La risposta innata ai virus
Questa risposta innata ha a disposizione 4 armi, questi sono i fagociti primi fra tutti i macrofagi, il sistema del complemento, l'interferon e le cellule natural killer.
Questi sistemi possono scattare e funzionare da soli o se il numero di
virus infettanti è molto elevato agire in concerto tra di loro
attivandosi le une con le altre.
I macrofagi
I macrofagi hanno un ruolo determinante
nel far scattare la risposta innata; i macrofagi sono delle cellule
sentinella localizzate subito al di sotto della mucosa, sono cellule
spazzine, possono fagocitare un virus e i detriti che vengono fagocitati
entrano formando un fagosoma che si fonde con i lisosomi che sono
carichi di enzimi come proteasi, nucleasi che attaccano il microrganismo
distruggendolo, il forte metabolismo a livello del fagolisosoma provoca
prodotti tossici dell'ossigeno e morte dell'organismo. Se pochi virus
infettano il nostro organismo, i macrofagi senza chiedere permesso a
nessuno catturano, distruggono e risolvono da soli velocemente
l'infezione.
Cosa succede se il numero dei virus invasori è molto alto?
I
macrofagi sono in grado, grazie a citochine, di richiamare altre
cellule fagocitarie come monociti circolanti che sono i precursori dei
macrofagi e i leucociti polimorfonucleati che costituiscono il 70% dei
globuli rossi, richiamati dai macrofagi possono raggiungere il sito di
infezione dove i virus hanno superato le barriere fisiche, e svolgere il
loro compito di cellule fagocitarie. Un aspetto molto importante dei
macrofagi è che tra i fagociti svolgeranno il ruolo di mediatori tra la
risposta innata e quella adattativa, fungono da cellule presentanti
l'antigene.
Come fa un macrofago ad accorgersi che c'è qualcosa di
strano nel nostro organismo?
I microrganismi hanno nella loro superficie
dei profili molecolari associati ai patogeni che caratterizzano un
gruppo di microrganismi, un esempio tipico è il lipopolisaccaride che ha
una struttura e un profilo di riconoscimento che caratterizzano tutti i
gram negativi, lieviti con profilo molecolare associato a un patogeno
rappresentato dal zimogeno, acidi teicoici dei gram positivi,
particolari strutture presenti sull'envelope di un virus, rna a doppia
catena dei ribovirus; quindi delle molecole che caratterizzano non un
gruppo di microrganismi dei virus ma sono caratteristiche di un
determinato gruppo, proprio utilizzando questi profili molecolari di
riconoscimento per esempio come gli acidi teicoici dei batteri gram
positivi, lipoproteine dei micobatteri, molecole di rna a doppia catena,
sono tutti gruppi molecolari che consentono al fagocita di individuare
un particolare gruppo di microbi.
Ma come avviene questo
riconoscimento? Se i profili molecolari associati al patogeno sono presenti sul patogeno
vengono riconosciuti dal fagocita mediante un profilo recettoriale di
riconoscimento PRR, quindi da una parte abbiamo una molecola
caratteristica sul microbo dall'altra un profilo molecolare di
riconoscimento PRR che invece è presente sulla cellula fagocitica. I PRR
sono stati isolati per la prima volta nel moscerino della frutta e sono
stati chiamati recettori Toll Like. In questa diapositiva vediamo un
lipopolisaccaride un profilo molecolare associato ai batteri gram
negativi che viene riconosciuto dai recettori Toll Like 4, ovviamente di
recettori Toll Like ne abbiamo tanti sulla superficie dei macrofagi che
gli consentono di constatare i diversi profili molecolari che i microbi
possono presentare. Come funzionano le cose? Da prima abbiamo una
proteina ( colorata in verde) che si lega al lipopolisaccaride
(triangolino rosso), una volta avvenuto questo legame il
lipopolisaccaride viene posizionato nella struttura recettoriale CD14
che è sulla superficie del fagocita e quando questo avviene la porzione
esterna del recettore Toll Like (nel nostro esempio è il TLR 4 ) subisce
un cambio conformazionale. Quindi legando il lipopolisaccaride ad una
proteina che lo lega e posiziona in CD14 si hanno ripercussioni sulla
conformazione di TLR4 e l'alterata conformazione si ripercuote sulla
porzione citoplasmatica del recettore che trasmette questo cambio
conformazionale ad una proteina adattatrice.
Cosa comporta questo cambio
conformazionale nella proteina adattatrice?
Comporta l'innescarsi, a
cascata, di una trasduzione, di un passaggio di un segnale dalla
superficie cellulare al nucleo. In questa via che stiamo esaminando è
importante il momento in cui gruppi fosfato vengono trasferiti da una
molecola all'altra, quando viene fosforilata questa chinasi IkK. Cosa fa
questa fosforilasi IkK quando riceve un gruppo fosforico?
