La semantica dei toni
Il discorso cinematografico, data la sua testualità sincretica, sembra complessificare l’enucleazione di quei toni che sentiamo costantemente modulare i valori enunciati nelle nostre conversazioni quotidiane.
Alcune notazioni preliminari si rendono, tuttavia, immediatamente necessarie:
I. Per prima cosa, dobbiamo notare come il tono possa coniugare un carattere globale con uno locale: infatti, esso può essere visto sia come una determinazione del globale sul locale (il tono decide delle scelte paradigmatiche e delle connessioni sintagmatiche, per esempio in termini di lessico e prosodia), sia come un’inflessione locale che, in maniera quasi sibillina, si offre come possibilità di reinterpretare il fare enunciazionale (e con ciò la sua competenza modale e i suoi programmi narrativi).
II. Non si può ridurre la semantica dei toni alla pura questione del gradiente di assunzione dei valori enunciati da parte dell’istanza di enunciazione. Una tassonomia dei toni si trova, infatti, di fronte ad una diversità di punti di ancoraggio discorsivo: vi sono toni che afferiscono al modo con cui i discorsi filmici specchiano al proprio interno un certo tenore della conversazione audiovisiva (colloquiale, istituzionale, professionale, ecc.), e in particolare un modo specifico del film di rivolgersi al proprio enunciatario (tono minaccioso, provocatorio, ecc.) e di esprimersi (tono esaltato, ecc.); toni che sono innestati e retti da un certo registro discorsivo e che dipendono da una retorica della misurai dismisura nella restituzione del “normale” ammobiliamento del mondo dell’esperienza (tono ampolloso, magniloquente, asciutto, ecc.); toni che si reggono su un certo sfruttamento del canale per attivare una sollecitazione sensibile (tono roboante, ecc.); toni che si imperniano attorno a un certo arrangiamento del discorso, per esempio, in termini prosodici (tono cantilenante, ecc.).
La semantica dei toni diviene così dissimilabile non solo dal lavorio figurale, che pure può essere ri-assunto da un certo tono, ma anche dallo stile, che è un’altra nozione che attiene alla presenza dell’enunciatore rispetto al discorso che tiene. Se lo stile è una classe di invarianti transtestuali e intrapoetici, i toni ne sono delle variabili, anzi si offrono solitamente come quei luoghi testuali dove lo stile “fa i capricci”; in questo senso, si dovrà notare come non solo uno stile può declinarsi solitamente con una certa gamma di toni, al punto che cercherà di riaccordare alla propria misura (ai propri toni elettivi) ogni situazione comunicativa fittiva entro cui l’enunciazione si trova a passare (“capricci di stile”), ma non tarda mai a rinunciare localmente al proprio dominio sul discorso per abbracciare toni eteronomi.
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