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Hume - Sul suicidio: la filosofia del platonico


Per alcuni filosofi è motivo di stupore che tutti gli uomini, sebbene posseggano la stessa natura e siano dotati delle stesse facoltà, possano essere così diversi nelle loro aspirazioni e nelle loro inclinazioni; o che un uomo possa essere così profondamente diverso in momenti differenti.

Secondo Hume, questa esitazione e incertezza febbrili sono inevitabili; un’anima razionale, fatta per la contemplazione dell’essere supremo, non potrà mai godere di tranquillità o soddisfazione mentre indugia nella ricerca ignobile del piacere dei sensi o del consenso popolare.

La divinità è un oceano sconfinato di beatitudine e gloria; le menti umane sono fiumi più piccoli che, pur nascendo in principio da questo oceano, cercano in mezzo a tutti i loro giri tortuosi, di ritornarvi e di perdersi in quell’infinità di perfezioni. Quando il loro corso naturale è fermato dal vizio o dalla follia, diventano furiosi e, gonfiandosi come torrenti, spargono orrore e distruzione.

Per Hume la saggezza dei filosofi è vana; essi ricercano gli applausi vuoti degli uomini, non le solide riflessioni della loro coscienza. Il filosofo è l’idolo di se stesso. Venera le sue perfezioni immaginarie; o, piuttosto, cosciente delle sue reali imperfezioni, cerca di ingannare il mondo.

Le opere dell’arte sono imitazioni delle opere della natura. Quanto più l’arte si avvicina alla natu-ra, tanto più è considerata perfetta. L’arte riproduce però solo l’aspetto esteriore della natura, trala-sciando quello interiore, oltre la sua comprensione. L’arte imita solo alcuni particolari della natura, e non è in grado di raggiungere la grandiosità delle opere originali. Non possiamo dunque essere così ciechi da non accorgerci di un’intelligenza e di un disegno nell’invenzione dell’universo.

La felicità più perfetta deve nascere dalla contemplazione dell’oggetto più perfetto. Ma nulla è più perfetto della bellezza e della virtù: nessuna bellezza può uguagliare quella dell’universo, e nessuna virtù può essere paragonata alla carità e alla giustizia della Divinità.

La nostra consolazione sta nel fatto che, se adoperiamo bene le facoltà, esse saranno accresciute in un’altra condizione della nostra esistenza, così da renderci più degni del creatore; e così il compito, che non è stato possibile portare a termine in vita, sarà il nostro scopo per l’eternità.

Tratto da RIFLESSIONI SUL SUICIDIO DI DAVID HUME di Domenico Valenza
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