Relazioni internazionali: Scuola Inglese
La tesi centrale di questo approccio è che le relazioni internazionali dovrebbero essere concepite come una “società” di stati sovrani. Studiare le modalità di funzionamento della società degli stati non significa applicare modelli dalle scienze sociali, ma piuttosto acquisire dimestichezza con la storia delle relazioni internazionali così come la sperimentano le persone che vi sono coinvolte, soprattutto le più importanti: presidenti, ministri, diplomatici, comandanti militari… gli studiosi di Relazioni Internazionali dovrebbero cercare di capire che cosa induce i professionisti delle relazioni internazionali a comportarsi come fanno, sforzandosi di intuire le idee e i pensieri che stanno dietro le loro decisioni in materia di politica estera.
Uno dei grandi dibattiti Relazioni Internazionali descritti in precedenza è stato quello tra tradizionalisti e behavioristi. In quel dibattito gli studiosi SI si sono schierati a fianco dei tradizionalisti → gli stati non hanno un’esistenza propria, disgiunta dagli esseri umani che li compongono e che agiscono a loro nome. I teorici SI concepiscono le relazioni internazionali come una branca particolare delle relazioni umane studiare le Relazioni Internazionali significa studiare la storia di quel particolare mondo umano.
Il filone SI rappresenta una via di mezzo nella dottrina classica delle Relazioni Internazionali, tra realismo classico e liberalismo classico: concependo le relazioni internazionali come una società di stati in cui gli attori protagonisti sono gli uomini specializzati nell’arte di governare, gli studiosi SI considerano quest’arte un’attività umana molto importante, che comprende politica estera, politica militare, politica commerciale, rapporti diplomatici, intelligence, adesione e organizzazioni internazionali e partecipazione alle loro attività.
Una delle questioni da analizzare prioritariamente è rappresentata dalle motivazioni di stati e statisti nel campo della politica estera.
Etica e politica sono sullo stesso piano, infatti l’approccio SI sottolinea l’importanza dei fattori immateriali del potere, tra cui la legittimità = capacità di esercitare il proprio potere senza usare strumenti materiali (Weber).
NB: organizzazioni internazionali, ONG, società multinazionali sono importanti organizzazioni umane coinvolte anch’esse nelle relazioni internazionali, ma sono subordinate agli stati sovrani, nel senso che non possono agire in modo completamente autonomo da essi.
La politica internazionale è concepita come una branca particolare della politica, caratterizzata dall’assenza di un’autorità gerarchica = non esiste un governo mondiale che sovrasti gli stati sovrani (in accordo con i realisti classici). Tuttavia, esistono interessi, regole, istituzioni e organizzazioni comuni, create e condivise dagli stati, che contribuiscono a determinare le relazioni tra di essi → espressione società anarchica coniata da Hedley Bull per indicare un ordine sociale mondiale di stati indipendenti. Secondo l’approccio SI, dunque, esistono diversi tipi di anarchia, distinguibili soprattutto in:
anarchie immature = quelle disordinate dei realisti
anarchie mature = quelle con definite norme sociali
Alle relazioni tra gli stati si può guardare in 3 modi diversi:
1. enti di potere che perseguono i propri interessi le relazioni internazionali si riducono a semplici relazioni strumentali (realismo di Machiavelli)
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Gli studiosi realisti mettono l’accento sull’aspetto dell’anarchia internazionale.
La tradizione realista descrive le relazioni internazionali come uno stato di guerra di tutti contro tutti le relazioni internazionali sono paragonabili ad un gioco a somma zero.
La prescrizione realista per la condotta in ambito internazionale è che lo stato è libero di perseguire i suoi scopi in relazione agli altri stati senza restrizioni morali o legali di sorta.
2. organizzazioni legali che operano rispettando il diritto internazionale e la prassi diplomatica le relazioni internazionali sono attività governate dalle regole e basate sull’autorità reciprocamente riconosciuta degli stati sovrani (razionalismo di Grozio)
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Gli studiosi razionalisti mettono l’accento sull’aspetto del dialogo internazionale.
La politica internazionale è paragonabile a un gioco parzialmente distributivo.
L’attività che meglio esemplifica la politica internazionale sono i rapporti economici e sociali tra un paese e l’altro.
La prescrizione razionalista per la condotta in ambito internazionale è che tutti gli stati, nelle loro relazioni, sono legati dalle regole e dalle istituzioni della società da essi formata.