Va a fosforilare IkB che è quello che tiene bloccato il fattore di trascrizione NFkB, che quando è legato a questo inibitore è bloccato nel citoplasma. Quando l'inibitore viene fosforilato, NFkB è attivato, può passare nel nucleo ed è un fattore di trascrizione e determina la sintesi di messaggeri dai quali deriveranno tutte quelle proteine che servono alla cellula fagocitaria per essere attivata nei riguardi di un particolare microrganismo invasore.
Va a fosforilare IkB che è quello che tiene bloccato il fattore di trascrizione NFkB, che quando è legato a questo inibitore è bloccato nel citoplasma. Quando l'inibitore viene fosforilato, NFkB è attivato, può passare nel nucleo ed è un fattore di trascrizione e determina la sintesi di messaggeri dai quali deriveranno tutte quelle proteine che servono alla cellula fagocitaria per essere attivata nei riguardi di un particolare microrganismo invasore.
Ricapitolando: arriva un
microrganismo caratterizzato da un PAMP (profilo molecolare associato al
patogeno), è riconosciuto da un PRR chiamato anche recettore Toll Like
presente nel fagocita e il loro incontro innesca, tramite successivi
trasferimenti di gruppi fosfato, l'arrivo di un determinato segnale nel
nucleo che fa si che vengano sintetizzati quei geni che portano alla
sintesi di quelle proteine responsabili dell'attivazione delle cellule
fagocitiche.
Sistema del complemento
Un'altra arma importante dell'immunità innata è
rappresentata dal complemento. Quella che scatta è la cosiddetta via
alternativa di attivazione del complemento, mentre l'attivazione della
via classica fa parte di quella che è l'immunità adattativa per scattare
una via classica di attivazione del complemento è necessario che ci sia
un complesso antigene anticorpo. Ma perchè si formi un complesso
antigene anticorpo ci vuole tempo, ed ecco che viene attivata un altra
via, la via alternativa.
Il complemento è costituito da più di 20
proteine, alcune delle quali hanno attività enzimatica, le ultime che
vengono attivate si depositano sulla superficie del microbo e in alcune
situazioni nel caso di un virus si forma questo complesso di attacco
alla membrana e verranno fatti fuori più velocemente i virus.
Che
influenza ha il complemento sulla replicazione virale?
È una via
alternativa, per distinguersi dalla via classica che è innescata dalla
formazione del complesso antigene anticorpo.
La prima importante proteina in circolo del complemento è la proteina C3; spontaneamente questa proteina è degradata in C3a e in C3b. Il C3b è capace di fissarsi alla superficie di un virus e svolge un ruolo determinante che è quello di opsonizzare, ovvero fa in modo che i fagociti mangino quel virus in maniera molto più verace e più pronta. Per ora siamo solo all'inizio, l'immunità adattativa è ferma. Il C3b inoltre richiama e attiva altri fattori del complemento C5, C6, C7, C8, C9, questi, complessandosi gli uni con gli altri, formano il complesso di attacco alla membrana. Immaginiamo che questo sia l'envelope la membrana del virus al quale si attacca C3, arriva C5, C6 e cosi via fino a che nella membrana si forma un foro, il virus perde la proprio integrità, alla quale si accompagna la perdita della possibilità di attaccarsi alla cellula. Man mano che C3b si fissa al suo virus innesca un maggior clivaggio di C3 in C3a e in C3b, prima avveniva spontaneamente, ma una volta che C3b è legato alla superficie di un virus la scissione aumenta notevolmente. Questo comporta che si formino tante molecole di C3a che non stanno legate alla superficie del virus ma hanno il compito di richiamare cellule fagocitiche, neutrofili, monociti, dal sangue per arrivare ad aiutare i macrofagi stanziali. Siamo a livello di risposta innata, la risposta adattativa è ferma, non si può avere attivazione della via classica però grazie a C3 che spontaneamente si scinde in C3a e C3b, il complemento riesce ad opsonizzare e richiamare altri fagociti grazie al frammento C3a e, grazie all'attivazione a cascata degli ultimi componenti del complemento, a ledere la superficie dei virus dotati di envelope.
La prima importante proteina in circolo del complemento è la proteina C3; spontaneamente questa proteina è degradata in C3a e in C3b. Il C3b è capace di fissarsi alla superficie di un virus e svolge un ruolo determinante che è quello di opsonizzare, ovvero fa in modo che i fagociti mangino quel virus in maniera molto più verace e più pronta. Per ora siamo solo all'inizio, l'immunità adattativa è ferma. Il C3b inoltre richiama e attiva altri fattori del complemento C5, C6, C7, C8, C9, questi, complessandosi gli uni con gli altri, formano il complesso di attacco alla membrana. Immaginiamo che questo sia l'envelope la membrana del virus al quale si attacca C3, arriva C5, C6 e cosi via fino a che nella membrana si forma un foro, il virus perde la proprio integrità, alla quale si accompagna la perdita della possibilità di attaccarsi alla cellula. Man mano che C3b si fissa al suo virus innesca un maggior clivaggio di C3 in C3a e in C3b, prima avveniva spontaneamente, ma una volta che C3b è legato alla superficie di un virus la scissione aumenta notevolmente. Questo comporta che si formino tante molecole di C3a che non stanno legate alla superficie del virus ma hanno il compito di richiamare cellule fagocitiche, neutrofili, monociti, dal sangue per arrivare ad aiutare i macrofagi stanziali. Siamo a livello di risposta innata, la risposta adattativa è ferma, non si può avere attivazione della via classica però grazie a C3 che spontaneamente si scinde in C3a e C3b, il complemento riesce ad opsonizzare e richiamare altri fagociti grazie al frammento C3a e, grazie all'attivazione a cascata degli ultimi componenti del complemento, a ledere la superficie dei virus dotati di envelope.
