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La mora credendi del datore di lavoro


L’attività del datore di lavoro viene in rilievo sotto il profilo della cooperazione creditoria, potendo dar luogo alla figura della mora del creditore di lavoro.
In seguito alla sent. 29/60 della Corte costituzionale, che ha riconosciuto l’irrilevanza penale ma al contempo l’illiceità civile della serrata, in dottrina ed in giurisprudenza si è affermata la sua qualificazione giuridica in termini di mora del creditore.
L’art. 1217 c.c., disciplinando la mora credendi nelle obbligazioni di fare, dispone che il creditore è costituito in mora mediante l’intimazione di ricevere la prestazione o di compiere gli atti che sono necessari, da parte sua, per renderla possibile.
Nelle obbligazioni di fare la mora credendi, più che dall’esplicito rifiuto dell’intimazione a ricevere la prestazione offerta dal debitore nelle forme d’uso, può dipendere da una mancata cooperazione del creditore all’adempimento e concretizzarsi nella mancata effettuazione degli atti necessari affinché il debitore possa realizzare la prestazione dovuta.
Nel rapporto di lavoro, tale attività di cooperazione consiste soprattutto nella predisposizione del c.d. substrato reale della prestazione lavorativa e più precisamente dei mezzi necessari alla sua esecuzione (locali, macchinari e strumenti di lavoro, energia e materie prime, ecc…).
È da avvertire a questo proposito che per aversi costituzione in mora, la mancata cooperazione deve essere ingiustificata e cioè priva di motivo legittimo.
L’art. 1207 c.c. precisa gli effetti della mora ponendo a carico del creditore:
- l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per cause di forza maggiore;
- il risarcimento dei danni derivanti dal ritardo nell’adempimento, nonché le spese che ne conseguono;
- l’obbligo della retribuzione, cui il datore di lavoro in mora è tenuto in virtù della permanenza del rapporto.
Va precisato, infine, che dalla mora credendi si distingue l’ipotesi in cui il datore di lavoro tenga il prestatore a disposizione senza utilizzarne l’attività, ma corrispondendo regolarmente la retribuzione.
In tal caso, infatti, il datore di lavoro, nell’esercizio del potere direttivo, si avvale della facoltà di disporre del proprio credito alla prestazione lavorativa.
Ed invero, poiché il prestatore ha l’obbligo e non il diritto di eseguire la prestazione, la sua inattività retribuita deve essere considerata una forma di adempimento.

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