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I classici


La riflessione sulla crescita e sul cambiamento tecnologico è presente negli economisti classici → Adam Smith, David Ricardo, Karl Marx.

L’accento è sugli effetti che il progresso tecnico incorporato nelle macchine ha su produttività e occupazione, piuttosto che sull’innovazione in senso stretto.

Nella "ricchezza delle nazioni" (1776) Adam Smith descrive l’impatto della divisione del lavoro, dunque della specializzazione, sulla produttività.
L’estensione del mercato (aumento della domanda) genera maggiore divisione del lavoro, maggiore specializzazione, maggiore rendimento. L’operaio diventa più performante ed il processo è più rapido e meno soggetto all’errore e questo va a vantaggio del processo produttivo.
La divisione del lavoro permette di ottenere un apprendimento che consente di creare strumenti che facilitano la mansione dell’operaio. La specializzazione delle mansioni genera abilità e apprendimento per esperienza → predisposizione utensili e macchine specifiche per ogni fase di lavorazione.
L’approccio di Smith è dinamico e presenta rendimenti decrescenti.
Ampliamento di mercato → maggiore produttività e specializzazione del lavoro → maggiore guadagno di conoscenza → ulteriori guadagni di efficienza → efficienza economica.

David Ricardo è attento all’impatto del cambiamento tecnologico e dell’impatto che ha sui processi/produttività/prezzi e domanda/occupazione. Non è interessato ad analizzare e vede come il reddito si divide tra rendita e salari.
Esso introduce l’ipotesi del rendimento crescente, prima ci si basava molto sulla rendita delle terre che è un fattore di produzione finito.
Significativamente, Ricardo si allontana da Smith nella considerazione dei rendimenti.
Per Ricardo i rendimenti sono decrescenti: nella sua analisi della distribuzione del reddito, la terra è il principale fattore di produzione e la terra è finita.
• maggiore la domanda, maggiore lo sfruttamento di terreni marginali dal rendimento più basso (si mettono a coltura terreni che prima erano fangosi, poco soleggiati, montani) questo non si applica in maniera così diretta ad un industria;

Analogamente, la produttività del lavoro e la produttività del capitale sono decrescenti: solo il progresso tecnico è garanzia della crescita nel lungo periodo.
Ricardo vedeva minacciata la condizione degli industriali: al crescere della popolazione la rendita e i salari avrebbero guadagnato importanza a scapito dei profitti.
Egli suggeriva che ci si aprisse al commercio internazionale, la categoria che avrebbe guadagnato sarebbero stati i lavoratori. Il costo della vita sarebbe cresciuto come il prezzo della terra. Per scongiurare questo esito suggerì questa soluzione di vantaggi comparati. Questa è un’analisi statica, quindi non soggetta a modificarsi nel tempo.

Karl Marx nel “Capitale" caratterizza l’innovazione come l’esito di un processo sociale in cui le tecnologie sono selezionate e legittimate dalla dialettica che si instaura tra le parti sociali.
Lo stimolo a innovare proviene:
• dall’ampiezza dei mercati
• dalla dinamica concorrenziale

Charles Babbage (1791-1871) fu inventore più che economista.
• distinzione tra fare/manifattura
• Sottolinea la dimensione dell’organizzazione e la valenza dell’esperienza ai fini del progresso tecnico.

Abbot Payson Usher (1883-1965) tecnologo/storico della tecnologia, descrive l’innovazione come processo articolato in fasi “sintesi cumulativa”)
• Cognitiva → percezione problema/domanda potenziale; l’invenzione
• Organizzativa → commercializzazione innovazione
• Adattiva → miglioramento incrementale

Tratto da ECONOMIA DELL'INNOVAZIONE di Mattia Fontana
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