Queste
due armi, macrofagi e complemento, hanno un limite; si accorgono quando
c'è un virus invasore mettono in evidenza solo il virus extracellulare,
né i macrofagi né il complemento sono in grado di andare a guardare
dentro una cellula, dove l'infezione virale è all'interno delle cellule,
quindi c'è bisogno di nuove armi che siano capaci di individuare e
distruggere le cellule all'interno dei quali un virus si sta replicando.
Queste due armi sono rappresentate dal Interferon e dalle cellule
Natural Killer (NK).
Che cos'è l'interferon?
È una proteina, ne conosciamo di 2 tipi: all'interferon di tipo 1 appartengono quello alfa e beta, che sono quelli importanti per l'attività anti-virale, mentre all'interferon di tipo 2 appartiene quello di tipo gamma che ha un ruolo di immuno-modulante. L'interferon è stato scoperto nel 1957 da Lindenmann, fece un esperimento infettando colture cellulari in laboratorio. Aveva visto però che una successiva infezione di queste colture con lo stesso virus o virus diversi, non partiva il secondo ciclo di infezione e la proteina responsabile di questa interferenza virale è stata successivamente identificata con il nome di interferon. E quando si è scoperto che il nostro organismo produceva una sostanza con potere anti-virale si è gridato a grande successo abbiamo a disposizione un farmaco che possiamo utilizzare nella terapia delle infezioni virali. Questo primo entusiasmo è andato scemando, in un primo momento la proteina è stata clonata, prodotta in grandi quantità ma il risultato è stato deludente perchè ha un emivita estremamente breve, è una molecola specie- specifica ossia funziona soltanto nella specie che l'ha prodotto, ma l'aspetto più svantaggioso è che l'interferon è dotato di effetti tossici estremamente pericolosi. Infatti oggi viene usato solo per infezioni virali piuttosto gravi come epatite B e C, melanomi o altri tumori.
Qual è il punto di partenza per la produzione di interferon e qual è la finalità di questa proteina?
Molto schematicamente ci aiuta a capire questa diapositiva, a sinistra abbiamo delle cellule infettate che producono interferon, è una molecola che non dura molto ha un emivita abbastanza breve. Non appena queste cellule infette la producono la riversano all'esterno.
Qual è il compito di questa molecola nell'ambiente extracellulare?
È quello di andare a contatto con cellule vicine, porta un messaggio alla cellula non infetta dicendole: “la cellula vicino a te è stata infettata tu preparati perchè è molto probabile che tra poco anche tu sarai infettata”. Induce per cui l'espressione di geni che allertano le cellule sane e le tengono pronte a difendersi da una prossima infezione virale.
Cosa fa scattare nella cellula infetta la produzione di interferon?
È sufficiente in alcuni casi il contatto tra la membrana citoplasmatica della cellula ospite e il virus dotato di envelope perchè vengano attivati i geni responsabili per la sintesi dell'interferon; questo è un caso però poco frequente. Il fattore principale che induce nella cellula infetta la produzione di interferon è rappresentato da un RNA bi-catenario. La cellula ospite non ha RNA bi-catenario quindi questo RNA bi-catenario virale è un PRR, funge da profilo molecolare associato al patogeno che può essere riconosciuto da un PRR cellulare che innesca una serie di fosforilazioni che in ultima analisi portano nel nucleo dei fattori attivati di trascrizione che consentono l'espressione dei geni dell'interferon.
Ripeto: la cellula è stata infettata dal virus, il virus produce RNA bi-catenario, ovviamente i virus che avranno un RNA bi-catenario come genoma, come i reovirus, saranno ottimi produttori di interferon, però lo saranno anche gli rna virus a singolo filamento dovranno esprimere per forza una rna polimerasi rna dipendente quindi se hanno un rna + lo dovranno copiare in rna – automaticamente questo comporta la formazione di RNA bi-catenari.
Secondo voi DNA virus possono formare RNA bi-catenario? Si! Entrambe le catene fungono da stampo nel processo di trascrizione.
Secondo voi DNA virus possono formare RNA bi-catenario? Si! Entrambe le catene fungono da stampo nel processo di trascrizione.
RNA bi-catenario è riconosciuto come profilo molecolare associato al patogeno da PRR all'interno di quella cellula ed ecco che scatta una serie di fosforilazioni che attivano la produzione di interferon che va nell'ambiente extracellulare trova nella cellula sana dei recettori vi si lega e parte un messaggio che arriva al nucleo per allertare la cellula a difendersi che sarà attaccata da un virus. La cellula allertata quando sarà infettata blocca la replicazione del virus imboccando una via apoptotica. Ciò è fondamentale perchè argina l'infezione.