L’idea groziana di società internazionale è sempre stata presente nelle riflessioni sul sistema degli stati:
società internazionale cristiana: nell’idea di società internazionale prevalente a quell’epoca, nel definire la fonte delle norme da cui i principi e le comunità cristiane erano vincolati, il diritto naturale si vedeva accordato un primato rispetto a quello che oggi sarebbe chiamato diritti internazionale positivo. Questa idea, però, non definiva un insieme di istituzioni derivanti dalla cooperazione degli stati: da una parte, le istituzioni internazionali esistenti erano quelle del Papato e dell’Impero, che non derivavano dalla cooperazione e dal consenso degli stati; dall’altra la tradizione di cooperazione che gli stati stavano sviluppando non era ancora percepita come qualcosa da sostituire a quelle istituzioni.
società internazionale europea: dal XIX secolo la dottrina ortodossa dei teorici del diritto internazionale positivo stabiliva che la società internazionale era un’associazione europea, a cui gli stati non europei potevano essere ammessi solo quando e se avessero raggiunto un livello di civilizzazione fissato dagli europei. Nell’identificare le fonti delle norme da cui gli stati erano vincolati, i teorici della società internazionale presero come principio guida il corpo di leggi consuetudinarie e di trattati relativo a ciò che gli stati effettivamente facevano. Inoltre i teorici di questo periodo riuscirono a riconoscere che i trattati stipulati da un governo erano vincolanti anche per i suoi successori e che essi erano validi anche se conclusi sotto costrizione.
società internazionale mondiale: nel XX secolo la società internazionale cessò di essere considerato come una realtà specificamente europea e cominciò ad essere ritenuta una realtà globale o mondiale. Oggi si ritiene che lo stato, come portatore di diritti e doveri, nella società internazionale è affiancato da organizzazioni internazionali, attori non statali di vario tipo operanti attraverso le frontiere, e anche dagli individui
3. ridimensiona l’importanza degli stati e pone l’accento sugli esseri umani: essi compongono una primordiale “comunità del mondo/del genere umano” la cui importanza travalica quella della società degli stati (rivoluzionismo di Kant).
I rivoluzionisti identificano se stessi con l’umanità, sono cosmopoliti, solidaristi e la loro teoria internazionale ha un carattere progressivo, quasi missionario, dal momento che si propongono di cambiare il mondo in meglio.
La visione rivoluzionista sostiene che anche nelle relazioni internazionali esistono imperativi morali, che impongono il rovesciamento del sistema degli stati e la sua sostituzione con una società cosmopolita.
Per Kant, la rivoluzione doveva consistere nell’istituzione di un sistema di “repubbliche” in grado di costruire insieme una pace perpetua.
Per Marx, rivoluzione significava, invece, abbattimento dello stato capitalista, rovesciamento del sistema classista che ne costituiva l’ossatura e istituzione di una società senza classi.
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Gli studiosi rivoluzionisti mettono l’accento sull’aspetto dell’unità morale.
La tradizione rivoluzionisti stabilisce che la natura essenziale delle politica internazionale risiede nei legami sociali transnazionali che uniscono i singoli esseri umani la politica internazionale è un gioco cooperativo.
L’attività che meglio rappresenta l’essenza della vita politica internazionale è il conflitto orizzontale tra le ideologie, che tagli attraverso i confini degli stati.
Secondo Martin Wight, tuttavia, nessuna delle 3 R consente, da sola, un’adeguata comprensione delle Relazioni Internazionali. In realtà, esse sono complementari: realismo, razionalismo e rivoluzionismo rispecchiano, ciascuno, una distinta posizione normativa e tutte e 3 le voci portano il messaggio che le relazioni internazionali sono un’attività umana che si occupa di valori fondamentali.
ESEMPIO STORelazioni InternazionaliCO: il Trattato di Versailles aveva al suo interno tutte e 3 le visioni, ognuna personificata da un politico rilevante:
il francese Clemanceau aveva una visione realista = dividere o occupare la Germania
l’inglese Lloyd George una razionalista = trovare una soluzione basata sul diritto internazionale
l’americano Wilson una rivoluzionaria = rifare il sistema europeo.
Al di là della loro professata equidistanza, i teorici SI tendono ad ascoltare con più attenzione la voce moderata del razionalismo groziano.
Accanto al realismo vero e proprio, Wight ne individua altre 2 versioni:
1. realismo estremo: nega che esista una società internazionale, una società può esistere solo all’interno degli stati, non tra di essi
2. realismo moderato: è più vicino al razionalismo, in quanto riconosce l’importanza del diritto internazionale; la differenza è che questo si ispira agli interessi e alle responsabilità delle grandi potenze.
Le idee realiste e razionaliste sono incorporate anche in alcune organizzazioni internazionali: Wight considera la Carta dell’ONU un esempio di realismo moderato (uno stato può aderire all’ONU o restarne fuori, ma non ha il diritto di ignorare gli ordini del Consiglio di Sicurezza, controllato da 5 grandi potenze), mentre interpreta come esempio di razionalismo il Patto della Società delle Nazioni (vincola gli organi della Società a rispettare le norme di legge e i trattati esistenti.
Wight distingue anche 2 versioni del rivoluzionismo:
1. rivoluzionismo forte: si batte per la distruzione violenta del sistema degli stati sovrani e per la sua sostituzione con un governo mondiale, ispirato ad un’ideologia esclusiva → Lenin
2. rivoluzionismo debole: auspica una società mondiale di individui che cancella nazioni o stati e afferma che l’unica vera società internazionale è una società di individui (es.: pacifisti cristiani, umanitari laici) → Kant, Wilson, Nehru, Gandhi, Martin Luther King
I rivoluzionisti deboli sono vicini alle posizioni più morbide dei razionalisti.
