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Remigio Sabbadini (1850 – 1934)

Remigio Sabbadini (1850 – 1934)


Insegna a Catania dal 1886 al 1901 per poi concludere a Milano fino al 1926. Nacque da una modesta famiglia di agricoltori e delle origini campagnole gli rimasero lo stile di vita semplice e modesto e la concretezza, che negli studi si rivela apertamenta con la preferenza per l'essenzialità sia nei contenuti sia nello stile. É il fondatore della moderna filologia umanistica in Italia. Le sue indagini sull'umanesimo latino sono fondate sul senso della continuità della tradizione classica e sull'impegno per una maggiore compenetrazione tra studio della letteratura antica e studio della cultura umanistica. Come filologo non fu molto incline alle congetture e si orientò su un prudente conservatorismo.
 Fu un grande studioso di Cicerone e Orazio ma fu soprattutto Virgilio l'autore che lo accompagnò per tutta la vita, soprattutto per ciò che riguarda l'Eneide. La prima edizione del suo lavoro risale al 1919 (poi ripubblicato nel 1945 con la revisione di Castiglioni) mentre nel 1921 si aggiungono le Georgiche; entrambi i lavori furono pubblicati per il Corpus Scriptorum Latinorum Paravianum. Le Bucoliche escono assieme agli altri due testi nell'edizione nazionale del 1930, che celebrava il bimillenario della nascita di Virgilio.
Il testo virgiliano curato da Sabbadini ha le seguenti principali caratteristiche:

- Studio dei codici antichi e della loro storia nonché attenta collazione dei medesimi.
- Rivaluta il Palatino rispetto al Mediceo.
- Difese la varietà e l'incostanza ortograica degli antichi stabilendo di attenersi alla testimonianza dei codici.
- Nel costruire il testo diede molta importanza alla tradizione indiretta, specialmente quella di grammatici e commentatori.

In merito alla Appendix Vergiliana, diede molti contributi e la considerò interamente spuria. L'Appendix vergiliana è una raccolta di 33 carmi di diversa composizione metrica per vari motivi legati al nome di Publio Virgilio Marone, probabilmente composti tra il 44 a.C. ed il 38 a.C. tra Roma e Napoli. Le probabilità che siano stati composti da Virgilio sono in realtà molto basse, per alcune composizioni addirittura nulle. Il termine appendix fu usato per la prima volta dall'umanista Scaligero nel 1572, e si riferisce alla consuetudine di stampare questi testi tutti assieme e in appendice alle opere di Virgilio.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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