Art. 3 c.d.c.: definizioni di consumatore e professionista
L’art. 3 c.d.c. contiene un elenco di definizioni dei concetti cardine del Codice del consumo.
Le prime ad essere definite sono le nozioni di consumatore e professionista, che qualificano l’ambito soggettivo del Codice del consumo.
Il consumatore è inteso come “persona fisica che agisce per scopi estranei rispetto all’attività imprenditoriale commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”.
Il legislatore ha previsto che consumatore possa essere soltanto la persona fisica.
La scelta è stata criticata da parte della dottrina e della giurisprudenza sul presupposto che la contrattazione diseguale possa coinvolgere anche le persone giuridiche, che non svolgano attività professionale e non perseguano scopi di lucro (quali enti no-profit, ONLUS o altre organizzazioni che vengano a contrattare con professionisti).
Con riguardo alla seconda parte della definizione, che richiama “un’attività per scopi estranei all’attività imprenditoriale commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”, è prevalente l’orientamento che fa leva sul carattere oggettivo delle circostanze, della natura e delle finalità dell’atto.
Un diverso criterio interpretativo distingue tra atti della professione e atti relativi alla professione: i primi sono quelli tramite i quali il soggetto esercita la sua professione, e sono esclusi dalla qualifica di atti del consumatore; i secondi sarebbero, invece, quelli che pur essendo realizzati nell’ambito dell’esercizio della professione devono essere trattati come atti del consumatore perché l’oggetto non è “espressione della professione” (si pensi, ad esempio, all’ipotesi del mediatore che acquisti un computer).
I contratti posti in essere dal consumatore “per un uso relativo in parte alla sua attività professionale e in parte estraneo a quest’ultimo” sono chiamati contratti ad uso promiscuo.
La Corte di Giustizia ha escluso che possano essere applicate le norme in materia di contratti conclusi dai consumatori; mentre parte della dottrina suggerisce di valutare in concreto quale sia l’utilizzo prevalente del bene oggetto del contratto ad uso promiscuo.
Il professionista viene definito come “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario”.
La definizione di produttore introduce accanto alle figure già note, il fornitore (nel caso in cui il consumatore sia destinatario non di un bene, ma di un servizio) e l’intermediario.
La nozione di associazioni dei consumatori e degli utenti le definisce “formazioni sociali che abbiano per scopo statutario esclusivo la tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori o degli utenti”.
Le associazioni dei consumatori che possono agire in via inibitoria sono quelle “rappresentativi” che siano in possesso di tutti i requisiti indicati all’art. 137 c.d.c.
La definizione di prodotto si riferisce a tutti i prodotti immessi sul mercato e destinati ai consumatori o che possono essere utilizzati dagli stessi, compresi quelli adoperati dai consumatori nell’ambito di un servizio.
Parallelamente alla definizione di produttore, la nozione generale di prodotto contiene un elemento di novità, ovvero il riferimento ai servizi.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Civile, a.a. 2007/2008
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