Vediamo un po' meglio come vanno le cose. Questo è il dna, questo è il sito di inizio riconosciuto dalla rna polimerasi che porta alla sintesi dei messaggeri dell'interferon, a monte troviamo un enhancer e perchè possa dare avvio ad un processo di trascrizione deve legare dei fattori di trascrizione che devono essere attivati. Il punto di partenza in quella cellula si è formato un RNA bi-catenario, viene riconosciuto come profilo associato al patogeno, segue una serie di fosforilazioni che attivano tutti questi fattori. L'enhancer è fatto di 4 domini regolatori positivi, per avviare la trascrizione è necessario che al dominio 4 si leghino i fattori ATF-2 e c-JUN sono nella forma non fosforilata nel citoplasma, parte la catena di trasferimento del segnale, comporta la loro fosforilazione e così fosforilati riescono ad occupare il quarto dominio. Fosforilazione anche del fattore di regolazione dell'interferon IRF-3 IRF-7 fosforilati durante la trasmissione del segnale e possono raggiungere il nucleo il terzo e il primo dominio. NFkB è analogo a quanto abbiamo visto nel lipopolisaccaride. È presente nel citoplasma ed è inibito dal legame con l'inibitore IkB, quando l'inibitore viene fosforilato NFkB viene liberato e potrà andare ad occupare il secondo dominio di questo sito di regolazione. Quindi fattori di trascrizione attivati comportano come esito finale il legame della RNA polimerasi e l'inizio della trascrizione del gene dell'interferon. Partecipano anche delle proteine HMG1 che sono delle proteine che completano il funzionamento dell'enhancer.
Siamo arrivati a sintetizzare il messaggero dell'interferon, questo messaggero è ricco di AUG ed ha un emivita molto breve, questi messaggeri vengono poi tradotti e l'interferon riversato all'esterno. Vi ricordo l'azione di andare ad allertare le cellule vicine sane che hanno dei recettori particolari per l'interferon, sono Tirosine Kinasi, una di queste è il recettore Jak1 e l'altra è la tirosina kinasi 2 (Tyk2). Quando l'interferon si lega a questi recettori sono tra loro ravvicinati, sono dotati di attività kinasica e l'avvicinamento l'uno con l'altro determina che la porzione citoplasmatica venga fosforilata. Una volta che questi recettori sono fosforilati richiamano dal citoplasma la proteina Stat1 e Stat2 vengono a loro volta fosforilate e questa fosforilazione comporta la loro dimerizzazione, migrano nel nucleo della cellula dove saranno responsabile di stimolare i geni indotti dall'interferon. Sono tantissimi i geni indotti dall'interferon con il fine di proteggere quella cellula, ne nominiamo tre: proteine MX, la 2'-5' oligo di A sintetasi e la ribonucleasi L, la proteino chinasi dipendente da rna a doppia catena.
Come svolgono la loro funzione queste proteine che derivano dai geni indotti dall'interferon?
Un primo esempio ci viene offerto dalle proteine MX: la cellula è stata avvisata dall'interferon, c'è stata attivazione di particolari geni indotti dall'interferon, ecco che quella cellula ha prodotto proteine MX. Queste proteine proteggono la cellula dall'infezione di alcuni rna virus a polarità negativa come per esempio il virus del morbillo. Quando questi virus infettano la cellula attivata ecco che la cellula ha sintetizzato proteine MX che bloccano l'attività dell'rna polimerasi rna dipendente. I virus con rna a polarità negativa hanno un genoma che non può fungere da messaggero quindi un rna polimerasi rna dipendente deve essere un costituente della proteina virale, è indispensabile al virus per la sintesi del messaggero. Cosa succede se un virus influenzale entra in una cellula dove sono stati espressi geni indotti dall'interferon? Produzione di proteina MX che impedisce alla polimerasi di funzionare e bloccano cosi la replicazione di questi virus. Un altro meccanismo dell'attività anti-virale dell MX nei riguardi dell'influenza è che il virus influenzale pur essendo un virus ad rna replica nel nucleo, cosi le proteine MX impediscono l'arrivo del virus dell'influenza nel nucleo blocco del processo replicativo del virus.
L'altra proteina indotta dall'interferon sotto forma di proteina inattivata è rappresentata dalla 2'-5' oligo di A sintetasi e una ribonucleasi L entrambi queste proteine vengono prodotte in forma inattiva.
Cosa succede che questa cellula cosi allertata viene infettata?
Cosa succede che questa cellula cosi allertata viene infettata?
Il virus comincia il proprio ciclo replicativo e ancora una volta ha dato origine ad un RNA bi-catenario che è in grado di interagire con la 2'-5' oligo di A sintetasi presente nella cellula nella forma inattiva attivandola e l'attività enzimatica forma dei corti oligonucleotidi nei quali residui di A sono legati con un legame 2'-5', circa 10 residui di A vengono legati in questo modo, una volta formato va a legarsi con la ribonucleasi L, altra proteina inattiva indotta dall'interferon, che quando lega il 2'-5' oligo di A risulta attivata e fa fuori tutti gli rna messaggeri sia cellulari che virali.