4 sono gli elementi chiave su cui la teoria SI pone l’accento:
1. idee operative che si ritiene contribuiscano a dare forma ai pensieri, alle scelte politiche e al comportamento degli statisti
2. il dialogo tra le idee, i valori e le credenze più importanti che entrano in gioco nella conduzione della politica estera: un’adeguata comprensione non può essere conseguita adottando un approccio esclusivamente realista, razionalista o rivoluzionisti
3. dimensione storica delle Relazioni Internazionali
4. contenuto normativo delle Relazioni Internazionali analizzato in una prospettica storica.
A 2 dei valori fondamentali, Hedley Bull dedica un’attenzione particolare:
ordine internazionale = una modalità o disposizione dell’attività internazionale che sostiene le finalità ultime della società degli stati.
Affermare che un certo numero di cose prese insieme esprime un ordine vuol dire che sono collegate l’una all’altra secondo qualche modello, che la loro relazione non è semplicemente causale, ma contiene qualche principio riconoscibile. L’ordine che gli uomini cercano nella vita sociale non è una qualsiasi regolarità nelle relazioni umane tra individui o gruppi, ma un modello che conduce ad un particolare risultato, una sistemazione della vita sociale tale da promuovere alcuni scopi o valori → in questo senso finalistico l’ordine è necessariamente un concetto relativo: una sistemazione che è ordinato in relazione ad uno scopo può essere disordinata in relazione ad un altro.
Bull distingue 3 tipi di ordine:
1. ordine nella vita sociale, componente essenziale delle relazioni umane. È definito talvolta in termini di obbedienza a regole di condotta, altre volte come obbedienza alle regole del diritto. Di fatto, l’ordine nella vita sociale è legato molto strettamente alla conformità del comportamento umano alle regole di condotta, se non necessariamente alle norme di legge.
2. ordine internazionale = un modello di organizzazione dell’attività internazionale che sostiene gli scopi elementari, primari o universali della società degli Stati.
Bull individua 4 finalità elementari, primarie e universali:
1. preservazione della società internazionale: la società degli stati ha cercato di assicurare a se stessa la propria permanenza come forma prevalente dell’organizzazione politica universale, di fatto e di diritto
2. difesa dell’indipendenza degli stati membri: dalla prospettiva di ciascuno, ciò che si spera fondamentalmente di guadagnare dalla partecipazione alla società degli Stati è il riconoscimento dell’indipendenza da un’autorità esterna. Il prezzo più grande da pagare per questo è a sua volta il riconoscimento di simili diritti di indipendenza e di sovranità agli altri stati
3. mantenimento della pace: con ciò non si intende una pace universale e permanente, ma piuttosto il mantenimento della pace nel senso dell’assenza di guerra tra gli stati membri della società internazionale come condizione normale delle loro relazioni, da rompersi solo in circostanze particolari e secondo i principi generalmente accettati.
4. rafforzamento delle fondamenta normative dell’intera vita sociale:
limitazione della violenza: gli stati cooperano nella società internazionale al fine di mantenere il monopolio della violenza e di negare ad altri gruppi il diritto di esercitarla. Essi accettano anche alcune limitazioni al proprio diritto di usare la violenza.
mantenimento delle promesse: la cooperazione può avere luogo solo grazie ad accordi, i quali possono compiere la loro funzione nella vita sociale solo sulla base della supposizione che, una volta stipulati, verranno rispettati.
stabilità del possesso: si manifesta nella società internazionale non solo nel riconoscimento reciproco delle rispettive proprietà, ma ancor più profondamente nel patto del mutuo riconoscimento della sovranità, in cui gli stati accettano ciascuno la sfera di giurisdizione dell’altro.
Ciascuno di questi 3 scopi può essere definito elementare (= una costellazione di persone o gruppi nella quale non esistano queste aspettative potrebbe difficilmente essere considerata una società), primario (= qualunque sia il fine generale che una società stabilisce per se stessa, esso presuppone per un certo grado la realizzazione di tali obiettivi fondamentali), universale (= ogni società reale sembra tenerne conto).
NB: ciò non significa, comunque, che quando sorge un conflitto tra questi e altri scopi le società attribuiscano o dovrebbero attribuire priorità a quelli primari.
3. ordine mondiale = ordine relativo al genere umano nella sua totalità
L’ordine mondiale è più esteso, fondamentale e primordiale dell’ordine internazionale, perché le unità ultime della grande società costituita dall’intero genere umano non sono gli stati ma i singoli esseri umani. L’ordine mondiale, infine, possiede una priorità morale sull’ordine internazionale: se l’ordine internazionale possiede un valore, ce l’ha solo in quanto finalizzato allo scopo dell’ordine nell’intera società degli uomini.
