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Alleanze simmetriche e asimmetriche

Secondo Cesa, può valere la pena abbozzare una tipologia delle alleanze muovendo dalle seguenti indicazioni: dal momento che gli alleati si muovono alla ricerca della conformità reciproca, si delineano 2 assi principali di riflessione: 
1. La forza strategica di cui dispongono gli alleati è uguale o ineguale? 

Questa domanda ci permette di distinguere tra alleanze simmetriche e asimmetriche. 
Si ricorderà che la forza strategica di un attore = la combinazione del grado di controllo di alcune risorse e della rilevanza che altri attori attribuiscono a tali risorse. 
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Un’alleanza composta da 2 o più Stati di forza strategica approssimativamente pari è un’alleanza simmetrica; tale uguaglianza è alla base di una relazione remunerativa fondata sullo scambio di vantaggi tra parti interdipendenti. 
Quando, invece, le parti sono di forza strategica impari, la loro unione dà luogo ad un’alleanza asimmetrica: qui la loro disuguaglianza è alla base di una relazione che tende a divenire costrittiva, fondata cioè sul dominio di uno e la dipendenza dell’altro. Specialmente quando i rapporti di forza sono molto sbilanciati, la conformità cercata dall’alleato maggiore trova la sua realizzazione più completa, venendo ad incidere sulla politica estera degli Stati minori (ai quali viene chiesto di avere gli stessi amici e gli stessi nemici), sulla loro organizzazione militare (l’alleato maggiore si riserva il monopolio di comando), sulle loro decisioni economico-finanziarie (con richieste di concessione di diritti commerciali e di contributi per la difesa comune), sino a giungere a varie forme di ingerenza nei loro affari interni. 
In prima approssimazione, le alleanze tra grandi potenze e quelle tra piccole potenze appartengono alla classe simmetrica, mentre le alleanze tra grandi e piccole potenze a quella asimmetrica. 
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La distinzione tra piccole e grandi potenze è molto importante. 
NB: la differenza tra le 2 classi di Stati non è solo quantitativa, ma anche e soprattutto qualitativa. Gli elementi che contraddistinguono una piccola potenza, infatti, non si limitano alla sua debolezza, ma comprendono anche tutta una serie di implicazioni: 
1. la potenza minore è più frequentemente costretta a cercare un appoggio esterno, e a fare affidamento sulla garanzia offerta da altri Stati, spesso ambigua; 
2. anche la posta in gioco, di solito, è diversa: se la piccola potenza è minacciata da una grande potenza, la sua stessa sopravvivenza può essere a repentaglio; 
3. il margine di errore di cui una piccola potenza dispone è minore: il territorio ridotto, le risorse scarse, gli amici incerti, fanno sì che essa possa pagare assai cara una politica avventata; 
4. se l’alleanza crea una situazione di interdipendenza asimmetrica (= una situazione nella quale la rottura delle relazioni tra le parti danneggerebbe più l’una che l’altra), è ovviamente la piccola potenza che si trova di norma nella posizione più vulnerabile. 

Se ci poniamo nella prospettiva della grande potenza, essa può essere spinta ad allearsi con uno Stato debole per vari motivi: 
 - la prospettiva di accrescere la propria forza, anche se si tratta di un incremento modesto, vale anche per la grande potenza, almeno fino a tutto il XVIII secolo (= quando anche un contingente militare ridotto poteva essere utile a fini bellici); 
 - l’unione con una piccola potenza permette di sottrarre un potenziale alleato ai terzi; 
 - l’alleanza permette alla grande potenza di controllare l’alleato minore, con modalità che spaziano da una forma di vassallaggio vero e proprio a forme più moderate di sorveglianza e condizionamento. 

TUTTAVIA, il potere tra alleati è funzione non solo delle loro risorse, ma anche della rilevanza che esse hanno agli occhi l’uno dell’altro. 
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Anche se A dispone di una quantità di risorse minore rispetto a B, A può essere meno dipendente di quanto questa pur importante disuguaglianza materiale potrebbe far credere; viceversa, anche se A dispone di una quantità di risorse approssimativamente simile a quella di B, A può essere più dipendente di quanto si potrebbe concludere a prima vista. 
Siamo ora in grado di mettere a fuoco in modo più preciso le conseguenze, per i rapporti interalleati, di una strategia di fermezza o di flessibilità con l’avversario. 
Secondo Snyder, il rischio insito in una strategia di fermezza con l’avversario è di rimanere intrappolati dall’alleato. Ma ciò è vero soprattutto per l’alleato più dipendente; quello meno dipendente, invece, può sottrarsi a tale pericolo perché è in grado di minacciare credibilmente (o addirittura di esercitare) l’opzione di abbandono. 
Parimenti, la flessibilità con l’avversario può spingere all’abbandono solo chi se lo può permettere ⇒ lo Stato meno dipendente. A parti invertite, il più dipendente non potrà che accettare la politica dell’alleato. 
Indurre l’alleato a muovere lungo linee prevedibili è comunque vantaggioso, che esista o meno il rischio di rimanere intrappolati ⇒ l’alleato meno dipendente viene a trovarsi, per definizione e per posizione, in una condizione favorevole, alla quale non è lecito aspettarsi che esso sia disposto a rinunciare. È difficile esagerare l’importanza di questo punto, poiché fornire benefici di cui gli altri non possono facilmente fare a meno è il modo più comune di ottenere potere. Secondo P. M. Blau, se B ha bisogno di un servizio offerto da A, esso ha le seguenti alternative: 
a. può dare ad A, in cambio, un servizio che A desidera; 
b. può ottenere quel servizio altrove; 
c. può obbligare A a fornire quel servizio; 
d. può rassegnarsi e farne a meno. 

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Con l’eccezione della terza possibilità (il ricorso diretto alla coercizione fisica, di solito, non si applica tra alleati), le condizioni fissate da Blau si prestano, secondo Cesa, assai bene a descrivere anche alcuni comportamenti di uno Stato che cerca di sottrarsi al potere dell’alleato, e, di converso, anche quello che farà lo Stato che intende invece tenere l’alleato sotto stretto controllo: 

Stato che cerca di sottrarsi al potere dell’alleato 
a. Sarà disposto ad offrire ulteriori servizi, bilanciando così la propria dipendenza con la dipendenza altrui. 
b. Cercherà alternative, in primo luogo promuovendo intese con nuovi potenziali alleati. 
c. ∅ 
d. Potrà rivedere alcuni dei suoi obiettivi di politica estera, accontentandosi di tenere un profilo più basso ma più indipendente. 

Stato che intende tenere l’alleato sotto stretto controllo 
a. Cercherà di rimanere indifferente ai servizi che gli vengono offerti, magari procurandoseli altrove, in modo autonomo o con la collaborazione di altri Stati ancora. 
b. Tenterà di mantenere il monopolio dei benefici di cui l’altro ha bisogno, rendendogli difficile e costosa la ricerca di alternative. 
Nel caso di più alleati, poi, si cercherà di impedire che essi coordinino le loro mosse per strappare concessioni o conquistare comunque più libertà di manovra.
c. ∅ 
d. Si vorrà ribadire l’importanza delle funzioni svolte dall’alleanza in quel dato contesto internazionale, tanto incoraggiando l’alleato a perseguire certi fini di politica estera piuttosto che altri, quanto facendo uso di strumenti propagandistici e ideologici.

Data l’ampia gamma delle configurazioni caratterizzate da rapporti di forza sbilanciati, va da sé che la classe delle alleanze asimmetriche contiene un numero di casi ben più grande rispetto a quella delle alleanze simmetriche. 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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