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La tipologia delle sentenze del giudice ordinario nei confronti dell’Amministrazione


La questione dei limiti interni della giurisdizione civile è stata affrontata, però, soprattutto con riferimento alle tipologie di sentenze che il giudice ordinario può emettere nei confronti dell’Amministrazione.
Anche in questo caso, il dibattito trae origine da un’interpretazione estensiva dei limiti posti dall’art. 4 della legge di abolizione del contenzioso amministrativo.
Si sostiene che, anche nelle vertenze su rapporti di diritto privato, l’art. 4 vieterebbe al giudice ordinario non solo di incidere direttamente su atti amministrativi, ma anche di emettere sentenze per la cui esecuzione l’Amministrazione fosse tenuta a svolgere un’attività amministrativa.
In questa logica, le uniche sentenze compatibili con l’art. 4 sembravano essere le sentenze di mero accertamento e le sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro.
Le prime erano ammesse proprio perché il loro carattere dichiarativo escludeva che potessero avere un’efficacia esecutiva.
Per le seconde, la relazione fra l’adempimento e lo svolgimento di un’attività amministrativa sembrava meno pregnante e altrimenti sarebbe stata esclusa qualsiasi garanzia per il cittadino nei confronti dell’Amministrazione.
Le altre sentenze di condanna comporterebbero gradi più limitati di fungibilità fra funzione amministrativa e attività del giudice.
Si escludevano, inoltre, le sentenze di tipo costitutivo, in quanto sembrava che implicassero sostanzialmente una revoca dell’atto amministrativo, o la sostituzione del giudice all’Amministrazione nel compimento di una sua attività propria.
Il confronto di questa interpretazione con i principi costituzionali ha imposto di ricercare ben altri limiti per i poteri del giudice ordinario nei confronti dell’Amministrazione.
La tutela del diritto soggettivo nei confronti dell’Amministrazione deve essere piena e completa e si deve anche permettere al giudice di emettere quel tipo di sentenza che sia più idonea e adeguata per la garanzia del diritto fatto valere in giudizio.
Non si può quindi ammettere più una preclusione generale, per il giudice ordinario, a pronunciare sentenze costitutive o di condanna nei confronti dell’Amministrazione.
Residua solo la possibilità di una garanzia dell’atto amministrativo, intesa come garanzia non rispetto a un potere di cognizione giurisdizionale circa la legittimità dell’atto, ma rispetto a un potere di annullamento o a una sovrapposizione della sentenza al potere esercitato dall’Amministrazione col provvedimento.
Il giudice quindi non potrebbe condannare l’Amministrazione ad emettere il provvedimento richiesto e potrebbe solo emettere sentenza di condanna al risarcimento dei danni.
Ma, esclusa la possibilità che la sentenza possa avere come contenuto l’intervento su un provvedimento amministrativo, per il resto il giudice può pronunciare qualsiasi tipo di sentenza nei confronti dell’Amministrazione e può assumere ogni altra decisione prevista dalla legge, purché coerenti con il diritto fatto valere in giudizio.
Non importa se l’esecuzione della sentenza possa comportare, per l’Amministrazione, l’esercizio di un’attività amministrativa.
L’affermazione di questa logica più adeguata ai principi costituzionali è avvenuta, talvolta, con difficoltà e riserve ad opera della giurisprudenza.
In particolare fino a tempi recenti è stato escluso che il giudice ordinario potesse emettere sentenza costitutive ai sensi dell’art. 2932 c.c., nei confronti dell’Amministrazione che non desse esecuzione a un contratto preliminare.
Si rilevava che la stipulazione di un contratto definitivo comporterebbe sempre, per l’Amministrazione, la necessità di svolgere un procedimento amministrativo, e che il giudice non poteva certo sostituirsi all’Amministrazione rispetto ad esso.
Solo più di recente la Cassazione (sent. 5838/1983) ha mutato indirizzo sulla base della considerazione che ogni profilo di discrezionalità amministrativa dovrebbe ritenersi esaudito con il contratto preliminare e che concludendo quest’ultimo l’Amministrazione avrebbe sancito il proprio pieno assoggettamento al diritto comune.
Ugualmente emblematica è l’evoluzione della giurisprudenza civile in tema di azioni cautelari o possessorie nei confronti dell’Amministrazione.
Originariamente si tendeva ad escludere qualsiasi possibilità di esperire tali azioni nei confronti dell’Amministrazione.
Oggi, invece, si sottolinea come l’intervento del giudice sia precluso solo quando si richieda un provvedimento di urgenza che incida direttamente su un provvedimento amministrativo o sulla sua esecuzione.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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