Il punto di partenza per le relazioni internazionali è l’esistenza degli Stati = comunità politiche indipendenti ciascuna delle quali possiede un governo e stabilisce la propria sovranità in relazione e una particolare porzione della superficie terrestre, e su un particolare segmento della popolazione umana.
Un sistema di Stati (o sistema internazionale) si forma quando 2 o più di essi stabiliscono un sufficiente contatto e assumono ciascuno sulle decisioni dell’altro un impatto sufficiente a far sì che ognuno si comporti come parte di un tutto. L’interazione tra Stati può essere diretta (sono vicini o competono/collaborano per lo stesso oggetto) oppure indiretta (ciascuno deve trattare con uno stesso stato terzo).
Wight distingue tra:
sistema internazionale di Stati = sistema composto da Stati sovrani
sistema a Stato sovrano = sistema in cui un solo Stato afferma e mantiene la propria prevalenza e supremazia sugli altri.
Una società di Stati (o società internazionale) esiste quando un gruppo di stati, conscio di alcuni valori e interessi in comune, forma una società nel senso che ciascuno si concepisce, nelle proprie relazioni con gli altri, vincolato da un insieme di regole comuni e partecipa al funzionamento di istituzioni condivise → una società internazionale presuppone un sistema internazionale, ma quest’ultimo può esistere anche in assenza di società internazionale.
La responsabilità di preservare l’ordine internazionale spetta alle grandi potenze, che devono perseguire tale obiettivo gestendo opportunamente le loro relazioni reciproche.
ES: la Seconda Guerra Mondiale fu una tragica dimostrazione dell’incapacità delle grandi potenze di far fronte alle proprie responsabilità. – Negli Anni ’60, USA e URSS fecero qualche tentativo di comportarsi come responsabili gestori degli affari della società internazionale nel suo complesso, ma negli anni ’70-’80 le 2 superpotenze si comportarono più da grandi irresponsabili.
È ovvio che gli stati sovrani non sono soggetti ad un governo comune, diversamente dagli individui al loro interno, e che quindi esiste una certa anarchia internazionale. A sostegno di questa dottrina viene usata l’analogia domestica = tesi che muove dall’esperienza degli individui nel contesto domestico per analizzare l’esperienza degli stati nella politica internazionale. Secondo Bull, però, ci sono 3 punti deboli nella tesi che gli stati non formano una società a causa della condizione di anarchia internazionale in cui si trovano collocati:
1. il sistema internazionale moderno non somiglia interamente a uno stato di natura hobbesiano, dal momento che:
l’assenza di un governo mondiale non è necessariamente un impedimento allo sviluppo dell’industria, del commercio e al progresso delle condizioni di vita
la completa mancanza delle idee di torto e di ragione non si applica alle moderne Relazioni Internazionali
solo una caratteristica è presente e riguarda l’esistenza dello stato di guerra
2. la tesi si regge su false premesse riguardo alle condizioni dell’ordine tra individui e gruppi diversi dallo stato → poiché in una tale società ciascun suo membro è giudice della sua stessa causa, la giustizia appare rozza e incerta, ma questo non equivale a dire che non esiste una qualsiasi forma di giustizia
3. la tesi non riconosce i limiti dell’analogia con l’ambiente domestico: gli stati non sono vulnerabili agli attacchi violenti nella stessa misura in cui lo sono gli individui.
Crolla la tesi secondo cui, dal momento che gli uomini non possono formare una società senza governo, anche gli stati sovrani non possono.
È importante, comunque, tenere a mete alcun limiti della società internazionale anarchica:
è erroneo interpretare gli eventi politici internazionali come se quello della società fosse l’elemento unico o predominante al loro interno
l’ordine garantito all’interno della società internazionale moderna è precario e imperfetto.
Bull si avvale di esempi storici e contemporanei anche per suffragare i suoi ragionamenti sulla natura della guerra in una società anarchica. Le sue argomentazioni sono quelle tipiche di un razionalista, dato che definisce la guerra un’istituzione. Egli sottolinea che storicamente, l’alternativa alla guerra tra stati è una violenza diffusa, come quella del Medioevo. Il sistema degli stati ha cercato di eliminare tale violenza riducendo la guerra a scontri armai tra stati. A partire dal 1945, la società internazionale è riuscita a limitare la guerra tra gli stati, ma non quella all’interno di essi.
