La tutela del lavoratore nelle altre ipotesi di invalidità del licenziamento
La Corte costituzionale ha ripetutamente affermato che l’art. 18 St. lav., avendo carattere di norma generale, è dotato di una forza espansiva che lo rende applicabile anche ad ipotesi di invalidità ed inefficacia del licenziamento derivanti da fonti legislative diverse dalla l. 604/66.
È importante, tuttavia, sottolineare ancora una volta che l’art. 18 St. lav. è applicabile solo entro precisi limiti dimensionali; e che al di sotto di tali limiti l’ordinamento appresta un meccanismo sanzionatorio unitario.
Si pone peraltro il problema di definire quali siano, nell’ambito di applicazione della tutela obbligatoria, i rimedi e le sanzioni applicabili ai licenziamenti invalidi per ragioni diverse dal difetto di giustificazione.
Ed analogo problema si pone anche per quei rapporti che ancor oggi sono sottoposti al regime di libera recedibilità.
Al riguardo la l. 108/90 dispone che qualsiasi licenziamento discriminatorio è sempre ed in ogni caso sanzionato con la reintegrazione nel posto di lavoro.
Pertanto il problema resta aperto solo con riferimento alle ipotesi di:
nullità del licenziamento della lavoratrice madre (e del lavoratore padre), del licenziamento motivato dalla domanda o dalla fruizione di congedi per motivi di cura familiare o di formazione, nonché del licenziamento per causa di matrimonio.
Ad esse conseguono, tanto nell’area della tutela obbligatoria che in quella della libera recedibilità, i comuni effetti civilistici.
In altre parole, dalla sentenza che, accertata l’illegittimità del licenziamento, ne dichiara la nullità deriverà la continuità giuridica del rapporto in maniera retroattiva e si potrà configurare una situazione di mora credendi del datore di lavoro;
inefficacia del licenziamento per mancanza di forma.
La giurisprudenza ha esplicato con chiarezza che non è suscettibile di produrre effetto alcuno, pur se è rinnovabile non retroattivamente secondo i principi generali.
Queste conclusioni valgono, come si è detto, per l’area della c.d. tutela obbligatoria.
Si ricorda, peraltro, che la l. 108/90 ha introdotto un obbligo di comunicazione in forma scritta del licenziamento anche del dirigente; esse pertanto sembrerebbero dover valere anche per l’area della libera recedibilità, naturalmente esclusivamente in questo caso e soltanto per quanto attiene al requisito della forma scritta;
illegittimità del licenziamento in quanto intimato in violazione dell’art. 7 St. lav.
L’equiparazione delle garanzie procedurali, da parte della giurisprudenza, al licenziamento ingiustificato rende direttamente applicabile, nell’area della tutela obbligatoria, l’art. 8 l. 604/66, mentre nell’area della libera recedibilità sarà dovuta esclusivamente l’indennità di mancato preavviso.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto del lavoro, a.a. 2007/2008
- Titolo del libro: "Diritto del Lavoro" di E. Ghera, "Solidarietà, mercato e concorrenza nel welfare italiano" di S. Sciarra
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