Ricapitolando: una sintetasi e una ribonucleasi sono prodotte in seguito all'induzione determinata dall'interferon, sono prodotte come forme inattive, arriva il virus su questa cellula avremo produzione di RNA bi-catenario che da prima attiva la sintetasi con la formazione di corti oligomeri di A che prenderanno rapporto con un altra proteina indotta dall'interferon attivandola facendo si che possa svolgere la sua azione di ribonucleasi degraderà gli rna messaggeri sia cellulari che virali.
La terza proteina indotta dall'interferon è la proteina PKR è una chinasi K che dipende la sua attivazione da una molecola di RNA bi-catenario. Nella parte alta della diapositiva vedete un classico complesso di pre-iniziazzione del processo di sintesi proteica, sapete che la sub-unità piccola 40S si lega col transfert della metionina, con l'rna messaggero e perchè tutto possa avvenire è necessario il fattore della sintesi proteica eIF-2 legato al GTP, una volta che questo si è assemblato verrà richiamata la sub-unità 60S per dare avvio ad un normale processo di sintesi proteica. Una volta che si è formato il complesso di pre-iniziazzione viene liberato il fattore eIF-2 che è stato defosforilato, il GDP va in circolo per andare a partecipare alla formazione di altri complessi di pre-iniziazzione, prima di fare questo però il GDP deve essere di nuovo fosforilato e questa ri-fosforilazione avviene grazie all'intervento del fattore eIF-2b.
Cosa succede se in questa cellula l'interferon ha indotto sottoforma inattiva la produzione della kinasi PKR?
La cellula ha espresso i geni che sintetizzano il PKR però inattivo, arriva il virus nella cellula allertata e ancora una volta si avrà formazione di doppia catena di rna farà si che due molecole di PKR legandosi come dimero si fosforilino l'una con l'altra e la kinasi PKR verrà attivata, che a sua volta andrà a fosforilare il fattore eIF-2, eIF-2 verrà sequestrato ad opera della PKR sul fattore eIF-2b quindi blocco della sintesi proteica. La cellula si accorge che qualcosa non sta andando bene e imbocca la via apoptotica morte della cellula ma attraverso una strategia che argina l'infezione virale.
Questa rispetto a macrofagi e complemento è un arma che funziona all'interno della cellula bloccandone il processo replicativo.
Questa rispetto a macrofagi e complemento è un arma che funziona all'interno della cellula bloccandone il processo replicativo.
Le cellule natural killer
Cellule infette possono essere anche eliminate dall'intervento delle cellule NK. Assomigliano molto ai linfociti T che svolgono un ruolo nell'immunità adattativa e per essere attivati hanno bisogno di tempo, al contrario le NK sono sempre pronte a riconoscere le cellule infettate. Hanno due meccanismi di azione.
Dobbiamo dire prima cosa sia l'MHC: è una proteina del complesso maggiore di istocompatibilità localizzata nella membrana citoplasmatica di tutte le cellule. È fatta di due catene una ancorata alla membrana citoplasmatica che riflettono la composizione proteica di quella che è la cellula, del catabolismo proteico di quella cellula che produce proteine, le quali vengono rallentate e legate alle proteine MHC 1 ed esposte alla superficie, c'è un disegno che mostra in superficie tutte quelle proteine self prodotte all'interno di quella cellula. Sanno anche presentare anche le proteine virali, il virus va ad infettare quella cellula, le proteine di quel virus saranno fatte a pezzettini legate alle MHC 1 e presentate alla superficie di quella cellula ed è proprio questo che consente alle NK di attaccare in modo selettivo le cellule tumorali risparmiando quelle sane.
Come vanno le cose?
La NK ha due recettori a disposizione (uno rappresentato in rosso e l'altro in azzurro) il recettore in rosso è in grado di saggiare le MHC che sono presenti sulla superficie di una cellula, se riconosce molte MHC su quella cellula la riconosce come cellula normale la cellula avrà la licenza per proseguire. Nelle cellule virus infette è diverso; quando il virus infetta la cellula porta all'interno proteine MHC, quindi nella cellula infetta mancano le proteine MHC cosi che questa cellula sulla sua superficie presenterà delle proteine che sono legate alla replicazione virale, dette proteine da stress. Quando le NK incontrano queste cellule si rendono conto grazie al recettore rosso che non ci sono MHC e grazie al recettore blu si lega alla proteina da stress e questo determina l'attivazione della NK che produrrà perforine che bucano la membrana citoplasmatica della cellula bersaglio e granzimi che penetrano all'interno di questa cellula e imbocca una via apoptotica.