In tutte le società l’ordine è un modello di comportamento che sostiene gli scopi elementari o primari della vita sociale → l’ordine è mantenuto dalla percezione di un interesse comune in questi scopi elementari o primari, dalle norme che prescrivono il modello di comportamento che li sostiene, e dalle istituzioni che attribuiscono validità a queste norme. Una norma, per essere efficace in una società, deve essere obbedita secondo un certo grado, e considerata come una delle variabili nei calcoli di coloro a cui si applica, anche di quelli che scelgono di violarla. Ciò avviene perché esistono delle istituzioni che svolgono una serie di funzioni:
1. le norme devono essere create = formulate e promulgate
2. le norme devono essere comunicate = proclamate o pubblicizzate
3. le norme devono essere amministrate
4. le norme devono essere interpretate
5. le norme devono essere attuate = c’è bisogno di una qualche pena connessa al mancato rispetto
6. le norme devono essere legittimate agli occhi delle persone a cui si rivolgono
7. le norme devono essere adattate a circostanze e bisogni mutevoli = abolite, modificate, sostituite
8. le norme devono essere protette da sviluppi sociali capaci di minare la loro effettiva operatività.
Per rendere effettive le norme sociali elementari, lo Stato moderno può disporre di una particolare istituzione: il governo. Un governo si distingue dalle altre istituzioni dello stato per il fatto di avere e disposizione la possibilità di fare ricorso all’uso della forza fisica → da una parte, esso dispone di una forza concreta che è sovrastante rispetto a quella posseduta da qualsiasi altro gruppo; dall’altre, possiede un monopolio pressoché completo dell’uso legittimo della forza stessa.
Il governo opera per rendere efficaci le norme sociali elementari nel contesto dello stato moderno, svolgendo tutte le funzioni citate:
1. crea le norme = impone su di esse un’approvazione sociale
2. provvede a comunicare le norme a coloro che da esse sono vincolati
3. amministra o rendere operative le norme = le traduce da principi generali in obblighi
4. è in grado di interpretare le norme
5. è in grado di attuare il diritto, attraverso l’uso della polizia e delle forze armate e attraverso le sanzioni imposte dai tribunali
6. può contribuire alla legittimazione delle norme
7. può adattare le norme a domande e circostanze in continuo cambiamento
8. svolge la funzione di protezione delle norme per mezzo di azioni politiche finalizzate a organizzare la realtà sociale così che le regole continuino ad operare.
L’ordine all’interno dello stato moderno è l’effetto del governo; l’ordine tra gli stati, invece, non può esserlo, dal momento che la società internazionale è una società anarchica, una società senza governo. Tuttavia, anche le società primitive senza stato sono una forma di “anarchia ordinata” = esse esibiscono un ordine, nel senso che al loro interno la condotta si conforma agli scopi elementari della coesistenza sociale.
Il mantenimento dell’ordine nella società internazionale deve avere luogo non solo in assenza di governo, ma anche in mancanza di una solidarietà sociale di questo tipo. All’interno della società internazionale, l’ordine è il frutto di:
un senso di interesse comune per gli scopi elementari della vita sociale: il senso di interesse condiviso può derivare dalla paura di una violenza illimitata, da quella dell’instabilità degli accordi oppure dall’insicurezza relativa alla propria indipendenza e sovranità. Si potrebbero immaginare le sue origini anche in un calcolo razionale secondo cui la volontà degli stati di accettare delle restrizioni alla propria libertà d’azione è reciproca. Infine, un’ultima causa potrebbe trovarsi nel considerare gli scopi primari fini in se stessi, e non semplicemente come mezzi in vista di un fine.
norme che prescrivono il comportamento che sostiene gli scopi elementari: queste norme possono avere uno status di diritto internazionale, di regole morali, di consuetudine o di prassi consolidata, o può trattarsi semplicemente di pratiche operative, o regole del gioco, messe a punto senza accordo formale. 3 sono i principali complessi di norme:
1. norme che stabiliscono l’idea della società degli stati come principio normativo supremo dell’organizzazione politica dell’umanità → gli stati sono i principali titolari di diritti e doveri nel diritto internazionale e solo essi hanno il diritto di usare la forza per confermarne la validità
2. regole della coesistenza: includono le norme che limitano il ruolo della violenza nella politica mondiale, quelle che cercano di restringere il numero delle cause o dei fini per cui uno stato sovrano può legittimamente cominciare una guerra e quelle con le quali si è cercato di contenere l’estensione geografica dei conflitti. Vi è poi compresa la norma “pacta sunt servanda”, che stabilisce l’assunto in base al quale può avere senso il fatto stesso di prendere accordi
3. norme volte a regolare la cooperazione tra gli stati al di là di quella necessaria alla mera coesistenza. Sono comprese qui le norme che facilitano la cooperazione politica, strategica, sociale, economica
istituzioni che aiutano le norme a diventare effettive: nella società internazionale è agli stati stessi che spetta svolgere a funzione di rendere efficaci le norme si può dire che sono gli stessi stati le istituzioni principali della società internazionale.
