Romanzo e film. Il caso Robbe Grillet
I film come si danno nei circuiti delle sale di proiezione, e come vengono inviati ai festival di settore, e come vengono recensiti dai critici specifici nelle rubriche apposite sugli organi di stampa, appartengono alla categoria aristotelica dei poemi lunghi, e non riescono a dividere la loro sorte da romanzi e narrazioni, o da drammi concepiti per il palcoscenico. Se viceversa si tratta di opere, brevi o lunghe, comunque rinunciatarie alla trama e volte invece ad esplorare, a valorizzare le varie condizioni di esperienza sensoriale affidate alla vista, ma con la stessa correlazione sinestetica con ogni altro responso dei sensi, allora siamo all’interno del campo riservato agli artisti, agli operatori delle arti visive, a coloro che fino a pochi decenni fa dovevano limitarsi a inseguire appunto questi valori col solo dono della vista. Oggi la possibilità di registrazione si allarga, grazie alla macchina fotografica, la cinepresa e la telecamera, ma se il fine è di rendere conto di un estratto di valori aptici – ottici allo stato puro, a prescindere da un nocciolo di racconto, allora si può asserire con sicurezza che prodotti di tal fatta appartengono a pieno diritto all’ambito dei cultori delle arti visive.
Il succo di questo discorso sta nella confutazione degli specifici settoriali, di fronte alla vasta influenza di fattori generali come la trama, lo spessore del personaggio, le modalità di lingua, i contenuti ideologici, impallidiscono le differenze che si pongono tra romanzi e film, discendenti dal carattere neutro e amorfo delle modalità di fruizione usate dai primi, e dalla pienezza di stimoli sensoriali consentita alle opere dell’altro fronte.
In conclusione Barilli porta ad esempio il narratore Alain Robbe Grillet, perfetto per indicare le anime del dibattito, poiché egli è stato allo stesso tempo narratore e creatore dei suoi film. Nonostante le opere narrate da Grillet abbiano avuto un ottima trasposizione cinematografica, egli ha comunque spesso insistito per essere lui stesso il regista di se stesso. Ma nonostante ciò, pur essendo un eccellente autore di prosa, quando impugna una cinepresa le cose non gli risultano così perfette e scorrevoli.
In conclusione hanno ragione gli autori dello specifico, se si tratta di valutare l’opera finale in sé, ben pochi autori sono capaci di condurre con la stessa abilità i loro esperimenti in prosa o nel cinema.
Continua a leggere:
- Successivo: Definizione di stile. Segre, Bordwell e Wolfflin
- Precedente: Barilli, cinema nella "Poetica" di Aristotele?
Dettagli appunto:
-
Autore:
Laura Righi
[Visita la sua tesi: "La campagna pubblicitaria per l'audiovisivo, un'indagine sul ruolo del trailer e del marketing non convenzionale nella promozione cinematografica"]
[Visita la sua tesi: "La complessa psicologia e l'istrionismo dell'Amleto di Laurence Olivier"]
- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
- Corso: Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo
- Esame: Dinamiche dei processi intertestuali e intermediali
- Docente: Leonardo Quaresima
- Titolo del libro: Lo stile cinematografico
- Autore del libro: E. Biasin, G. Bursi e L. Quaresima
- Editore: Forum
- Anno pubblicazione: 2007
Altri appunti correlati:
- Codici e formato della serie tv
- Letteratura e Cultura dell'Italia Contemporanea
- Introduzione all'antropologia della parentela
- Corporate Governance nelle aziende mediatiche
- Dizionario di psicologia dello sviluppo
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- Il genere contaminato: il Noir secondo Joel e Ethan Coen
- Così lontani, così vicini. La post-televisione nell'era dei social media: teorie, scenari, pubblici
- La mercificazione della donna: analisi del testo pubblicitario
- Analisi dei nuovi linguaggi femminili nella serie televisiva "Sex and the City"
- Il fenomeno LOST: analisi di una parabola televisiva
Puoi scaricare gratuitamente questo riassunto in versione integrale.