Elementi dell'inquadratura. Angolazione, cornice e fuori campo
L’angolazione. Ogni inquadratura si definisce anche sulla base del suo angolo di ripresa. A partire da un ipotetico piano di base, dove la macchina da presa è posta frontalmente all’oggetto ripreso, alla sua stessa altezza e lo inquadra in modo tale da tenerlo al centro dell’immagine, è possibile derivare una pressoché infinita serie di angolazioni che corrispondono ai diversi punti dello spazio lungo gli assi orizzontali (destra/sinistra), verticali (alto/basso) e in profondità (davanti/dietro).
La cornice e i suoi spazi. Proprio in quanto racchiusa da una cornice immaginaria, l’inquadratura è definibile in base a un doppio criterio spaziale: lo spazio in campo (ovvero la porzione di spazio contenuta entro i bordi della inquadratura) e lo spazio fuori campo (ovvero la porzione di spazio che fa parte della scena – ambiente in cui si svolge una determinata sequenza, ma non è compresa nell’inquadratura in questione). Il fuori campo è dunque composto da tutta quella serie di elementi diegetici concreti – che fanno parte cioè della storia narrata, personaggi, ambienti o oggetti che siano – non inclusi nel campo, ma che hanno con questo una relazione ben precisa. Campo e fuori campo sono spesso in rapporto di reversibilità; infatti è sufficiente un movimento di macchina o un effetto di montaggio per esplicitare il fuori campo e metterlo in campo, relegando nel fuori campo ciò che prima era in campo. Compito della narrazione filmica è spesso proprio quello di mettere in comunicazione e di rendere reversibili questi due spazi.
Il fuori campo. Vi sono diversi modi con i quali è possibile creare all’interno di un inquadratura una sorta di dialogo col fuori campo, rendendo così lo spettatore consapevole della sua esistenza.
Le entrate ed uscite di campo dei personaggi è un primo modo, di chiara provenienza teatrale; un secondo, invece, esplica il fuori campo diegetico attraverso ciò che passa nello sguardo del personaggio, che, essendo rivolto verso un determinato punto non visibile allo spettatore, rende quest’ultimo immediatamente conscio dell’esistenza di qualcosa che è data a vedere soltanto al personaggio stesso.
Per mettere in comunicazione campo e fuori campo si può ricorrere anche al cosiddetto suono – off, ovvero alla presenza di una componente sonora dietetica di cui però l’inquadratura non mostra la fonte.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Laura Righi
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[Visita la sua tesi: "La complessa psicologia e l'istrionismo dell'Amleto di Laurence Olivier"]
- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
- Corso: Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo
- Esame: Analisi di Film
- Docente: Francesco Pitassio
- Titolo del libro: Il linguaggio cinematografico
- Autore del libro: F. Rossi
- Editore: Aracne
- Anno pubblicazione: 2006
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