1. gli stati svolgono la funzione di creazione delle norme
2. poiché la comunicazione delle norme è nelle mani degli stessi stati, la pubblicizzazione delle regole è normalmente distorta a favore degli interessi di alcuni e a danno di altri
3. gli stati amministrano le norme, per il fatto che gli atti esecutivi o sono compiuti da loro stessi o da organizzazioni internazionali che rispondono a essi
4. ciascuno stato fornisce la propria interpretazione delle norme
5. l’attuazione delle regole, in assenza di un’autorità centrale, è compiuta dagli stati, che possono fare ricorso ad atti di autotutela, compresi atti di forza, a difesa dei loro diritti basati su norme operative, morali o giuridiche
6. gli stati esercitano il compito di legittimare le norme, impiegando il proprio potere di persuasione e di propaganda per ottenere il sostegno dell’intero contesto della politica internazionale
7. gli stati svolgono la funzione di adattare le norme alle mutevoli circostanze, con in più l’ostacolo che spesso non vi è consenso riguardo al come o anche al se le regole debbano essere cambiate
8. gli stati svolgono il compito istituzionale di protezione delle norme, che comprende tutti gli atti che uno stato può compiere per creare o mantenere la condizione del sistema in cui il rispetto delle norme può prosperare.
Nello svolgimento di queste funzioni gli stati collaborano tra loro in quelle che possono essere chiamate istituzioni della società internazionale = equilibrio di potenza, diritto internazionale, meccanismi della diplomazia, sistema di direzione delle grandi potenze, guerra.
NB: per istituzione non si intende necessariamente un’organizzazione o un meccanismo amministrativo, ma piuttosto un insieme di pratiche e di costumi costituiti in vista della realizzazione di scopi comuni.
giustizia internazionale = le regole morali che conferiscono diritti e doveri a stati e nazioni, come il diritto all’autodeterminazione, il diritto alla non-ingerenza e il diritto di tutti gli stati sovrani a essere trattati su una base di uguaglianza.
Riflettendo sulla giustizia ci si trova di fronte ad alcune distinzioni:
1. giustizia generale = la condotta onesta o virtuosa
giustizia particolare = quella che si distingue tra le altre
2. giustizia sostanziale = si fonda sul riconoscimento di norme che conferiscono alcuni specifici diritti e doveri politici, sociale, economici
giustizia formale = riguarda una certa applicazione di queste norme a determinate persone, indipendentemente dal contenuto sostanziale delle norme stesse
3. giustizia aritmetica = si attribuiscono uguali diritti e doveri. L’uguaglianza può essere concepita come il possesso di alcuni diritti e doveri da parte di una certa categoria di persone o di gruppi
giustizia proporzionale = diritti e doveri sono distribuiti in vista di un certo fine, e quindi possono non essere uguali
4. giustizia commutativa = si sviluppa su un riconoscimento di diritti e doveri per mezzo di un processo di scambio e contrattazione in cui ciascun individuo o gruppo riconosce i diritti degli altri in cambio del riconoscimento dei propri
giustizia distributiva = si genera da una decisione della società nel suo insieme, alla luce della considerazione del suo bene o interesse comune. È esemplificata dall’idea che la giustizia impone un trasferimento di risorse economiche dai paesi ricchi a quelli poveri
Nell’applicare queste distinzioni è importante valutare quali attori o soggetti della politica mondiale sono considerati titolari di diritti e doveri morali. In tale senso, Bull distingue 3 livelli di giustizia nella politica mondiale:
1. giustizia internazionale o interstatale = ha a che fare con le norme morali che attribuiscono diritti e doveri agli stati e alle nazioni → si tratta dell’idea che tutti gli stati siano ugualmente titolari dei diritti di sovranità o dell’idea che tutte le nazioni siano titolari del diritto all’autodeterminazione. Naturalmente, i diritti degli stati possono essere in conflitto con i diritti delle nazioni la giustizia interstatale può non coincidere con la giustizia internazionale. Ma, dato il fatto che attualmente esiste un largo consenso circa l’idea che gli stati devono essere Stati-nazione, si è raggiunto un certo grado di armonia tra i concetti di giustizia internazionale e di giustizia interstatale
2. giustizia individuale o umana = le norme morali che attribuiscono diritti e doveri ai singoli esseri umani. Nell’attuale sistema in cui i diritti e i doveri si applicano direttamente agli stati e alle nazioni, l’idea dei diritti e dei doveri individuali è sopravvissuta, ma in modo latente: lungi dall’essere la fonte da cui le idee della moralità e della giustizia internazionale scaturivano, essa è divenuta un elemento potenzialmente sovversivo per la stessa società internazionale → l’idea dei doveri del singolo essere umano solleva la questione del conflitto tra i doveri universali dell’uomo e quelli che egli ha nei confronti dello stato, mentre l’idea dei diritti dell’uomo fa sorgere la questione del diritto-dovere di persone e gruppi diversi dallo stato di intervenire a difesa dei diritti di altri a loro legati da un rapporto di lealtà politico-sociale, qualora questi diritti non fossero rispettati
3. giustizia cosmopolita o mondiale = idee che cercano di spiegare ciò che è giusto o buono per il mondo intero, per un’immaginata società cosmopolitica a cui appartengono tutti gli individui e a cui i loro interessi devono essere subordinati → questo comporta un’idea di giustizia che è allo stesso tempo proporzionale, aritmetica, distributiva e commutativa.
