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I valori del movimento studentesco


Il fulcro del movimento era un forte antiautoritarismo. Il rifiuto studentesco dell'autorità non risparmiava alcuna istituzione, famiglia compresa. Stimolati dalle lettura di Laing e Cooper, gli studenti misero in evidenza i difetti e i lati oscuri dei moderni rapporti familiari, attaccando la famiglia di essere una gabbia che opprimeva e alienava gli individui che ne facevano parte: lo slogan voglio essere orfano regnava. Pochi studenti rifiutarono, però, in toto l'istituzione familiare, anche se moltissimi si mostrarono insofferenti a farsi chiudere nel guscio genitoriale, che ricordava loro di stare lontani dalla politica – cosa sporca – e di studiare assiduamente per un pezzo di carta che avrebbe assicurato loro un futuro.
La famiglia era anche accusata di avere involuto il processo di socializzazione allargata, diffondendo il valore della sfiducia verso il mondo esterno e del rafforzamento materiale intranucleare.
Il movimento non risparmiava certo le forze tradizionali della sinistra, respingendo in forze i membri, anche studenteschi, del PCI come membri di una opposizione integrata al sistema. Cosa proponeva il movimento in sostituzione di ciò che voleva eliminare? Non c'era, naturalmente, un programma ben formulato ma i suoi principi ispiratori erano facilmente riconoscibili:
- Democrazia diretta ispirata alla Comune di Parigi del 1871 e non alla Costituzione Italiana.
- Collettivismo e libertarismo: nessuna autorità centrale doveva controllare le azioni individuali così che ciascuno fosse lasciato libero di determinare le proprie scelte e i propri comportamenti privati.
- Libertà totale di costumi, sessuali in primis.
Il movimento rimase comunque improntato a valori prevalentemente maschili e le studentesse che vi presero parte attiva vissero le loro esperienze con sentimenti contraddittori. Infine, l'atteggiamento studentesco verso la violenza, non fu indirizzato solo dalla reazione poliziesca del governo; inizialmente pacifista, presto si giustificò l'uso della forza.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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