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Il modernismo islamico – A. Hourani


La spaccatura tra le generazioni andava comunque più a fondo; man mano le nuove scuole cominciarono a produrre una generazione non radicata nella cultura islamica tradizionale, ed esposta alle dottrine che provenivano dall’Occidente. Il problema non si poneva per i Cittadini di lingua araba del Libano e della Siria, per i quali la civiltà occidentale non si presentava come estranea. Per i Musulmani, però, il problema non poteva essere eluso in quanto l’Islam era quanto di più profondo avessero in sé. Se vivere nel mondo moderno richiedeva dei mutamenti nel loro modo di organizzare la società, essi dovevano cercare di adottarli rimanendo fedeli a sé stessi.

Fu questo il punto di partenza di coloro che si possono chiamare “modernisti islamici”. Secondo il loro modo di vivere la ragione, il progresso e la solidarietà sociale, basi della moderna civiltà, erano addirittura ciò che l’Islam stesso prescriveva. Tali idee, avanzate da al-Afghani, furono poi sviluppate da Abduh. Nella sua opera si fa strada una distinzione fra le dottrine fondamentali dell’Islam e i suoi insegnamenti sociali e le sue leggi dall’altra. Le dottrine sono semplici: fede in Dio, nella rivelazione attuata attraverso una serie di profeti conclusa con Maometto, nella responsabilità morale e nel giudizio finale. La legge e l’etica sociale, rappresentano l’applicazione di determinati principi generali contenuti nel Corano. Col mutare delle situazioni dovrebbero anch’esse cambiare, nel mondo moderno, compito dei pensatori musulmani è quello di adeguare leggi e consuetudini mutevoli a principi immutabili. Una simile concezione, che poi trovò sviluppo nel suo successore Rida, era destinata a diventare parte del bagaglio culturale di molti Musulmani istruiti. Tale concezione dell’islam autorizzava ad accettare le idee dell’occidente moderno senza alcuna sensazione di tradire il passato.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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