Limiti alla circolazione di azioni di una società
Per ragioni storiche e funzionali le azioni sono destinate alla circolazione, sono nate per raccogliere capitale dai risparmiatori per finanziari le compagnie coloniali e per consentire ai piccoli investitori di poter uscire dal loro investimento facilmente. Sono nate con una tendenza alla trasferibilità. Quando la società per azioni è divenuta uno strumento utilizzabile a tutti come contratto, la logica del contratto prevede che i propri contraenti non cambiano, e solo con il consenso dei soci ci può essere un cambio di soci. Quindi nella storia delle società per azioni ci sono state delle limitazioni per la trasferibilità delle azioni.
Le limitazioni che la legge impone alla circolazione, indipendentemente dallo statuto, sono due:
- la prima in realtà è la conseguenza di un divieto di emissione delle azioni: prima dell’iscrizione al registro delle imprese l’emissione delle azioni è vietata. Quindi con riferimento al trasferimento di queste azioni, vi è nullità di trasferimento perché il negozio è impossibile. c’è un divieto di trasferire come conseguenza di divieto di emissioni.
- Le azioni sono emesse ma è vietata la circolazione; prima che gli amministratori hanno proceduto alla stima fatta dall’esperto previsto dal tribunale, le azioni possono essere emesse ma non è possibile la loro circolazione. In questo caso il trasferimento è nullo.
Limitazioni statutarie alla circolazione di azioni: clausola di relazione e di gradimento
Nella società per azioni è impossibile imporre nello statuto una non trasferibilità assoluta nel tempo. Questa regola non vale per le srl, dove è possibile prevedere che non saranno mai ammessi trasferimenti di quote. Questa soluzione è inimmaginabile nella società per azioni, dove il divieto di trasferibilità può essere solo limitato nel tempo. Le limitazioni più frequenti sono quelle che rendono meno fluido, agevole, il trasferimento, senza vietarlo completamento. Prendono qui rilievo le clausole di prelazione e di gradimento.
Le CLAUSOLE DI PRELAZIONE impongono al socio che intende uscire dal suo investimento di preferire gli altri soci ai terzi, e quindi non vi è libertà per questo socio di trasferire ad un terzo se prima non ha adempiuto all’obbligo che ha assunto nell’atto costitutivo sottoscrivendolo di rivolgersi prima agli altri soci. Questa clausola non impedisce la circolazione, perché in ogni caso le azioni sono trasferite. Da un punto di visto economico, l’esistenza di questa clausola deprezza il valore delle azioni. Le clausole di prelazione semplici sono facilmente aggirabili (ad esempio attraverso la donazione). Per non renderle aggirabili bisogna rivolgersi ad un buon notaio, per ottenere clausole di prelazione blindate. Questa clausola pone moltissimi problemi: se la clausola viene violata, quindi il trasferimento al terzo avviene, l’opinione prevalente prevede che gli amministratori diventano responsabili nei confronti degli interessati di effettuare l’iscrizione. La violazione della clausola prevede che gli amministratori possono rifiutare l’iscrizione, ma non la nullità di questa, se questa avviene.
Se invece la clausola viene rispettata ma il socio non può vendere al terzo che aveva scelto, se la clausola è scritta in modo di mantenere in capo all’offerente il diritto di pentirsi, il socio che vuole vendere l’azione può rifiutare la vendita agli altri soci se questi impediscono la vendita al terzo esercitando il loro diritto.
L’art. 732 del codice civile prevede che il diritto di sequela del prelazionario nei confronti del terzo c’è nel caso di coerede e deve essere indicato nella clausola di prelazione.
Ingenerale la clausola statutaria di prelazione consente di far valere la prelazione nei confronti di qualunque terzo, gli altri soci e gli amministratori possono opporsi al terzo che vuole divenire socio, perché la clausola di prelazione ha effetto reale e quindi vale per tutti. In questo caso il terzo acquista male. Se però questa clausola non è inserita nello Statuto ma in un patto parasociale, pur avendo la stessa formazione e lo stesso scopo, produce effetti giuridicamente diversi. questo perché il patto parasociale vale solo per le persone che lo stipulano, ma non è opponibile al terzo, anche se questo è a conoscenza del patto. In questo caso il terzo acquista bene.
Le CLAUSOLE DI GRADIMENTO sono delle disposizioni statutarie che riservano ad alcuni organi sociali, CdA o assemblea, il potere di approvare o di vietare il trasferimento delle azioni al soggetto con cui un già socio intenderebbe concludere un accordo di trasferimento. Lo scopo è quello di rendere arbitri della trasferibilità i soci in assemblea o gli amministratori senza che in questo modo si debba esercitare il diritto di comprare allo stesso prezzo. E’ un limite al trasferimento giustificato dal fatto che in anticipo ciascuno è assoggettato al potere di trasferimento da aperte degli altri. Nel diritto italiano queste clausole erano previste anche in società quotate come strumento di poco costo per impedire scalate. Nel caso di piccole società c’era la possibilità di ricatto del socio che volevo uscire. Il risultato è stato una disciplina attuale che contempera la valutazione positiva di un certo controllo sull’accesso di nuovi soci, con l’esigenza di evitare che ci sia un danno per chi vuole disinvestire. La legge oggi impedisce le clausole di gradimento che non hanno una base oggettiva, che non sono fondate su una identificazione sul tipo di qualità che devono essere possedute per chi vuole essere socio. Deve essere data la possibilità al socio che vuole disinvestire, di trovare un’acquirente secondo le caratteristiche previste. Questo è previsto dall’art.2355 comma 2 e 2357.
La clausola di gradimento è illegittima per l’acquisto da parte di un già socio, perché il socio è già gradito e in questo modo vuole solo aumentare la partecipazione. Altri soggetti invece ritengono che non c’è distinzione tra il gradimento per terzi e il gradimento per già soci.
Clausola di prelazione e di gradimento possono essere combinate, soprattutto negli statuti che vogliono tenere chiuso la struttura dell’azionariato. Il socio che vuole disinvestire esercita la prelazione, se nessuno dei soci vuole acquistare è prevista la clausola di gradimento che prevede che se l prelazione non viene esercitata e il gradimento viene negato, la società può liquidare tramite recesso il socio.
Limiti convenzionali alla circolazione di azioni
I limiti convenzionali sono quelli previsti fuori dallo statuto per solo alcuni soci con riferimento alla circolazione delle azioni. Si tratta di patti parasociali, sindacati di blocco, che vogliono assicurare una stabilità all’assetto dell’azionariato, facendo si che siano preferiti partecipanti al patto rispetto a terzi, qualora qualcuno dei partecipanti vuole uscire dall’investimento. Questi sindacati di blocco possono anche impedire l’afflusso sul mercato per il deprezzamento del titolo in caso in cui il titolo sia quotato in un mercato regolamentato.
L’effetto è quello che il patto vincola solo coloro che lo stipulano e se viene violato colui che l’ha violato deve risarcire i danni a coloro che hanno stipulato il patto, però ci vuole prova del danno.
Questi limiti convenzionali derivanti da un contratto diverso con lo statuto devono fare i conti con l’art.1376 del codice civile, che è quella che prevede la limitazione della trasferibilità solo per un determinato periodo di tempo e non in assoluto.
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Autore:
Valentina Minerva
[Visita la sua tesi: "Le strategie di contrasto al fenomeno del riciclaggio: tutela penale e tutela amministrativa"]
- Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
- Facoltà: Economia
- Esame: Diritto Commerciale delle Società
- Docente: Mazzoni Alberto
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