Il gioco degli specchi - Bufalino -

C'è qui il tema dello scambio: nonostante siano queste le parole del medico, del Gran Magro, per il gioco di specchi e riflessioni sotteso, sono anche le parole del protagonista e dell'autore; ed è per questo gioco di specchi che il protagonista non rimane minimamente colpito dalle invettive del medico, ricavandone anzi sollievo e medicina; e sempre per questo gioco alla fine sarà il medico ad ammalarsi e il paziente a guarire, e si ammalerà, guarda caso, quando una degradata goffagine aveva preso il posto di una certa eleganza da saltimbanco.
In questo universo a doppio fondo della malattia, in cui l'esistenza trova sempre in qualcos'altro o in qualcun altro il suo volto e gli antagonismi nascondo a malapena altrettante proiezioni dell'io, il confronto supremo non può che essere con l'Altro, il dio malato di calcolosi, o meglio il suo prestanome, Cristo, chiamato Barbetta di Capra. In Diceria l'io narrante incontra in padre Vittorio l'alter ego con cui trasformare in dialogo il proprio dissidio tra un radicato scetticismo e l'illusione di rivivere da eletto su di sé la passione di quel Lui che a propria volta accettava ogni giorni di farsi uomo rendendo infetta la propria divinità. Fratello nella malattia e nella passione, padre Vittorio è figura di Cristo e insieme il connivente e nemico del narratore, l'altra parte di sé che difficilmente si sarebbe potuta non incontrare nella più assurda delle illusioni concessa dal male. Anche in questo caso i ruoli si confondono, si alterano attraverso il contagio, il contagio del dubbio. L'alter ego che racconta allo scettico narratore, citando Pascal, la cristologia della loro esperienza è infatti lo stesso che nei suoi pensieri annotati a margine di un libro devozionale parafrasa quello stesso Pascal in modo blasfemo, trasferendo dolorosamente su di sé le amare posizioni dell'amico.