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Teorie neoclassiche della crescita


La riflessione neoclassica in fatto di crescita economica, cambiamento tecnologico e innovazione si rianima nel secondo dopoguerra.

Robert Solow (1956) è l’artefice di un modello che riscuote molto successo
Gli assunti di partenza sono:
• rendimenti marginali decrescenti del capitale
• Mercati concorrenziali, pieno utilizzo dei fattori (→ flusso circolare di Joseph  Schumpeter)
• Tecnologia esogena

• Un altro fattore di crescita è l’accumulazione del capitale.

Il risparmio è una frazione del prodotto e il deprezzamento è quella porzione di investimento necessario a mantenere il determinato livello di stock. All’aumentare dello stock di capitale in un sistema economico cresce la quota di ammortamento necessaria, ha una derivata prima positiva e una seconda negativa. Al crescere dello stock di capitale il risparmio si assottiglia arrivando a un punto dove l’investimento necessario per ottenere il capitale supera la capacità di accumulare risparmio nel sistema economico. Quando cresce dopo il punto di equilibrio (stato stazionario) la situazione diviene insostenibile con perdita di capitale (decumulazione di capitale). Questo modello è stato molto usato in passato in quanto ha caratteristiche interessanti (ci dice quali sono le possibilità di crescita dato uno stock di capitale). Questo ci fa capire come quanto minore è lo stock di capitale tanto maggiore è il potenziale di crescita come potenzialità di investimento, in quanto ha la possibilità di crescere più rapidamente.

Volendo complicare il grafico gli si può aggiungere la popolazione come variabile → Pil pro capite non basta più a tenere conto del deprezzamento ma anche dell’andamento demografico in quanto riduce lo stock di capitale. Al punto di equilibrio si ha crescita stazionaria in quanto si ha crescita di popolazione ma non aumenta più il reddito pro capite.
In equilibrio il modello prevede: stato stazionario = stock di capitale pro capite e prodotto pro capite invariati al crescere della popolazione. In altri termini, la crescita cessa di generare aumento del prodotto pro capite.
Questo risultato è in linea con l’esperienza storica?

Il modello di Solow ha altre caratteristiche interessanti:
• convergenza dei livelli di prodotto pro capite: a parità di tech, tassi di risparmio, deprezzamento e crescita demografica. Questo guardando tra paesi simili secondo alcune caratteristiche.
• Convergenza dei tassi di crescita, paesi che hanno uno stock di capitale simile avranno una crescita simile (maggiore o minore in base a se si trovino più lontani o vicini al punto di equilibrio).

In ambito storico il fenomeno ha delle caratteristiche interessanti in quanto si ha convergenza tra i livelli di prodotto pro capite a parità di tech. Comparando i paesi con tasso di risparmio,  tecnologia aumento demografico prima o poi convergeranno come anche i tassi di crescita.

L’esperienza storica dimostra che vi sono stati processi di convergenza in determinati periodi, in particolare:
• 1870-1913: prima globalizzazione
• 1950-1973: secondo dopoguerra

Nel primo caso i Paesi dell’Europa Occidentale si avvicinano all’Inghilterra, mentre nel secondo i Paesi dell’Europa si avvicinano al reddito USA. Il problema del secondo modello (Solow) applicato ai dati Usa vede come il modello viene spiegato in meno del 50% dei casi.

Infatti, dedotti i contributi della produttività del lavoro e della produttività del capitale, resta un apporto molto consistente che non è spiegato dalle variabili del modello.
Questo residuo, noto come residuo di Solow, è la produttività congiunta dei fattori, o produttività totale dei fattori (PTF, produttività multifattoriale).
Definita “misura della nostra ignoranza” da Moses Abramovitz, esprime il contributo alla crescita derivante da:
• Innovazione tecnologica e di processo
• Maggiore efficienza allocativa

y = A * K(a) * L(1 − a)
0<a<1


I contributi successivi hanno consentito di ridurre il ruolo della PTF, individuando e isolando il contributo di:
• Vari tipi di capitale
• Capitale umano
• Economie di scala

Modello di crescita endogena → Romer, Helpman & Grossman
Il passaggio successivo è consistito nel rendere endogena la variabile chiave della crescita di lungo periodo. Nel breve periodo è la cumulazione di capitale la variabile e nel lungo periodo è il progresso tecnologico.
Si è cercato di migliorare la funzione endogenizzando la variabile chiave della crescita → tecnologia
Romer introduce un modello in cui la variabile chiave della crescita è endogena ed è la tecnologia: creazione di nuovi prodotti che vengono messi sul mercato ma che non creano una distruzione degli altri prodotti più vecchi.
L’innovazione genera maggiore varietà di prodotti, che coesistono sul mercato.
• il grado di varietà dei beni e la sua crescita nel tempo determinano la crescita di lungo periodo
• La varietà è il risultato della R&S di imprenditori-innovatori animati dal profitto
• In questo caso non si ha distruzione creativa. Il modello si presta a indagare situazioni in cui concorrenza e turnover non sono importanti (differenziali di produttività tra Paesi).

Aghlon e Howitt (1992) sviluppano invece un modello in cui l’innovazione introduce prodotti qualitativamente migliori di quelli esistenti.
• Questo genera distruzione creativa
• Differenziazione qualitativa
• Gli innovatori godono di un periodo di profitti monopolistici, finché sono spinti fuori mercato da nuovi innovatori.

I modelli di crescita endogena sono basati su rendimenti crescenti, a differenza di quelli neoclassici, il volano è rappresentato dalla ricerca e sviluppo.

Nel caso di Romer, gli spillover tecnologici tra le imprese e tra paesi, compensano la caduta di profitto all’aumentare della varietà di beni. Il beneficio che la collettività ne desume sono superiori ai benefici privati. Effettivamente esistono e per quanto le imprese vogliano tutelare la proprietà privata delle proprie innovazioni queste prima o poi diventano proprietà pubblica e quindi il beneficio è maggiore per la totalità pubblica che per l’innovatore.

La presenza di spillover, ritorni pubblici su R&S maggiori dei ritorni appropriabili dalle singole imprese, genera potenziale situazione di sottoinvestimento in ricerca.
Di qui il suggerimento di politiche pubbliche intese a sussidiare gli investimenti privati in R&S. I modelli di crescita endogena si avvicinano a quelli di matrice schumpeteriana.

Tratto da ECONOMIA DELL'INNOVAZIONE di Mattia Fontana
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