Per quanto riguarda l'immunità innata prima di passare a quella adattativa, è importante sottolineare una cosa: l'immunità adattativa può funzionare, facevo l'esempio del raffreddore, nel giro di 3 /4 l'immunità adattativa ben funzionante ne determina quest'infezione e il sistema immuno adattativo non viene neanche attivato. Molte altre volte la risposta innata non è sufficiente, il numero di virus cresce e c'è bisogno di aiuto da parte dell'immunità adattativa per mettere fine a quell'infezione virale.
Che cos'è che dice cellule B e cellule T dovete partecipare alla risoluzione di questa infezione virale?
Un ruolo determinante è svolto dall'interferon, se si produce molto interferon vuol dire che la replicazione virale è abbondante e molte cellule infettate producono interferon. Un altro segnale è la presenza di moltissimi detriti derivanti dalla morte cellulare. Prima le quattro armi del sistema innato possono lavorare anche da sole, ci sono pochi virus bastano macrofagi e complemento a risolvere tutto, se si incrementa il numero di virus le quattro armi collaborano per aumentare la forza della risposta.
Cosa fanno le NK?
Ci sono molti virus, cresce la quantità di interferon prodotto e va ad attivare la NK, le NK vanno a produrre interferon gamma che va ad attivare ancora di più i macrofagi perchè il numero di virus sta aumentando. Questo macrofago è anche aiutato dal C3b del complemento, a sua volta il macrofago produce un altra citochina che attiva le NK. Tutti i componenti della risposta innata cooperano tra di loro. Nonostante questo alcune volte l'immunità innata non ce la fa e deve chiamare in causa tutto il sistema immuno-competente.
Chi è che richiama in causa il sistema immuno-competente?
Sono le cellule dendritiche, si spostano dal sito di infezione e liberano nel linfonodo più vicino dove presentano l'antigene alle cellule T. non si limitano a presentare l'antigene ma danno tante altre informazioni sul luogo e tipo di infezione che è in atto. Per queste caratteristiche le cellule dendritiche sono divenute le principali cellule presentanti l'antigene.
Le cellule della risposta adattativa hanno tutte origine da una cellula staminale localizzata nel midollo osseo. Avrete esaminato questa diapositiva più di una volta, precursori mieloidi che daranno origine a cellule dendritiche e macrofagi e il precursore linfoide da cui si origineranno le cellule B e T, le cellule B evolveranno in plasmacellule che sono che sono le cellule responsabili della produzione di anticorpi e raggiungono la piena maturazione nel midollo osseo, mentre le cellule T la raggiungono a livello del timo dove si formano i loro recettori di superficie.
La cellula B deve sintetizzare un proprio recettore che è ancorato alla membrana citoplasmatica di questo recettore b. per sintetizzare questo recettore la cellula B deve sintetizzare una catena pesante e una catena leggera e combinarle sottoforma di dimero per esporle come recettore alla sua superficie. Di questi recettori ne conosciamo migliaia di migliaia diversi in grado di riconoscere l'enorme popolazione di antigeni.
Come si crea questa variabilità?
Supponiamo che questi siano i geni della catena pesante, la sintesi di questa catena è fatta arrivando un rna messaggero che è costruito a partire da dei moduli. Abbiamo 4 moduli due dei quali sono i principali siglati con V, I, J, C. Cosa succede in quella cellula quando vuole sintetizzare una catena pesante?
Di segmenti genetici V ne ha a disposizione circa 200, ne sceglie uno, di moduli I ne ha a disposizione una 50, ne sceglie un altro in modo che ne abbia a disposizione quattro, scegli uno di questi possibili moduli e li lega insieme. Si genera già in partenza una variabilità enorme. Quando queste sequenze geniche vengono impacchettate tra loro, si assiste a inserzioni o delezioni, aumento della variabilità, ha catturato anche un segmento dal modulo C che forma la porzione costante della catena pesante e il risultato è la sintesi di una catena pesante. Una scelta modulare consente di avere a disposizione tanti geni, fa una scelta gli assembla e questo crea un enorme variabilità. La stessa cosa viene fatta per sintetizzare la catena leggera del recettore. La porzione rossa della catena pesante e della catena leggera si combinano per formare un sito di legame. Ogni recettore che cosi si forma è in grado di legarsi soltanto ad un antigene.
Si formano tanti linfociti B superficiali gli uni diversi dagli altri per riconoscere un gran numero di differenti antigeni. Qui abbiamo tre linfociti B uno riconosce l'antigene triangolino, un altro l'antigene stellina e l'altro l'antigene puntino, ecco che arriva l'antigene stellina sarà riconosciuto ovviamente soltanto da questo linfocita B che presenta recettore stellina alla sua superficie, avviene un contatto e questa cellula B comincia a crescere e replicarsi formando un clone, questo processo va avanti per una settimana fino a che questa cellula che si è evoluta in plasmacellula comincia a secernere antibiotici che sono identici al recettore presente sulla cellula manca solo quella porzione che legava il recettore alla membrana citoplasmatica della cellula B.
Per poter differenziarsi in plasmacellula e produrre anticorpi questa cellula deve ricevere l'aiuto da parte delle cellule Th2.
