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Presentare l'intervento educativo ai genitori e al bambino


È necessario che con i genitori vengano realizzati alcuni passaggi:
che siano esplicitate le preoccupazioni da parte del servizio sociale nei confronti del minore facendo riferimento, qualora ci siano, ai segnalanti o alle osservazioni degli operatori del servizio;
che si comunichi ai genitori che la finalità che si sta perseguendo è quella di comprendere;
che si riconosca ai genitori il loro ruolo;
che non si propongano immediatamente connessioni tra il disagio del figlio e le condotte dei genitori;
che non si accettino direttamente le spiegazioni proposte dai genitori per motivare il disagio del bambino, ma si faccia prevalere un atteggiamento che esprima che “dobbiamo prenderci il tempo per capire”.
I genitori potranno rispondere alla proposta in molti modi, ad esempio riconoscendo le preoccupazioni esposte dai servizi e rendendosi disponibili ad accettare aiuto.
La famiglia potrà, diversamente, reagire accettando passivamente e in modo acritico l’intervento, riconoscendo in parte i problemi, ma manifestando riserve sull’intervento dei servizi, oppure potrà negare ogni tipo di difficoltà e chiudersi a ogni possibilità di dialogo. È inevitabile che la maggior parte dei genitori non sia favorevole al fatto che un educatore entri in famiglia. Tale sfiducia non va considerata un elemento di pregiudizio, ma uno dei nodi critici da superare.

Sarà importante riuscire a esplicitare anche al figlio le motivazioni che hanno portato i servizi a proporre l’intervento ai genitori e gli accordi presi con gli stessi.

Tratto da L'EDUCAZIONE DIFFICILE di Anna Bosetti
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