Parallelismi competenziali ed effetti stilistici
La complessa sequenza 26 è notturna e svela definitivamente l’altra faccia del suo soggiorno ospedaliero. La prima sottosequenza ci mostra Merrick che sta lavorando al suo modellino davanti alla finestra; un attimo dopo sopraggiunge all’esterno il guardiano che picchietta il vetro, spaventando quello che per lui rimane l’Uomo Elefante. Nell’additare Merrick, Sunny Jim sta cercando di significare la tacita, comune consapevolezza di cosa accadrà di lì a poco: l’arrivo di un gruppo di spettatori paganti che in fondo lo considerano ancora un fenomeno da baraccone, per di più diventato inopinatamente chic (ne parlano tutti i giornali e si spreca in visite tutta l’alta società 13). Si noti che il vetro della finestra funziona sia come corpo trasparente, sia come corpo riflettente: la m.d.p. insiste sul primo piano di Merrick riflesso. La presenza di tale riflessione sembra implicare che questi ha probabilmente tutte le sere esperienza della sua immagine riflessa, malgrado l’assenza di specchi nel suo mini-appartamento. È proprio guardandosi riflesso che Merrick si dice, trepidante, “La notte ... “.
La m.d.p. entra nell’unico foro del vecchio cappuccio, scrutando quanto prima si era vietata di sondare (vedi seq. 6). Ciò che ritrova (terza sottosequenza) entro quella fessura, persino caratterizzata da una ricucitura-pentimento per stringere il foro, sono pezzi di film già visti: immagini dicondotte di un’industria, barriti di elefanti e urla di donna (la madre sotto la minaccia di finire schiacciata da un elefante). Si aggiungono tuttavia altre immagini: ad esempio, quelle che chiariscono la natura di un suono ritmico che caratterizzava, in sottofondo, gli incontri con il guardiano notturno: il rumore dipende dall’azione di alcuni operai che muovono un dispositivo meccanico che funziona solo per via della loro forza “concertata”. Tra vapori e oscurità di fabbriche “ctonie”, sbuca un drappello di persone; quella in testa al gruppo ha in mano uno specchio e un atteggiamento sardonico leggibile sul viso. Avanzano verso il punto di vista enunciazionale, finché sullo specchio viene ad immagine, in modo non “realistico”, il volto deforme di Merrick da giovane. Dettagli di una gola di un elefante, di un occhio e della probo-scide, sembrano siglare una vicinanza di natura, più che una semplice analogia. In soggettiva si vedono arrivare dei calci e il viso urlante di Merrick è in sincrono con un barrito, quasi a certificarne la natura elefantiaca.
Ora, la scelta di pensare questi quattro segmenti filmici come parte di un’intera sequenza può apparire certo una forzatura. Soprattutto l’ultimo segmento sembra contrarre con gli altri solo una vaga contiguità temporale (accade nottetempo). Certo, è del tutto chiaro che ci troviamo di fronte a una sintassi alquanto libera e complessa; ma sarebbe sbagliato sostenere che la disinvoltura stilistica - autoconcessasi dal regista all’interno di un film piuttosto classico - non abbia alcun “filo” dell’argomentazione discorsiva da tessere e ostenti semplicemente sé stessa. Proprio per evitare questa impressione superficiale rifiutiamo di segmentare più nettamente questa sezione del film e ne proponiamo interpretativamente un’unità discorsiva, per quanto anomala. Vediamo.
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