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Lesioni da arma da fuoco: caratteristiche dei colpi a bruciapelo


Sono così chiamati in quanto la distanza di sparo è tale da consentire il manifestarsi di effetti di ustione.
In genere la ferita è perlopiù rappresentata da un foro netto non dissimile da quello che si  osserva nei colpi esplosi da lontano ed è circondata da orletto di  escoriazione, eventualmente da orletto di detersione.
Si osserva quindi un alone denso, irregolare, che può raggiungere anche dimensioni di un paio di centimetri, all’interno del quale si rilevano:
a. fenomeni di affumicatura, una volta intensi con l’uso di polvere pirica, attualmente visibili sotto forma di un tenue alone grigio; sono dovuti al deposito di minuti residui solidi combusti della carica di lancio e sono asportabili mediante lavaggio;
b. tatuaggio, di colore nero-bluastro con le vecchie polveri nere, grigio-verdastro o giallo-verdastro con l’uso di polveri infumi; è dovuto ai granuli incombusti della carica di lancio che si infiggono nella cute intorno alla ferita e la colorazione non scompare con il lavaggio;
c. ustione, anche essa meno intensa con le moderne armi che impiegano polveri infumi, le quale determinano una modesta fiammata esterna;
d. fenomeni di contusione del gas, caratterizzati dalla presenza di un’area contusa giallo-bruna intorno al foro d’entrata causata dalla colonna dei gas che escono a forte pressione dalla canna.
I suddetti effetti secondari dello sparo possono osservarsi tutti insieme fino a distanze di 5-10 centimetri per armi caricate con polveri nere, fino a distanze di 5-6 centimetri per armi caricate con polveri infumi.
Naturalmente se la cute è rivestita di indumenti l’affumicatura, il tatuaggio e l’azione di fiamma vanno ricercati su questi ultimi;

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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