APPROFONDIMENTI
I Diritti fondamentali dell’uomo
1. Da dove deriva la mancanza di rispetto dei fondamentali diritti dell’essere umano?
La psicologia ha accertato che persone comuni, poste all’interno di un complesso sistema di forze sociali, possono essere indotte a compiere le peggiori malvagità a discapito del rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, tale opinione è avvalorata dall’esperimento di Zimbardo, Haney e Banks (Psicologia contemporanea, n. 189, 2005).
L’esperimento impiegò giovani volontari reclusi all’interno delle carceri e divisi in due gruppi: detenuti e guardie. L’indagine mostrò che gli individui volontari si identificarono eccessivamente nei ruoli che rivestivano in base alle indicazioni date dagli scienziati.
L’ambiente, in cui vissero per un po’ di tempo i volontari, era riprodotto fedelmente ad una prigione reale; i detenuti vennero spogliati dai propri abiti e dal proprio nome al fine di creare un clima di anonimato; le guardie cercavano di matenere l’ordine nei limiti dei vincoli pratici ed etici; i secondini indossavano un’identica divisa cachi ed erano muniti di fischietto e sfollagente, e furono dotati di occhiali a specchio per impedire qualisiasi contatto visivo con i detenuti; quest’ultimi furono denudati e disinfettati con uno spray e furono costretti a tenere un sacchetto in testa.
Durante l’esperimento si notò innanzitutto uno spirito corporativo tra coloro che assunsero i panni di “guardie” e addirittura la condotta di questi divenne oltremisura autoritaria, a tal punto che qualcuno pensando di non essere visto si rese colpevole di abusi di natura sessuale.
Secondariamente si è notato una perdita di identità personale da parte dei volontari - detenuti i quali si sentirono derisi e a disagio, difficilmente si affrancarono da quella situazione di sottomissione a cui si erano sottoposti.
Questo esperimento vuole mostrare il potere dei ruoli sociali sulle singole persone. Mentalmente tutti rimasero prigionieri, sia le guardie che i detenuti di ruoli; e le guardie in particolar modo si sentirono autorizzati, per il ruolo che ricoprivano, a compiere qualsiasi azione nei confronti dei detenuti lesiva dei diritti fondamentali dell’uomo.
Scoperto tale fenomeno, oggi le scienze umani e sociali (pedagogia, psicologia, sociologia ecc) si battono molto per affermare un’importante valore, già annunciato anche in passato, che si potrebbe riassumere in tale modo: non è la coercizione che educa omigliora le persone che hanno sbagliato nella società, anche il peggiore degli uomini ha diritto ad “essere” e dunque ad avere rispetto della propria dignità e della propria condizione di uomo.
2. Cenni sulle azioni di contrasto al terrorismo internazionale (USA, EUROPA); con particolare riguardo alla compressione dei diritti umani.
L’11 settembre 2001 e l’11 marzo 2003 sono date indimenticabili per tutto il mondo. Migliaia di vite disperse a causa di attentati terroristici presumibilmente di matrice islamica.
L’azione di contrasto da parte dei Paesi colpiti (USA e Spagna) non è stata univoca, anche se per entrambi gli Stati essa è stata determinata e al contempo limitativa dei diritti umani fondamentali “vista la situazione di emergenza in cui ci si trova attualmente”; quest’ultima è la giustificazione politica presentata dalla maggioranza degli Stati sensibili al problema “terrorismo”.
Fronteggiare il terrorismo è una sfida che tocca tutti: sia l’uomo della strada, il quale percepisce negativamente la fragilità dell’attuale sistema di sicurezza; sia le autorità ufficiali che combattono al fine di mantenere il delicato equilibrio tra norme repressive e norme che salvaguardano i diritti umani.
Parte della dottrina sottolinea come gli Stati Uniti, a differenza dei Paesi europei, abbiano risposto (e continueranno a rispondere) al fenomeno terroristico “unilateralmente”, scatenando azioni bellicose contro gli Stati che si presume siano sostenitori e finanziatori dei terroristi islamici.
In nome dell’ “amore per la propria patria”, gli Stati Uniti hanno bruscamente provocato conflitti internazionali, ritenuti polemicamente inutili, prima contro l’Afghanistan e poi in Iraq. Sul fronte interno, invece, hanno adottato una legge antiterrorista detta “Patriot Act” (Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism) e il Military Order (con cui vengono disciplinati la detenzione, il trattamento ed il giudizio dei terroristi internazionali).
