avviene sulla base della simmetria e spesso è la parentela a fornire la struttura di riferimento per le transazioni. Al suo interno è a sua volta diviso in 3 tipi: reciprocità generalizzata (non si tiene una contabilità precisa del valore dei beni o dei servizi scambiati e non ci si attende una contropartita immediata, come nel dono), reciprocità equilibrata (le parti scambiano beni e servizi di uguale valore), reciprocità negativa (quando una delle parti vuole ottenere dall’altra qualcosa, senza dare nulla o dando meno di quanto richiesto);
2.redistribuzione: per essere messa in atto necessita di una struttura centralizzata di potere. Un capo, un sovrano, uno Stato ricevono beni e denaro da parte di tutti i componenti del gruppo, e successivamente dovranno provvedere a ridistribuirli secondo modalità più o meno eque previste dalla loro società: accade nel big man polinesiano, ma anche nel nostro apparato fiscale che si occupa di raccogliere il denaro delle imposte per poi ridistribuirlo sotto forma di servizi ai cittadini;
3.scambio di mercato o commercio calcolato: la trasformazione della rivoluzione industriale segna lo spartiacque tra i diversi tipi di economie e civiltà. Il capitalismo viene considerato come un’anomalia storica in quanto muta la sostanza dei rapporti economici precedenti che si fondavano soprattutto sui rapporti sociali, mentre qui sono questi che vengono determinati dai rapporti economici.
In seguito alla rivoluzione industriale scompare la tradizionale società commerciale, i cui fondamenti poggiavano sulle risorse auree internazionali, mentre la produzione, grazie all’introduzione della macchina, prende il sopravvento sull’attività mercantile: nascono le cosiddette "merci fittizie" come la terra, il lavoro, la moneta, che diventano oggetto di compravendita e sottoposti alle leggi del mercato autoregolato. I capitalisti, come i big men, spingono gli uomini a imprese collettive, ma a differenza dei primi comprano la forza lavoro, pagandola sulla base delle valutazioni imposte dalla legge della domanda e dell’offerta. Il calcolo viene fatto sulla base di un intermediario costituito dal denaro, e il valore dei beni o dei servizi scambiati dipende dal loro valore di mercato. Queste tre forme di scambio non si escludono necessariamente a vicenda, ma spesso convivono all’interno di ogni società, all’interno delle quali viene data la priorità a una delle modalità, assegnandole la funzione di integrare l’economia. Nelle società occidentali è ormai il mercato a svolgere tale ruolo, ma non significa che non esistano forme di economia mercantile in società tradizionali e forme di reciprocità in società capitalistiche.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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