Diabete Mellito tipo 2
Il Diabete Mellito è una sindrome metabolica caratterizzata da iperglicemia cronica secondaria a: “difetto assoluto o relativo della secrezione insulinica, ridotta sensibilità dei tessuti periferici all’insulina, o entrambe”.
Nel DM tipo 2 la predisposizione genetica costituisce il presupposto fondamentale su cui agiscono fattori ambientali come disordini alimentari, attività fisica ridotta, sovrappeso/obesità che sono determinanti per la comparsa e la progressione della malattia. E’ possibile osservare forme caratterizzate da prevalente insulino-resistenza (l’insulina è alta) o da prevalente deficit della secrezione insulinica. Il rischio di sviluppare diabete è direttamente proporzionale ai livelli di glicemia.
I geni candidati al DM tipo 2 sono: glucochinasi e Kir 6.2 (diminuiscono la secrezione di insulina), P-PAR e resistina (diminuiscono la sensibilità insulinica), adiponectina (aumenta la sensibilità insulinica), recettori dell’insulina, ecc.
I criteri diagnostici definiti dall’ADA (American Diabetes Association) sono glicemia a digiuno > 126 mg/dl in due occasioni diverse; oppure mediante un Test di Tolleranza al Glucosio che valuta la glicemia due ore dopo un carico orale di glucosio di 75 g: se il valore è > 200 mg/dl si diagnostica il Diabete, se il valore è invece compreso tra 140 e 200 si parla di ridotta tolleranza al glucosio (IGT, stato pre-diabetico). Con il carico orale si valuta la risposta dell’insulina e l’utilizzazione del glucosio da parte delle cellule.
L’insulina prodotta dall’organismo si libera dalle β-cellule pancreatiche insieme al C-peptide (questo permette la distinzione, nel pz che fa uso di insulina sottocute, tra insulina fisiologica e insulina sintetica); la funzione β-cellulare residua si può valutare mediante il test al glucagone che prevede la determinazione del C-peptide al tempo 0 e a 6 minuti dopo la somministrazione di glucagone per via endovenosa: la secrezione insulinica è conservata se si verifica un innalzamento dei valori di C-peptide 2-3 volte il basale a 6 minuti dallo stimolo con glucagone.
Il tessuto adiposo è un organo endocrino che produce diversi elementi: angiotensina, NEFA (acidi grassi non esterificati), leptina, adiponectina, resistina, prostaglandine, ecc. Questi ormoni sono tutti pro-infiammatori tranne l’adiponectina; inoltre il grasso viscerale produce più citochine pro-infiammatorie di quello sottocutaneo. L’obesità aumenta i mediatori che vanno a spegnere il segnale dell’insulina; essa è presente nel 60-80% dei pazienti affetti da DM tipo 2. Inoltre i pazienti obesi presentano alti livelli di insulino-resistenza e hanno livelli elevati di acidi grassi liberi.
Nel diabete c’è una condizione di infiammazione cronica infatti il fibrinogeno, marcatore di infiammazione, è alto. L’acido palmitico, ma soprattutto l’acido oleico si legano ai recettori dell’infiammazione.
Lipodistrofia: il grasso si trova in posti dove in condizioni normali è presente solo in piccole quantità (es. statosi epatica). Il 5% delle cellule del fegato sono del sistema immune (macrofagi). Il DM tipo 2 è presente nel 20-75% dei pazienti affetti da NASH.
La storia della comparsa delle complicanze del diabete (es. retinopatia diabetica, il rischio cardiovascolare) non inizia all’esordio della malattia (diagnosi) ma da tempo prima poiché le glicemia post-prandiali risultano alterate prima.
Nei soggetti affetti da diabete mellito egli eventi aterotrombotici rappresentano la principale causa di mortalità; infatti il diabetico corre un rischio 3 volte maggiore di essere colpito da eventi coronarici rispetto al paziente non diabetico. Tra i diabetici è aumentata anche la prevalenza di aterosclerosi a livello carotideo e conseguentemente il rischio di ictus è maggiore.
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Autore:
Lucrezia Modesto
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- Università: Università degli studi di Genova
- Facoltà: Medicina e Chirurgia
- Esame: Endocrinologia
- Docente: Maggi
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