Si formano tanti linfociti B superficiali gli uni diversi dagli altri per riconoscere un gran numero di differenti antigeni. Qui abbiamo tre linfociti B uno riconosce l'antigene triangolino, un altro l'antigene stellina e l'altro l'antigene puntino, ecco che arriva l'antigene stellina sarà riconosciuto ovviamente soltanto da questo linfocita B che presenta recettore stellina alla sua superficie, avviene un contatto e questa cellula B comincia a crescere e replicarsi formando un clone, questo processo va avanti per una settimana fino a che questa cellula che si è evoluta in plasmacellula comincia a secernere antibiotici che sono identici al recettore presente sulla cellula manca solo quella porzione che legava il recettore alla membrana citoplasmatica della cellula B.
Per poter differenziarsi in plasmacellula e produrre anticorpi questa cellula deve ricevere l'aiuto da parte delle cellule Th2.
Sapete come è fatta un immunoglobulina?
IgG è fatta di due catene una pesante e una leggera, le porzioni variabili delle due catene si combinano insieme per formare un sito di legame per l'antigene, avendo due braccia avrà la possibilità di legare due antigeni in questa figura rappresentata da due triangolini marroni. Sono le globuline più importanti a difenderci a livello ematico.
Un altra classe di anticorpi, che sono quelli prodotti per primi nel corso dell'infezione, è rappresentata da IgM: sono composti da 5 molecole di immunoglobulina hanno quindi dieci mani a disposizione per legare l'antigene, sono delle molecole avide ma pur essendo avide non interagiscono in maniera molto marcata con l'antigene e quindi sono avide ma poco affini. IgM sono gli anticorpi che attivano maggiormente la via alternativa del complemento. In questo caso si forma un complesso antigene anticorpo, nella porzione costante dell IgM si lega il primo componente C1 del complemento e parte la reazione a cascata, il risultato sarà opsonizzazione o distruzione delle cellule nel caso si tratti di un virus dotato di envelope. È anche in grado di neutralizzare il virus ovvero gli anticorpi specifici si legano all'anti-recettore virale e bloccano il suo legame al recettore presente sulla cellula.
Un altra classe di anticorpi, che sono quelli prodotti per primi nel corso dell'infezione, è rappresentata da IgM: sono composti da 5 molecole di immunoglobulina hanno quindi dieci mani a disposizione per legare l'antigene, sono delle molecole avide ma pur essendo avide non interagiscono in maniera molto marcata con l'antigene e quindi sono avide ma poco affini. IgM sono gli anticorpi che attivano maggiormente la via alternativa del complemento. In questo caso si forma un complesso antigene anticorpo, nella porzione costante dell IgM si lega il primo componente C1 del complemento e parte la reazione a cascata, il risultato sarà opsonizzazione o distruzione delle cellule nel caso si tratti di un virus dotato di envelope. È anche in grado di neutralizzare il virus ovvero gli anticorpi specifici si legano all'anti-recettore virale e bloccano il suo legame al recettore presente sulla cellula.
La seconda classe è rappresentata dalle IgG, dopo un certo periodo si ha una commutazione di classe dalle IgM si passa alle IgG o alle IgA a seconda di dove l'anticorpo deve funzionare.
Le IgG sono quelle maggiormente prodotte in seguito all'infezione virale a livello ematico, sono quelle che offrono la migliore difesa a livello ematico contro le infezioni virali.
Perchè sono cosi forti?
Innanzitutto anche loro attivano il complemento, hanno capacità opsonizzante, hanno la capacità di riconoscere proteine su una cellula infetta, ovvero quando il virus cresce all'interno di una cellula modifica, inserendo proteine virus specifiche, la membrana citoplasmatica di quella cellula, una IgG si lega a una proteina virale e fa da ponte tra una cellula infettata e la cellula fagocitica. Molto importante è che le IgG passano dalla madre al feto trasmettendogli l'immunità passiva che è indispensabile al neonato per fronteggiare, quando ancora è privo di un sistema immuno competente, le prime infezioni alle quali va incontro.
Le immunoglobuline principali a livello respiratorio, delle mucose dell'intestino, sono le IgA: è un dimero, e la formazione di questo dimero consente a queste proteine di resistere ai succhi gastrici e hanno la capacità di transitare nell'intestino. IgA principale difesa a livello delle mucose.
Chi attaccano gli anticorpi?
Chi attaccano gli anticorpi?
Virus alla stato extracellulare, riconoscono antigeni extracellulari.
Un grosso pericolo è rappresentato dalle cellule infettate all'interno delle quali si producono un numero notevole di virus. Il sistema immuno-competente deve avere a livello della risposta adattativa un'arma importante per riconoscere le cellule infette, quest'arma è rappresentata dai linfociti T citotossici. Tutte la cellule T non ancora differenziate sono caratterizzate da un recettore, recettore dei linfociti T; il suo ruolo è quello di riconoscere un antigene presentato da una proteina MHC.
