Modello dell'oscillazione fra la posizione schizoparanoide e quella depressiva
"La capacità dell'individuo di apprendere (dall'esperienza) dipende per tutta la vita dalla sua capacità di tollerare la posizione schizo-paranoide, la posizione depressiva, e l'interazione continua e dinamica tra di loro" --> Tutti noi oscilliamo tra la posizione Ps a quella depressiva.
Tale modello è dunque basato sulle posizioni kleiniane (schizoparanoide e depressiva), però Bion, al contrario della Klein, dice che non c'è una progressione stadiale (dato che si oscilla per tutta la vita tra posizione depressiva e schizoparanoide) e quindi non c'è neanche una posizione positiva (depressione per Klein perché più evoluta) e l'altra negativa (ps in cui c'è un scissione buono cattivo).
Bion ritiene che entrambe le posizioni siano fondamentali, in particolare nel costituirsi della funzione alfa, che consiste nella capacità di avere un contenitore per contenuti in che modo avviene ciò?
Bion concettualizza la PS, in cui ci troviamo di fronte alla disintegrazione, dovuta alla scissione, quindi ci troviamo di fronte a dati dispersi, scollegati, ad una sorta di disordine (esempio: inizio dello studio di una materia nuova). Nella posizione depressiva avviene invece l'integrazione di ciò che era scisso nella posizione PS, si ha quindi una prima analisi e poi infine la sintesi.
Le emozioni che caratterizzano la prima posizione sono la frustrazione, la persecuzione di ciò che ci troviamo davanti, la confusione e la mancanza di chiarezza. Poi grazie a un elemento unificante queste cose cominciano ad avere un senso, e quindi avviene l'integrazione, la quale è accompagnata da emozioni come sollievo e senso di illuminazione.
Quindi siamo passati da caos (posizione depressiva) a sintesi e illuminazione (posizione schizoparanoide), ma poi se ci si sofferma siamo di fronte ad un altro livello, di nuovo di fronte a dati scollegati e al caos, e, se si è ancora in grado di tollerare l'angoscia, si opera un'altra illuminazione di livello superiore. Quindi apprendere dall'esperienza comporta queste oscillazioni continue tra la posizione PS e quella depressiva.
Come avviene il passaggio da una posizione all'altra? Il passaggio da posizione schizoparanoide a posizione depressiva avviene tramite il fatto scelto, cioè un fattore ordinatore che agisce come congiunzione costante (cioè qualcosa che congiunge e che rimane costante), il quale crea nessi e significati fra fatti che prima erano slegati. Il termine congiunzione costante è stato mutuato da Jung, in cui vuol dire trovare un pattern per cui 2 oggetti/pensieri tendono ad essere pensati insieme (è ciò che lega 2 pensieri). A questo punto si arriva al fondamentale problema della conoscenza fittizia --> Bion dice che per apprendere dall'esperienza si deve tollerare l'angoscia (schizoparanoide), tuttavia se ci si trova nello stato di angoscia schizoparanoide, a volte si possono creare delle conoscenze fittizie --> cioè nel non tollerare l'angoscia e la frustrazione del non capire/non sapere, si può saturare il pensiero di fattori unificanti prematuri, cioè dei fatti scelti prematuri fittizi (esempio: ciò succede quando qualcuno ha studiato tantissimo e va all'esame molto sicuro, ma in realtà non ha capito nulla --> questo succede perché lo studente non riesce a tollerare la posizione schizoparanoide, cioè l'angoscia e la frustrazione del non capire, e quindi passa alla posizione depressiva, basata però su un fatto fittizio, un fattore apparentemente unificante, ma che in realtà non lo è). Lo stesso accade nella clinica --> secondo Bion il delirio e l'allucinazione sono una incapacità di tollerare l'angoscia (o perdita della funzione Alfa), una mancanza di un contenitore adatto per un pensiero, e quindi viene allucinato un oggetto a causa dell'intolleranza alla frustrazione (corrisponde al primo modello di Bion, in cui il bambino non tollera la frustrazione e quindi crea una falsa presenza --> la conoscenza fittizia è una falsa presenza --> sia la conoscenza fittizia sia la falsa presenza non sono correlate alla realtà). Bion fa l'esempio delle ideologie estremizzate, che sono un esempio di falsa conoscenza per l'intolleranza dell'angoscia e della frustrazione --> la falsa conoscenza mi rassicura circa la mia angoscia, però rimane comunque falsa.
