Attività politica nell'antichità
Dal 3 sec a.c. declino delle Citta Stato come entità autonome. Decadono le classi dominanti. Ma la monarchia non spegne la vita delle città. Lo spazio si amplia: ora ci sono gli imperi, non più le piccole città. Uno spazio con molti centri di potere e conflitti, nel quale però i poteri locali non si dissolvono del tutto, ma la monarchia vi si appoggia per imposte, tributi ecc. Cambiano i rapporti: le figure, i funzionari, la gente che gravita attorno al principe. Si sviluppa una sorta di aristocrazia manageriale. Al suo interno le nuove regole del gioco politico rendon più difficile definire i rapporti tra ciò che si è, ciò che si può fare e ciò che si è tenuti a compiere. Si manifestano a roma 2 fenomeni opposti: da un lato si cerca, anche con il vestiario, di adeguarsi al proprio status; dall’altro si cerca di riconoscersi come soggetto delle proprie azioni attraverso un rapporto indipendente dallo status.
Ma la cultura di sé non offre le due alternative rigide, allontanarsi dagli affari pubblici o starci. Piuttosto la cultura di sé vuole definire il principio di un rapporto con se stessi che permetterà di fissare le condizioni nelle quali ad es un'azione politica sarà possibile o impossibile, accettabile o inevitabile. L’attività politica, insomma, viene problematizzata. L’esercizio del potere è relativizzato in 2 modi:
non è indispensabile accettare una carica cui si è destinati / vedi il testo di Plutarco: la politica è una scelta di vita;
tranne nel caso del principe, si è sempre governanti e governati. La politca ha molti lati negativi, ci si deve spesso abbassare ed il suo campo di relazioni è complesso.
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Dettagli appunto:
- Autore: Dario Gemini
- Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
- Facoltà: Filosofia
- Esame: Filosofia della medicina
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