Tuttavia, se è attraverso la visione degli stati che siamo obbligati a cercare una definizione del bene comune mondiale, ciò non può che favorire un’ottica distorta: notoriamente, le ideologie universaliste sposate dagli stati finiscono per risultare sottomesse si loro interessi, e allo stesso modo gli accordi raggiunti sono prodotto di contrattazione e compromesso, piuttosto che della considerazione degli interessi dell’umanità.
Storicamente, il livello interstatale ha quasi sempre prevalso nella politica mondiale, anche se nel XX secolo gli altri 2 livelli hanno acquistato maggiore peso.
QUALE TRA QUESTI 2 VALORI DOVREBBE AVERE LA PRIORITA'?
È possibile distinguere 3 dottrine idealtipiche:
1. dottrina conservatrice o ortodossa: riconosce nella politica mondiale un conflitto costitutivo tra i valori dell’ordine e della giustizia, e attribuisce all’ordine una priorità sulla giustizia
2. visione rivoluzionaria: basata sull’idea del conflitto costitutivo tra il contesto attuale dell’ordine internazionale e il raggiungimento della giustizia, ma attribuisce alla giustizia il ruolo di valore principale
3. dottrina liberale o progressista: è riluttante ad accettare la necessità del conflitto tra l’ordine e la giustizia nella politica mondiale ed è costantemente alla ricerca di tentativi di conciliazione dell’uno con l’altra. Il conflitto tra ordine internazionale e domande per il giusto cambiamento sorge nei casi in cui non c’è consenso su ciò che la giustizia debba comportare e quando sostenere pretese di giustizia significa riaprire questioni che il sistema di coesistenza ritiene di dover considerare chiuse.
Dal confronto, comunque, l’ordine sembra emergere come il valore più fondamentale, in quanto precondizione per la realizzazione di altri valori. Tuttavia, Bull ci tiene a precisare che ciò è vero in generale, ma che talvolta può accadere che la priorità venga assegnata alla giustizia la questione ordine vs giustizia sarà sempre considerata dalle parti interessate a seconda delle caratteristiche del caso particolare.
Hedley Bull si è poi chiesto se la classica società di stati basata sulla sovranità statale potrà lasciare il posto ad una reincarnazione secolare del sistema di autorità sovrapposto o segmentato che caratterizzò il mondo cristiano nel Medioevo. Egli scorge indizi preliminari di una tendenza di questo tipo in 5 caratteristiche della politica mondiale contemporanea:
1. l’integrazione regionale i più stati → UE
2. la disintegrazione di stati → URSS, Jugoslavia
3. l’espansione della violenza internazionale di tipo non-statale → terrorismo internazionale
4. la crescita delle organizzazioni internazionali
5. la crescente unificazione del mondo per effetto del progresso tecnologico.
John Vincent dà particolare rilievo a 2 valori correlati con i 2 precedenti:
sovranità statale – non-ingerenza (giustizia comunitaria)= ci si aspetta che ogni stato rispetti l’indipendenza degli altri
diritti umani (giustizia cosmopolitca)= le relazioni internazionali riguardano non solo stati, ma anche esseri umani, i quali sono portatori di diritti umani indipendentemente dallo stato di cui hanno la ventura di essere cittadini.
Può capitare che vi sia conflitto tra il diritto alla non-ingerenza e i diritti umani.
L’approccio SI propone 2 risposte:
1. pluralista (comunitarismo): nella società internazionale diritti e doveri sono conferiti a stati sovrani e gli individui hanno soltanto i diritti loro riconosciuti dai rispettivi stati la priorità va sempre attribuita al principio del rispetto della sovranità e a quello di non-ingerenza = nessuno stato ha il diritto di intervenire in un altro per ragioni umanitarie
2. solidarista (cosmopolitismo): sottolinea l’importanza degli individui in quanto membri fondamentali della società internazionale uno stato ha non solo il diritto, ma addirittura il dovere di intraprendere misure di intervento per alleviare casi estremi di sofferenza umana.
L’approccio SI conduce allo studio delle scelte morali in politica estera che gli statisti responsabili devono fronteggiare. 3 sono i livelli di responsabilità, che corrispondono ai 3 filoni di Wight:
1. responsabilità nazionale: gli statisti sono responsabili del benessere dei loro concittadini la sicurezza nazionale è il valore essenziale che sono tenuti a proteggere. Tali considerazioni normative sono tipiche di un sistema autonomo di stati, cioè del realismo.
BASI NORMATIVE: teoria dell’obbligo politico, che considera lo stato come una comunità politica autosufficiente e moralmente prioritaria rispetto a qualsiasi associazione internazionale cui essa successivamente aderisca. Gli esseri umani sono portatori di diritti solo in quanto cittadini di stati uno statista ha la responsabilità di difendere i suoi concittadini, non i cittadini di altri stati.