In analisi: la realtà psichica è infinita, non è oggetto dei sensi, è inconscibile (come diceva Freud) --> partendo da questo presupposto, la realtà psichica può essere solo intuita, e non osservata. Assumere il vertice (cioè il punto di vista analitico) significa essere in grado di tollerare di non conoscere immediatamente o in modo scontato ciò che è sconosciuto, nuovo, non ancora evoluto ---> arriverà a dire che l'analista in ogni seduta deve operare senza memoria e senza desiderio, cioè nell'incontro con il paziente l'analista non si deve basare su ciò che già sa nè su ciò che vorrebbe, ma deve tollerare di non sapere. In questo modo l'analista capta e produce coerenza al punto di poter formulare un'interpretazione, cioè opera il tentativo di unificare una massa di fenomeni apparentemente dispersi e senza senso (non direttamente conoscibili) per mezzo di un'intuizione improvvisa e precipitante (Fatto scelto). Dunque qual è lo stato mentale dell'analista? Come si è detto prima deve evitare memoria (esempio: ricordi tenaci dell'ultima teoria letta) e desiderio (esempio: desiderio che finisca la seduta oppure il desiderio di capire) --> dunque l'analista deve avere la capacità, come diceva Freud, di "accecarsi artificiosamente..per raccogliere tutta la luce su di un punto oscuro…(con l'attenzione libera e fluttuante non ci si aggrappa a qualcosa, ma l'analista diventa cieco per vedere la luce al buio)". Il paziente poi deve essere considerato 'nuovo' ad ogni seduta, cioè si deve scoprire il paziente in ogni seduta. Quindi infine l'analista deve avere la capacità di tollerare la frustrazione del non capire, dei dubbi, e di evitare saturazioni troppo precoci del campo-conoscenze apriori usate difensivamente. Bion dice: "Che fa lo psicoanalista? Egli osserva una massa di 'elementi conosciuti da tempo ma'- finché non formula la sua interpretazione- sono 'frammentati e apparentemente estranei l'uno all'altro'. Se riesce a tollerare la posizione depressiva (cioè stare in posizione depressiva), può formulare l'interpretazione; l'interpretazione non è altro che uno fra 'gli unici fatti che meritano la sua attenzione', che secondo Poincaré, 'introduce l'ordine in questa complessità e quindi la rende accessibile'. Il paziente è aiutato in questo modo a trovare, grazie alla capacità dell'analista di selezionare, uno fra i fatti unificanti".
Possibile traduzione: L'analista deve essere paziente (tollerare la frustrazione del non conoscere) mentre osserva una massa di associazioni apparentemente casuali, caotiche. Allo stesso tempo però crede nell'esistenza della coerenza (ciò vuol dire credere nel fatto che ciò che dicono i pazienti ha un senso), e quindi attende l'emergere di un fatto selezionato (preconcezione dell'analista ma suggerita dalle associazioni del paziente) che crea un pattern-coerenza (così come si crea un contenitore grazie all'interazione madre-bambino, anche i contenitori che si creano in stanza d'analisi sono il risultato dell'interazione tra analista e paziente).