Un grosso pericolo è rappresentato dalle cellule infettate all'interno delle quali si producono un numero notevole di virus. Il sistema immuno-competente deve avere a livello della risposta adattativa un'arma importante per riconoscere le cellule infette, quest'arma è rappresentata dai linfociti T citotossici. Tutte la cellule T non ancora differenziate sono caratterizzate da un recettore, recettore dei linfociti T; il suo ruolo è quello di riconoscere un antigene presentato da una proteina MHC.
Le proteine MHC sono di 2 classi:
classe 1: sono presenti in tutte le cellule del nostro organismo
classe 2: sono soltanto presenti nelle cellule che presentano l'antigene, macrofagi, cellule dendritiche e linfociti T.
Cosa succede?
Questa è una cellula normale e questa è una cellula presentante l'antigene. Questa cellula normale è stata infettata da un virus, il virus sintetizza le proteine estranee che nel citoplasma a livello dei proteosomi vengono rotte in corti polipeptidi antigenici che nel reticolo endoplasmatico sono legati ad una molecola di MHC 1 e successivamente l'MHC 1 con l'antigene viene esposto alla superficie della cellula e l'antigene cosi presentato viene riconosciuto dalla cellule T citotossiche. Le cellule T citotossiche con il loro recettore TCR si legano a quell'antigene e il legame tra cellula infettata e T citotossico è incrementato dal recettore CD8 presente nelle cellule T citotossiche. La cellula T a questo punto induce l'apoptosi di quella cellula infettata e lo fa rilasciando rilasciando perforine e granzimi.
Cosa succede se l'antigene si forma all'interno di una cellula presentante l'antigene?
Cosa succede se l'antigene si forma all'interno di una cellula presentante l'antigene?
Abbiamo l'esempio di una proteina estranea che arriva, viene fagocitata, si forma un fagolisosoma dove l'antigene viene processato. Nel fagolisosoma arrivano anche MHC 2 che portano legata una catena invariante che viene poi eliminata e l' MHC 2 può essere caricata dell'antigene. Il tutto ancora una volta viene presentato alla superficie della cellula e riconosciuto dai TCR presenti nelle cellule Th. Le MHC sono presenti sulle cellule in grado di presentare l'antigene cellule T, cellule dendritiche, macrofagi. L'MHC 2 sono riconosciute dai linfociti Th che fanno due cose fondamentali perchè sono capaci di differenziarsi in Th1 e Th2.
Questa è una cellula presentante l'antigene, un macrofago, ha presentato l'antigene alla cellula Th1 che risponde rilasciando citochine che attivano il macrofago rendendolo capace di una molto maggiore distruzione. Prima di questa attivazione, legata al contatto con la Th1, alcuni microrganismi se ingeriti dal macrofago resistono, non vengono distrutti, ma soltanto dopo queste citochine rilasciate dai Th1 attivano questo macrofago che ne aumenta in maniera notevole la funzione fagocitaria portando a distruggere il microrganismo. Quindi molto importanti per innescare una risposta infiammatoria.
La cellula B ha incontrato l'antigene specifico, lo fagocita ma non diventa subito una plasmacellula, ha bisogno della cellula Th2 che rilascia importanti interleuchine 4,5 così che quella cellula potrà evolversi in plasmacellula che produce anticorpi responsabile della memoria immunitaria.
Il nostro sistema immuno-competente, grazie alle cellule dendritiche che sono le cellule che trasmettono le informazioni sul tipo e luogo di infezione in atto, arrivano ai linfonodi e comunicano alle cellule Th quale fattore far scendere in campo, mettono in atto la miglior risposta immunitaria.
Questa è una cellula presentante l'antigene, un macrofago, ha presentato l'antigene alla cellula Th1 che risponde rilasciando citochine che attivano il macrofago rendendolo capace di una molto maggiore distruzione. Prima di questa attivazione, legata al contatto con la Th1, alcuni microrganismi se ingeriti dal macrofago resistono, non vengono distrutti, ma soltanto dopo queste citochine rilasciate dai Th1 attivano questo macrofago che ne aumenta in maniera notevole la funzione fagocitaria portando a distruggere il microrganismo. Quindi molto importanti per innescare una risposta infiammatoria.
La cellula B ha incontrato l'antigene specifico, lo fagocita ma non diventa subito una plasmacellula, ha bisogno della cellula Th2 che rilascia importanti interleuchine 4,5 così che quella cellula potrà evolversi in plasmacellula che produce anticorpi responsabile della memoria immunitaria.
Il nostro sistema immuno-competente, grazie alle cellule dendritiche che sono le cellule che trasmettono le informazioni sul tipo e luogo di infezione in atto, arrivano ai linfonodi e comunicano alle cellule Th quale fattore far scendere in campo, mettono in atto la miglior risposta immunitaria.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Simone Pisu
[Visita la sua tesi: "Caratterizzazione molecolare ed eterogenicità delle varianti emoglobiniche in Sardegna"]
- Università: Università degli Studi di Cagliari
- Facoltà: Biologia
- Corso: Biologia Cellulare e Molecolare
- Esame: Virologia molecolare
- Docente: Prof. Marongiu
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