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Separazione e divorzio: effetti sui bambini


La società occidentale è pervasa da ciò che viene definita “instabilità matrimoniale” che mette in luce quanto fragile stia diventando il legame coniugale a fronte della valorizzazione dell’individuo e dell’autorealizzazione.
La separazione e il divorzio vengono considerati fatti individuali, familiari e sociali e rappresentano qualcosa ad alto impatto sul benessere delle persone che vi sono coinvolte, sia adulti che bambini.
La rottura coniugale è considerata una transizione stressante rispetto alla quale adulti e bambini devono adattarsi; per “transizione” si intende ogni passaggio cruciale in cui la famiglia mostra i suoi punti di forza e di debolezza e si declina con il “coping”, ossia la capacità delle persone di fronteggiare un evento critico utilizzando le risorse disponibili, mettendo in atto opportune strategie cognitive-emotive e pragmatiche-comportamentali per governare le tensioni.
Per i bambini, tutto ciò si può tradurre in un declino sia del sostegno sia del controllo genitoriale sul loro comportamento e in alcuni casi si può verificare una vera e propria rottura con uno dei due genitori, perlopiù il padre, per gli aspetti affettivi, educativi ed economici.
I figli con genitori separati mostrano bassi livelli di benessere generale: rendimento scolastico, problemi comportamentali, adattamento psicologico e qualità delle relazioni con entrambi i genitori;
non sono state riscontrate differenze significative di genere, ad eccezione dei problemi comportamentali associati all’aggressività, più presenti nei maschi.
Vi è una minore intimità tra le madri e i figli poiché in seguito al divorzio le madri preoccupare per le conseguenze immediate di tale evento tendono ad allontanarsi emotivamente dal bambino;
in relazione al padre, i figli mostrano una maggiore distanza emotiva, soprattutto per i più grandi.
I bambini in età prescolare non riescono a comprendere i motivi del divorzio dei loro genitori:
-i bambini con un’età compresa tra i 2 e i 3 anni non esprimono né a livello verbale né nel gioco la consapevolezza che esita un conflitto tra i genitori, nonostante mostrino un distress emotivo;
-i bambini con un’età compresa tra i 4 e i 5 anni si chiedono i sentimenti che i genitori provano l’uno per l’altro, il perché  i genitori vivano in due case separate, una possibile loro riunificazione e una scarsa frequentazione del padre.
Le difficoltà psicoemotive, come depressione, tendono ad aumentare con l’età, evidenziando un picco nell’adolescenza; le difficoltà di relazione con i genitori si presentano in primo luogo nell’infanzia e successivamente nell’adolescenza; l’adattamento sociale e scolastico è più carente nella preadolescenza.
Il divorzio porta anche a delle conseguenze a lungo termine specie quando i figli sono chiamati a progettare il loro futuro:
-per i maschi si ha una difficoltà ad assumere un ruolo genitoriale appropriato;
-per le femmine si evidenzia la sfiducia e la paura di abbandoni sul fronte sentimentale.
Sono più disposti ad amare gli adolescenti di famiglie unite, mentre colore che provengono da una famiglia separata vi vanno più cauti, tendono questi ultimi a relazioni sentimentali di breve durata per paura dell’abbandono, della sofferenza e della solitudine.
Importante è la CTU( consulenza tecnica d’ufficio) disposta dal giudice per  valutare ulteriormente la situazione e decidere in maniera accurata sulle modalità di affidamento, la frequentazione con i genitori e il mantenimento economico; vi sono anche programmi di “parent training” volti a migliorare e sostenere la relazione tra figli e genitori sia affidatati che non; a tal proposito riportiamo come esempio “lo spazio neutro” e/o spazio d’incontro: quest’ultimo facilita la prosecuzione del rapporto dei figli con entrambi i genitori, sono spazi istituzionali, aperti anche i giorni festivi, al fine di facilitare soprattutto l’incontro col padre, ciò avviene in situazioni protette e con la presenza degli operatori a seguito di un invito giudiziario; solo se vi è buon accordo con l’altro genitore è possibile una richiesta spontanea; tali spazi rendono possibile un minimo di dialogo anche tra i genitori divorziati e agevolano il passaggio del bambino da un genitore all’altro.
La mediazione familiare per la riorganizzazione dei legami in seguito a divorzio/separazione permette di:
-migliorare la comunicazione tra i membri della famiglia;
-ridurre il conflitto per giungere ad accordi soddisfacenti;
-dare continuità ai rapporti tra genitori e figli;
-ridurre i tempi necessari per la soluzione dei conflitti.
La pratica della mediazione si avvale di un “mediatore” che è imparziale ed utile a traghettare l’ex coppia coniugale verso accordi genitoriali in grado di fronteggiare la transizione del divorzio.

Tratto da NEUROPSICHIATRIA INFANTILE di Anna Battista
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