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La memoria letteraria come evocazione del passato - Bufalino -


La conferenza di Catania.

Bufalino spiega meglio questa dinamica durante una conferenza a Catania, fornendo tre esempi: il Fedro di Platone, il Funes di Borges e il rogo dei libri di Fahreneit 451. Più volte Bufalino ha del resto precisato che tra le tante ragioni dello scrivere si scrive specialmente per essere ricordati e per ricordare, per vincere entro di sé l'amnesia, il buco grigio del tempo, per dimenticare o impermeabilizzare.
Argo il cieco

Bufalino sa che c'è una stretta interdipendenza tra memoria e scrittura, che i due volti della memoria letteraria sono l'evocazione del passato e la sua trasfigurazione. È stato però dimostrato che in Bufalino la tentazione verso il passato non si configura proustianamente come antidoto epifanico, come sfida riuscita contro le erosioni del tempo, ma come un modo per esorcizzare la duplice, costante e contraddittoria paura di vivere e morire. Il suo è comunque un esorcismo volontario, non un erratico rammemorare che scaturisce da singolari occasioni, ma una deliberata fuga, un compiaciuto confino in una dimensione altra, che come nel caso di Argo, è difficile stabilire se sia quella vitalistica della giovinezza o quella del tempo defunto per sempre. All'interno del sistema bufaliniano, la memoria si configura pertanto come ruolo fondamentalmente ambiguo: riattingimento di vita e rinuncia ad essa, fuga dalla morte  e corteggiamento di un passato che più cresce e più arriva alla fine. Un gioco a rimpiattino il cui esito è scontato, perché si sa perfettamente che sarà la morte a vincere, l'assassina della memoria. Una brutta bestia la memoria, che quando non è una lanterna magica, è un film dell'orrore; non bisogna fidarsi troppo di lei e lo scrittore sembra spesso mettersi da solo in guardia, come se si trattasse di un rischioso ma irrinunciabile vizio coltivato. I ricordi si disprezzano e si accarezzano. Se il rifugio nel ricordo può essere un'utile medicina contro le insidie del presente, le nebbie dell'oblio possono a loro volta rappresentare la migliore cura contro i dolorosi morsi della memoria. Il beneficio del dimenticare sembra così sopravanzare quello del ricordare, con le sue ragioni, profilattiche e pietose, che la memoria non conosce. Il ricordo acceca dolorosamente, al massimo lascia solo parole. Ciò che fa male è anche ciò che si ama, e nella dialettica tra memoria e oblio don Gesualdo non può che tornare a contraddirsi e a smentirsi di continuo, lasciandosi tentare dalle rassicurazioni di una confortante amnesia anche all'interno di un testo del tempo e delle cose ritrovate come Museo d'ombre.

Tratto da LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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