GATT: aree con risultati modest
Aree con zero risultati e solo con il passare degli anni e con la fine del GATT e con la nascita di WTO le cose sono cambiate.
Aree in cui non ha potere:
- Agricoltura (cioè tutto ciò che riguarda lo scambio di prodotti agricoli) il GATT non aveva nessuna giurisdizione, nessun potere di decidere sul commercio di prodotti agricoli che è comunque una parte importante del commercio internazionale ed è una parte molto più importante del commercio tra paesi poveri, in via di sviluppo e quelli ricchi. L'agricoltura è sempre stata un'area in cui le barriere sono state molto forti, elevate, proprio perché i paesi ricchi hanno sempre voluto mantenere un livello forte di protezione in questi anni. In termini generali, è ovvio che un paese avanzato, con tradizioni forti non avrebbe motivo di proteggersi su queste cose, magari avrebbe senso (come spesso succede) che si specializzi nella gamma alta (alta qualità) di queste produzioni agricole, se ne ha le capacità, le risorse, livelli di formazione. La stessa Europa nasce negli anni '50 ma soprattutto negli anni '60, con una politica agricola comunitaria chiamata PAC (politica agricola comunitaria) estremamente e ferocemente protezionistica, contro i paesi in via di sviluppo. Il GATT non poteva far nulla, non aveva nessuno strumento per porre nell'agenda dei propri lavori la politica agricola che appunto viene esclusa nonostante elevate barriere.
- Servizi commerciali (tradeables): oggetti di commercio (ci sono molti servizi che sono forzatamente domestici) e riguarda i servizi finanziari, di trasporto, assicurativi, banche, costruzione di appalti cioè tutte quelle gare fatte per garantire la copertura di lavori pubblici, i servizi sanitari: tutto ciò può essere oggetto di scambio internazionale. Il GATT non aveva alcun tipo di potere su di essi, potere sulla liberalizzazione di questi mercati e servizi a livello internazionale. Ci sono ancora molte restrizioni per quanto riguarda l'attività bancaria, assicurativa, le gare di appalto, che sono spesso vincolate a favore dei produttori nazionali.
- Settori liberalizzati, come quello industriale o tessile: quando venivano minacciati da concorrenza internazionale, magari in modo pesante con sospetti che fosse una concorrenza ostile o che essa stesse usando dei mezzi per penetrare in un mercato con prezzi molto bassi, far uscire i concorrenti e poi rialzare i prezzi ecc, anche in settori liberalizzati si potevano introdurre degli strumenti giurisdizionistici. Il caso più eclatante, il più famoso della storia della politica commerciale del secondo dopoguerra è il cosiddetto MFA ( multi fiber agreement) accordo quantitativo che proteggeva e ha protetto per moltissimi decenni l'industria tessile americana dai produttori tessili che magari operavano nei paesi più poveri, in via di sviluppo. Dunque, anche nei settori liberalizzati si potevano introdurre strumenti più protezionistici.
- Un'altra eccezione furono i VERs (voluntary exports restrains) accordi che si sottoscrivevano con i produttori stranieri in determinati settori industriali (no servizi e no agricoltura), cioè settore della manifattura pura dove il GATT veniva bypassato, i suoi poteri venivano scartati. Anche questo accadde negli anni '80/'90.
Erano accordi bilaterali o trilaterali, tra pochi paesi sul settore chiave, come l'automobilistica che era settore su cui spesso si sono applicati i VERs, o l'acciaio, soprattutto per contenere i nuovi produttori asiatici.
In cosa consistevano gli accordi: immaginiamo due paesi, USA con grande industria automobilista come Detroit, area che ha patito gravi crisi industriali; e le cosiddette TIGRI ASIATICHE, a cominciare dal Giappone, Corea sud, ecc. con altri produttori di automobili che, in situazioni di libero scambio fanno grande concorrenza agli USA e invadono quindi i mercati americani con i loro prodotti che sono più convenienti, migliori, più efficienti.
Esempio: il governo americano va dal governo giapponese e chiede volontariamente di mettersi d'accordo sul ridurre le vendite nel mercato americano. In situazioni di libero scambio, il Giappone manda 10 milioni di automobili agli USA e sono troppe perché così facendo mettono k.o. il distretto di Detroint; si chiede allora di mandarle al massimo 7 milioni; volontariamente il governo giapponese restringe le sue esportazioni, attraverso questo accordo.
Il GATT quindi è completamente bypassato, perché allora il Giappone dovrebbe firmare l'accordo? Perché gli USA dice che se il Giappone continua a mandargli 10 milioni di automobili l'anno, allora scateneranno delle relazioni sul piano commerciale, su altri prodotti, sul piano politico o diplomatico, militare. Uno degli effetti della tariffa, essendo la tariffa una tassa, è quello di aumentare il gettito fiscale a favore del governo, dello stato che la impone (se USA impone una tariffa sull'automobile giapponese che costa 10 milioni ma nel mercato americano costa 12 milioni e i 2 milioni di differenza, moltiplicato per tutte le automobili che continua a comprare, vanno nelle casse dello Stato: il prezzo che prende il Giappone è 10 milioni, il prezzo che paga il mio consumatore è 12 milioni, mentre i 2 milioni vanno al gettito unitario della tassa. 2 milioni x 1 milione di macchine = 2 miliardi). Questa è la tariffa.