2. responsabilità internazionale: uno statista ha degli obblighi che gli derivano dall’appartenenza del suo stato alla società internazionale, perché essa comporta diritti e doveri definiti dal diritto internazionale. Queste considerazioni normative sono tipiche di una società pluralista di stati basate sul diritto internazionale, e cioè del razionalismo.
BASI NORMATIVE: gli stati non sono entità politiche isolate o autonome, responsabili solo nei confronti di se stesse. Al contrario, essi sono correlati tra loro uno stato ha degli obblighi nei confronti degli altri stati e della società internazionale nel suo complesso, dall’appartenenza alla quale discendono importanti diritti e vantaggi.
3. responsabilità umanitaria: gli statisti sono prima di tutto esseri umani, soggetti, in quanto tali, all’obbligo fondamentale di rispettare i diritti umani non solo nel proprio paese, ma in ogni angolo del mondo.
BASI NORMATIVE: teoria degli obblighi umani: prima che cittadino di uno stato e membro del suo governo, un individuo è un essere umano esiste un diritto naturale, una legge universale della ragione e della coscienza, ed esistono dei diritti normativi che uno statista, non meno di ogni altro individuo, è tenuto a rispettare.
Ridurre l’arte di governo responsabile a 1 o 2 soltanto di tali livelli significa fermarsi a un’analisi parziale, rischiando di cadere in una sottovalutazione della complessità normativa delle relazioni internazionali.
ESEMPI STORICI: nella Guerra del Golfo vennero date 2 giustificazioni all’intervento armato:
1. risposta all’invasione del Kuwait → responsabilità internazionale
2. protezione dei giacimenti petroliferi → responsabilità (americana) nazionale.
Anche per quanto riguarda l’intervento in Bosnia vennero date 2 diverse giustificazioni:
1. intervento umanitario → responsabilità umanitaria
2. gestione dei “nuovi” stati in seguito alla dissoluzione della Jugoslavia → responsabilità internazionale
Numerose e rilevanti sono le critiche che da più parti vengono mosse all’approccio SI:
critica dei realisti: poggia sul loro profondo scetticismo in merito all’esistenza di una “società internazionale”. Gli stati si sentono vincolati da determinate regole nelle loro relazioni reciproche solo quando gli conviene quando insorge un conflitto tra obblighi internazionali e interessi nazionali, sono sempre questi ultimi a prevalere, perché la preoccupazione fondamentale degli stati riguarda sempre ciò che va a loro vantaggio, ossia la loro sicurezza e sopravvivenza.
SI: gli stati sono portatori di interessi legittimi che gli altri stati riconoscono e rispettano; essi riconoscono i vantaggi generali derivanti dal rispetto di un principio di reciprocità negli affari internazionali se davvero gli stati agissero come pretendono i realisti, non esisterebbero trattati vincolanti.
critica dei liberali: riguarda il disinteresse degli studiosi SI nei confronti del ruolo della politica interna nelle relazioni internazionali. Una seconda critica scaturisce dall’affermazione che le democrazie liberali sono più amanti della pace dei sistemi politici non democratici, mentre i teorici SI tendono ad ignorare l’argomento. Una terza critica riguarda l’incapacità dell’approccio SI di spiegare l’evoluzione che pure si registra nelle relazioni internazionali.
SI: il razionalismo di Wight e le idee di Bull sono molto vicini alle idee del liberalismo istituzionale, che focalizza l’attenzione sulla costruzione di istituzioni internazionali e respinge la tesi realista secondo cui i documenti prodotti da tali istituzioni non sono altro che “pezzi di carta”.
critica degli studiosi EPI: concerne il disinteresse dell’approccio SI per gli aspetti economici delle relazioni internazionali e per il ruolo che in esse svolge la divisione della società in classi.
SI: in realtà, l’economia non è del tutto ignorata: Wight include nella sua definizione di razionalismo l’idea che il commercio rappresenti una delle principali relazioni tra stai sovrani; Bull esplora il ruolo dei fattori economici nelle relazioni internazionali, in particolare quello delle multinazionali; Robert Jackson indaga il ruolo dell’aiuto internazionale allo sviluppo, il debito del Terzo Mondo e gli ostacoli che l’attuale società internazionale basata sulla sovranità statale frappone allo sviluppo del Terzo Mondo.
critica della corrente solidarista SI: sottolinea che l’approccio SI è carente perché parte d un’impostazione sostanzialmente stato-centrica che considera gli stati come attori simili agli individui e trascura le complesse relazioni internazionali che legano individui e stati. Inoltre, ignora la società mondiale, perché non dispone degli strumenti concettuali di cui avrebbe bisogno per potersene occupare.
SI: richiamano l’attenzione sul modo in cui gli statisti concepiscono ed esercitano la responsabilità nella politica mondiale, assegnando la priorità in primo luogo ai loro concittadini (responsabilità nazionale), in secondo luogo agli altri stati (responsabilità internazionale) e solo in terzo luogo agli esseri umani, indipendentemente dalla loro nazionalità, o al mondo nel suo complesso.
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