Il Patriot Act, firmato dal Presidente Bush il 26 ottobre 2001 in tempi rapidissimi, è la legge che ha suscitato più scandalo e polemica. L’atto è diviso in dieci “sections”. Sono garantiti strumenti investigativi più incisivi ed efficaci soprattutto nella condivisione delle informazioni e nella possibilità di intercettare comunicazioni telefoniche e telematiche; si modifica la normativa sul riciclaggio del denaro sporco e la legislazione in materia di immigrazione, in modo da espellere i presunti terroristi e impedirne l’ingresso; si creano nuove fattispecie di reato e si aumentano le pene. L’insieme di tutti questi cambiamenti ha incrementato notevolmente il potere dell’esecutivo. L’assunto dell’amministrazione Bush era quello di limitare i confini delle libertà e dei diritti dei cittadini, in vista del conseguimento di più ampi margini di sicurezza nazionale e della popolazione. Ma una nazione come quella americana, fiera ed orgogliosa dei propri diritti, delle proprie libertà e delle proprie conquiste giuridiche, ha generato una critica seria e sferzante a tali misure. Non sono mancate infatti le opposizioni di larghi strati sociali e di associazioni di volontariato impegnate in attività di difesa dei diritti umani (vedasi Amnesty international, Human’s Right Watch).
Da un punto di vista politico, l’adozione del Patriot Act è stata difesa con il richiamo allo Stato di emergenza scatenatosi a seguito dell’attacco terroristico dell’11 settembre; da un punto di vista giuridico, invece, tale legge rappresenterebbe, per molti studiosi del diritto, la negazione del concetto di democrazia e di libertà definito ed elaborato proprio dalle filosofie politiche americane.
Parte della dottrina infatti ritiene che il Patriot Act implichi una serie di violazioni dei diritti umani: come la violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza, poiché basta un semplice sospetto per arrestare un presunto terrorista e detenerlo in custodia cautelare per un numero di giorni non proporzionato al reato commesso; il Governo può inoltre sorvegliare e spiare i cittadini americani in qualsiasi modo, anche monitorando gli accessi internet e la corrispondenza; i Tribunali giurisdizionali competenti a perseguire i presunti terroristi peccano di indipendenza e imparzialità, poiché sono Tribunali Militari; l’atto prevede espressamente che l’autorità pubblica possa esercitare qualsiasi forma di ingerenza nella vita dei cittadini sospetti, sicché se il diritto alla riservatezza e alla vita privata possano essere violati per superiori motivi di interesse pubblico.
Alcuni autori sottolineano che l’Europa ha reagito al fenomeno criminoso in modo più garantista dei diritti umani, politici e civili, probabilmente perchè non si è ancora scatenata una “fobia terroristica” equiparabile a quella americana. Sul piano internazionale anche i Paesi europei hanno preso parte alle guerre scatenate dagli Stati Uniti mediante però “interventi umanitari”- anche se l’opinione pubblica ha seri dubbi sulle finalità umanitarie “sbandierate” da tali Stati (Italia, Spagna, Gran Bretagna, Germania).
Non può essere negato però che in questi ultimi anni i Paesi europei abbiano affrontato la complessità del fenomeno terroristico evitando attacchi bellici internazionali unilaterali, contro un nemico invisibile o guerriglieri nascosti nel mondo occidentale ed arabo, sperimentando piuttosto nuove forme di cooperazione bilaterale, multilaterale e regionale in materia di sicurezza, scambi economici e culturali.
3. Diritti umani e diritto internazionale
La problematica dei diritti umani è stata sviluppata a livello internazionale dopo la seconda guerra mondiale, a seguito degli eventi drammatici dell’olocausto. Le convenzioni in materia sono molteplici, quella che è più vicina alla nostra era risale alla fondazione delle Nazioni Unite: la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (1948), in cui si mettono in risalto i diritti fondamentali individuali nonché quelli collettivi (ovvero dei popoli sottomessi).
Anche nella regione europea fu adottata in quegli anni (1950) dal Consiglio d’Europa la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sull’esempio di quella delle Nazioni Unite. Essa ha più valore giuridico rispetto la dichiarazione dell’ONU perché quella europea ha istituito una Corte giurisdizionale che tutela i diritti umani, sanzionando eventualmente gli Stati trasgressori.
Le organizzazioni non governative che si occupano di denunciare eventuali violazioni di diritti umani all’interno delle carceri sono principalmente Amnesty International e Human’s Rights Watch, in situazione di pace; la Croce Rossa invece controlla eventuali violazioni in tempo di guerra. Il Consiglio d’Europa veglia su tutta l’Europa dedicandosi alla sua missione essenziale, che consiste nel preservare e promuovere i diritti dell’uomo, la democrazia e lo Stato di diritto.
Sul sito del suddetto Consiglio, dell’ONU e sulla Rivista di Diritto Penale e Processo ( e tante altre riviste) si possono trovare tanti articoli in materia di diritti umani, sarebbe interessante creare tra gli appassionati di tali materie (diritto internazionale pricipalmente) un dibattito prolifero e uno sano scambio di idee.