Retribuzione a cottimo
Secondo sistema fondamentale di retribuzione previsto dall'art.2099 c.c. è quello a cottimo. In questo caso non si tiene conto solo del periodo di tempo lavorativo del prestatore, ma anche del risultato ottenuto in tale periodo di tempo. Come possiamo notare, quindi, la retribuzione a cottimo non esula dall'orario lavorativo (come magari avviene per quella a provvigione), bensì tiene conto di un secondo fattore, il risultato produttivo. Inizialmente questo tipo di retribuzione era prevista per i lavoratori autonomi come corrispettivo della locazione d'opera. In seguito venne estesa anche al lavoro subordinato, ovviamente con qualche modificazione: il cottimo a pezzo o a misura venne sostituito dal cottimo a tempo (quanto riesci a produrre e quanto lavori nell'arco di tot ore? Tanto verrai retribuito). La retribuzione a cottimo puro o integrale è in realtà limitata al lavoro a domicilio, mentre nei contratti collettivi viene sempre utilizzato il cottimo misto, il quale prevede un minimo di paga base determinato a tempo ed un “utile di cottimo”, calcolato sul lavoro eseguito (si configura quindi come una maggiorazione). Nella retribuzione a cottimo, comunque, il rischio di mancato o insufficiente lavoro grava pur sempre sul datore, e si trasferisce a carico del prestatore solo per ciò che concerne la quantità di retribuzione in base alle singole frazioni di risultato (non può essere imputabile al lavoratore il difetto o scarto della produzione). I contratti collettivi non fanno altro che stabilire le tariffe di cottimo. Il lavoro a cottimo è previsto in tutti quei casi in cui l'imprenditore possa aumentare il ritmo di lavoro (es. catene di montaggio) ed il legislatore impone a quest'ultimo di aumentare anche la retribuzione.
L'art.2101 c.c. stabilisce che i sindacati possano decidere che le tariffe di cottimo non divengano da subito effettive, ma ci sia un periodo di prova, la cosiddetta “fase sindacale”, cui segue un periodo definito come “fase aziendale”, in cui le tariffe iniziano ad operare regolarmente, demandata all'imprenditore, che deve rendere note le tariffe (ossia lavorazioni da eseguire e relativo compenso unitario) tramite la “bolla di cottimo”.
La retribuzione a cottimo funge, quindi, da incentivo del rendimento, ma nei casi in cui il rendimento per unità di tempo dipenda da macchinari con tempi prefissati, serve solo a controllare che il lavoratore mantenga sempre uno stesso standard lavorativo.
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Dettagli appunto:
- Autore: Alessandra Infante
- Università: Università degli Studi di Bari
- Facoltà: Giurisprudenza
- Corso: Giurisprudenza
- Esame: Diritto del lavoro
- Titolo del libro: Diritto del lavoro
- Autore del libro: Edoardo Ghera
- Editore: Cacucci
- Anno pubblicazione: 2002
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