Qual è il fine dell'analisi? Secondo Bion non è la rimozione dei sintomi, ma la crescita psichica del paziente. Inoltre fa notare che il paziente può usare l'analisi:
• Per placare l'angoscia psicotica (un paziente psicotico può andare dall'analista perché così l'analista diventa la sua mente --> lui riesce a funzionare grazie alla presenza dell'analista, e ha nella sua mente il desiderio onnipotente di poter pensare grazie all'analista)
• Come rifugio nella patologia per imbrigliare le sue responsabilità (vantaggio secondario --> alcuni pazienti si rifugiano nella malattia e nel disagio per evitare di affrontare le proprie responsabilità)
• Per ricercare consigli e direttive ("mi dica lei cosa devo fare")
Focus sui pazienti psicotici: in Freud la psicosi corrisponde alla nevrosi narcisistica --> dice: "l'Io in quanto alleato della realtà, sopprime una parte dell'Es (la fonte degli istinti), laddove nella psicosi si pone al servizio dell'Es, ritirandosi da un settore della realtà" [narcisismo secondario]. Per la Klein invece gli psicotici utilizzano eccessivamente le difese delle posizioni schizoparanoide e depressiva (dato che non le avevano superate e quindi vi regredivano), in particolare la scissione e l'identificazione proiettiva. Bion considera l'identificazione proiettiva non solo come il liberarsi di qualcosa di aggressivo per controllare l'oggetto (come diceva la Klein), ma ne parla come di un modo di comunicare (ad esempio il bambino, tramite essa, evacua gli elementi beta nella mente della madre, la quale li elabora e li reintroietta come elementi Alfa) --> ne parla dunque come di una forma primitiva di comunicazione --> non è più una fantasia inconscia aggressiva per controllare l'oggetto, ma diventa un mezzo di comunicazione, in particolare il desiderio di liberarsi di parti di sé cattive, che possono distruggere il sé dall'interno, o parti buone che vanno protette, mettendole nell'altro. Caso clinico: "Un adolescente schizofrenico si opponeva in modo violento alla terapia- erano i suoi genitori e il terapeuta a 'forzarlo'. In realtà il paz avrebbe potuto resistere, e avrebbe potuto sabotare la terapia. Era però importante per il paz mantenere la fantasia che i suoi desideri di fare terapia e di stare meglio fossero localizzati negli altri significativi (genitori e terapeuta), in modo che potesse proteggere il desiderio dalle parti più distruttive legate alla propria distruzione" --> qui opera la scissione (oggetto buono: terapia nei genitori / oggetto cattivo: terapia dentro il paziente), ma anche l'identificazione proiettiva (la speranza di guarire viene proiettata nei genitori).
Altro caso clinico: "Un paziente ossessivo e psicotico spesso diceva che avrebbe voluto mettere il suo 'cervello malato' nel terapeuta, che poi avrebbe dovuto fare la somma di tutti numeri di targa che vedeva, che avrebbe avuto la sua paura di toccare ciò che non era suo, e avrebbe avuto persone che lo accusavano di voler rubare. Il paziente era chiaro nel spiegare che non si trattava semplicemente di liberarsi di qualcosa, ma era la fantasia di tormentare il terapeuta da dentro, controllarlo da dentro. Il suo 'cervello malato' avrebbe tormentato il terapeuta da dentro, allo stesso modo che il paz sentiva di essere tormentato attualmente." Nella visione Kleiniana il paziente vuole portare le sue parti cattive e ossessive nel terapeuta per controllarlo e tormentarlo da dentro, così come è tormentato lui. Nella visione bioniana invece il paziente vuole fare ciò per far sentire al terapeuta ciò che prova, per ottenere un aiuto. [questa non è proiezione perché nella proiezione si trasporta una parte di sè nell'altro perché così non è più associato a se stessi].
Le fantasie di questi pazienti si basano sull'idea primitiva che le emozioni, le idee sono oggetti concreti dotati di una vita propria. Questi oggetti sono sperimentati come collocati al proprio interno, ed è possibile che ci si può liberare ponendoli in una persona, liberando il sé dagli effetti del contenerli. Un paziente, spesso scuoteva la testa in modo violento nel tentativo di 'smuovere' una preoccupazione. L'identificazione proiettiva può arrivare anche a livello interazionale, cioè il recipiente agisce o sente qualcosa che è congruente alla fantasia proiettiva del paziente --> caso clinico: "Un paz di 12 anni ricoverato, abusato fisicamente e psicologicamente da bambino faceva e diceva quasi nulla, ma si faceva sentire nell'andare a urtare fisicamente le altre persone, incluso il terapeuta. Di solito sia i pazienti che il personale reagivano in modo rabbioso. Durante le ore di terapia (di gioco), il terapeuta sentiva come se non ci fosse dello spazio per lui nella stanza. Se stava in un certo posto, sembrava essere quello del paziente". --> il paziente così sta facendo provare al terapeuta ciò che lui ha provato dai genitori abusanti, e lo fa agendo, ma la fantasia alla base di quell'agito è di poter buttare dentro il terapeuta ciò che lui ha provato da bambino. Se il terapeuta sperimenta ciò che provava il paziente sta usando il controtransfert, cioè in questo caso sta esaminando il proprio vissuto con il paziente per capire ciò che sta passando nella sua mente.
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Dettagli appunto:
- Autore: Mariasole Genovesi
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Psicologia dinamica
- Docente: Angela Tagini
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