L’archiviazione del procedimento penale
Quando il Pubblico Ministero ritiene che non vi siano elementi per esercitare l’azione penale, formula una richiesta di archiviazione che è sottoposta al controllo del gip.
Di regola, il controllo è effettuato senza udienza, ma può divenire complesso o penetrante in due casi: quando il giudice non accoglie la richiesta di archiviazione o quando la persona offesa vi si oppone.
L’istituto dell’archiviazione adempie a tre funzioni:
- permette al Pubblico Ministero di operare una prima importantissima selezione dei procedimenti al fine di non appesantire il successivo filtro, rappresentato dall’udienza preliminare;
- attua il controllo del giudice sul corretto adempimento dell’obbligo di esercitare l’azione penale da parte del pm;
- riconosce alla persona offesa dal reato il diritto di far controllare al giudice in un’udienza in camera di consiglio, le ragioni di un’eventuale inerzia del pm.
L’archiviazione è pronunciata dal gip in presenza di presupposti di fatto o di diritto:
1. Presupposti di fatto, quando la notizia di reato è “infondata”.
Il giudice effettua una prognosi sull’esito di un eventuale dibattimento, in quanto ritiene probabile la pronuncia di una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, o l’imputato non lo ha commesso, o il fatto non costituisce reato, o il fatto non è punibile.
Ai sensi della legge il Pubblico Ministero presenta al giudice la richiesta di archiviazione quando ritiene l’infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa i giudizio.
Gli elementi sono idonei soltanto quando si prevede che, se essi saranno confermati nel vaglio del dibattimento, si potrà ottenere una condanna; non sono idonei in caso contrario, ad esempio se l’unica prova di accusa è non attendibile.
2. Presupposti di diritto, vi può essere archiviazione quando:
- manca una condizione di procedibilità (ad esempio, la querela);
- il reato è estinto (ad esempio, per prescrizione);
- il fatto non è previsto dalla legge come reato (ad esempio, si tratta di un illecito amministrativo depenalizzato).
L’art. 405 bis1 c.p.p. ha introdotto un inedito vincolo legale che impone al Pubblico Ministero di formulare richiesta di archiviazione quando la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, in sede di ricorso contro una misura cautelare, e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico dell’indagato.
Il pm, in questo caso, deve chiedere l’archiviazione; ma ove non lo faccia, il sistema sembra non fornire rimedi dal punto di vista processuale: si tratta di una semplice irregolarità che potrà, al massimo, portare conseguenze dal punto di vista disciplinare.
Anche il profilo sistematico del nuovo istituto non appare coerente: la mancanza di gravi indizi ai fini di una misura cautelare non necessariamente comporta l’inutilità del dibattimento.
In ogni caso il giudice conserva il potere di valutare la richiesta di archiviazione in base agli ordinari criteri contenuti dal codice, in quanto tale vincolo è posto solo sul Pubblico Ministero e non vincola anche la decisione del gip.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Penale II, a.a. 2007/2008
- Titolo del libro: "Delitti contro il patrimonio", "Delitti contro la persona", "Manuale per lo studio della parte speciale del diritto penale"
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