John Grierson e il problema del CTA

L’ultimo concetto con il quale approcciarsi in merito al problema, è quello di CTA, vale a dire di creative treatment of actuality, dove actuality sta qui per realtà e non per attualità. A ciò lavorò lo scozzese John Grierson, fondatore della scuola del documentarismo britannico e primo schematizzatore di ciò che diventerà poi il documentario.
Anche Grierson pubblica un manifesto, noto come Principi fondamentali del documentario. Da una parte, ciò è il più radicale documento anti cinema che mente umana abbia mai escogitato, dall’altra è la sublimazione di tutte le migliori virtù possedute dal cinema. Grierson non rifiuta nulla del patrimonio di idee nate fino a quel momento, meno una: l’artificio della narratività. Grierson vuole tenersi lontano dall’affettazione e dalla insincerità, e vuole, invece, fotografare e documentare il mondo reale, convinto che l’attore e la scena originali e naturali, siano il mezzo migliore per analizzare il mondo, e considerando lo “spontaneo” come valore assai più importante rispetto all’artificioso. Grierson è una sorta di riformista con lo spirito di un calvinista pedagogo; la sua missione di regista era quella di scoprire la realtà del lavoro umano, la vita quotidiana e la solidarietà tra i semplici. Sono propositi austeri, ma nemmeno lo scozzese sfugge alla retorica. I film migliori di Grierson e dei suoi accoliti (Flaherty, McLaren, Cavalcanti) saranno alla fine quelli più “artistici”, quelli che pur soddisfacendo egregiamente l’esigenza documentaria del film, dimostrano come sia impossibile prescindere comunque dalla rielaborazione artistica che la macchina da presa impone. Un esempio per tutti è Night Mail di Wright e Watt, che pur documentando il funzionamento del servizio postale lungo la ferrovia Londra – Edimburgo, si avvale della musica di Benjamin Britten e di una poesia di Wystan Hugh Auden, sfruttando sagacemente il linguaggio audiovisivo senza sacrificare l’esigenza documentaria.