Nel caso dei VERs non c'è nessuna tariffa perché è un accordo, ma nonostante questo il prezzo che gli americani pagano per un ammontare di automobili giapponesi inferiore a quello che comprerebbero se il mercato fosse libero, il prezzo dell'automobile giapponese aumenta. Il governo americano dice che la differenza la deve porre il mercato asiatico, perché ad USA non interessa avere un gettito fiscale elevato, ma interessa avere molte meno automobili vendute così che gli americani si possano comprare auto americane (la differenza è posta dal mercato giapponese). Sono quindi accordi volontari su settori chiave che vengono previsti e ora non esistono più dopo gli anni '80.
- C'è anche la possibilità di mettere dazi anti-dumping: i paesi possono, nonostante le tariffe sono in mano al GATT, imporre dei dazi contro il "dumping". Esso è un fenomeno commerciale che risale alla fine dell'Ottocento o poco prima, è una politica commerciale che si afferma in occasione della seconda rivoluzione industriale (1880-1920), con la nascita dei trust e dei colossi, è una politica per sbaragliare il mercato, la concorrenza.
Dumping letteralmente vuol dire vendere sotto costo e lo si fa perché in questo modo ci si pone l'obiettivo di conquistare una quota a volte anche monopolistica del mercato, di far fallire i concorrenti che non possono competere su questi prezzi di prezzo, e lo si fa perché chi lo fa sa che lui può resistere un paio di anni, in questo modo è padrone assoluto del mercato, conquistandolo, e fa fallire gli altri. Queste pratiche possono essere effettivamente sleali, possono essere forme di abuso e per questo motivo storicamente sono previsti (gli storici ne hanno discusso per secoli) dazi anti-dumping cioè una tariffa causata dalla concorrenza sleale.
Era previsto che i paesi appartenenti al GATT fossero legittimamente in grado di imporre questi dazi, si mantiene quindi un'opzione anti dumping, nel caso in cui si mostrasse una vendita effettuata a "valori inferiori al normale", causando "un torto" all'industria nazionale. Ovviamente sono concetti molto manipolabili dagli interessi locali, dei produttori.
- Un'ultima situazione in cui il GATT è un'istituzione scontata: al GATT non viene dato nessun potere giudiziario, non si stabilisce potere giudiziario per risolvere le controversie tra paesi. Il GATT decideva di ridurre ad esempio le tariffe ma se un paese membro non vi aderiva, non si adeguava, il GATT comunque non aveva alcun potere giudiziario, non esiste all'interno di esso una sorta di tribunale che giudichi o sanzioni politiche commerciali scorrette rispetto a quanto ci si accorda.
Tutto questo non succede nel WTO.
Il GATT era una istituzione spuntata, con molti limiti, senza poteri, con molte aree senza giurisdizione ma per i suoi tempi, cioè 1950-1980 circa, era quello che ci voleva, perché ha consentito di fare passi avanti sul piano della liberalizzazione, senza ostacolare il raggiungimento di politiche nazionali diverse, tra paesi diversi, senza che fosse sacrificato sull'altare della globalizzazione l’interesse nazionale, senza che seguire le politiche del GATT volesse dire deviare dai propri obiettivi nazionali o non raggiungerli.
Quello del GATT è un liberalismo radicato (embedded liberalism), cioè è una forza di integrazione progressivamente sempre più sviluppata (sempre più aperti al liberismo) ma senza sacrificare il territorio, la nazione o le differenze tra nazioni, le specificità territoriali. Quindi esso è un liberalismo radicato che consente, secondo Rodrick, l’affermarsi anche di capitalismi anche molto diversi. Prima della grande crescita post guerra, tutto questo avviene in forme molto diverse e con l’affermarsi di grande varietà dei capitalismi: gli studiosi parlano di "variety of capitalism" ad esempio capitalismi con stato sociale più forte, capitalismi con migliore opportunità di mercato, capitalismi con programmazione ed economia mista.
Negli anni '60, '70 e '80 si affermano moltissimi modelli di capitalismi, (esempio: modello scandinavo (modello di grande presenza di stato sociale molto efficiente ma con forte tassazione sui beni di consumo, sui redditi, proprio per bisogno di soldi, per fare molte cose a livello di sanità pubblica, di infrastrutture ecc), anglo-americano (è un modello opposto perché più ampio ed è anche modello in cui, pur essendo paesi più ricchi, previdenza, sanità pubblica, istruzione ecc sono molto diversi dagli altri modelli), modello francese, modello tedesco eccetera.
Il GATT è stata una istituzione giusta, non ha piegato gli interessi e le scelte nazionali sull'altare della globalizzazione, ma in un certo senso è riuscito a rendere compatibile l'affermazione di capitalismi nazionali con una progressiva liberalizzazione. Questa, secondo Rodrick, è una globalizzazione intelligente. Continua a leggere:
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Dettagli appunto:
- Autore: Federica Palmigiano
- Università: Università degli Studi di Palermo
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Storia del pensiero politico e della politica economica internazionale
- Docente: Pier Francesco Asso
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