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Il cinema tra documento e fiction. L'Italia del miracolo economico vista da Fellini: 1948-1963.

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2 PREFAZIONE Per quale motivo scegliere Federico Fellini per questa tesi? Perché si è scelto proprio lui per analizzare la cinematografia italiana in relazione ad un periodo storico che ha visto l'attivissima partecipazione di altri autori straordinari quali Rossellini, De Sica, Visconti, per non parlare di Cesare Zavattini che ha esercitato con i suoi scritti e le sceneggiature una grande influenza sul movimento neorealista? Per quale motivo scegliere un autore che, a differenza di tutti gli altri citati, ha fatto sempre cinema con la convinzione che esso fosse solo e sempre una meravigliosa finzione; un uomo che non ha mai creduto che il neorealismo fosse l'unica via, o la migliore, praticabile e che ha sempre rigettato la politica semplicemente perché la trovava noiosa? Da tutti questi particolari il personaggio Fellini appare agli antipodi di quello che necessiterebbe una ricerca che intende dimostrare la funzione della fiction come documento storico. I protagonisti delle vicende da lui narrate non vivono, infatti, cambiamenti epocali, non lottano per cambiare le cose, anzi subiscono la quotidianità con rassegnazione. Sono molto spesso degli emarginati, rifiuti della società che non hanno futuro e vivono con disperazione e passione animale l'esperienza della vita. La sua cinepresa si occupa quindi dell'Italia minore, della sua parte più nascosta che figura fugacemente nei libri di storia che si occupano, invece, della immensa trasformazione in atto nell'Italia del dopoguerra che sta diventando, con una rapidità insospettabile, una potenza industriale. Questo stravolgimento è un flusso inarrestabile che modifica tutto, prima di ogni altra cosa gli usi ed i costumi essenziali per la vita di questi personaggi che, trovatisi improvvisamente in una società che non solo non li considera, ma addirittura non li concepisce, scompaiono in silenzio dalla scena. Fellini li saluta uno ad uno con malcelata commozione, sapendo che essi sono gli ultimi esemplari della loro specie, comprendendo che rappresentano, pur con i loro immensi difetti, un residuo di tradizioni appartenenti, ormai, per intero alla storia del nostro paese. I suoi film degli anni cinquanta ci mostrano l'estinzione di questi "eroi" raffrontandoli alla realtà della nuova Italia che, uscita dal giogo fascista, riacquista vigore e entusiasmo. La trasfigurazione a cui questi personaggi sono sottoposti dalla poetica felliniana, li mistifica ai nostri occhi, ma non li rende meno veri, meno reali. Essi si muovono nel contesto dell'Italia rurale e delle periferie che viene saccheggiata dai profittatori collusi con il potere politico e repressa da uno stato che non si presenta mai tale, se non per punire episodici gesti di follia. Se dunque le vicende di Cabiria, Gelsomina, Zampanò ecc. sono al centro della immagine cinematografica, lo scenario entro cui si muovono è proprio la storia d'Italia, le tappe del suo processo di evoluzione. In tal senso il cinema di Fellini, e il cinema in generale, diventa documento storico. La significatività delle opere felliniane in questo contesto è aumentata inoltre dalla sensibilità, tipica di ogni grande artista e peculiare in Fellini, e dall'intuizione che il cineasta romagnolo ha mostrato nel comprendere con largo anticipo i mali e le inquietudini della società italiana mentre si stava avviando a vivere il miracolo economico. Non è un caso, ritengo, che in corrispondenza di un frangente particolare quale è stato il boom economico esca nelle sale La dolce vita che mette sotto processo non solo il momento storico che si stava vivendo e l'euforia conseguente, ma anche i valori su cui si fondava che influenzeranno, poi, tutti gli anni sessanta. Infine Fellini si differenzia dagli altri autori per la sua atipicità. Abbiamo già detto, infatti, del suo rapporto con la politica. Ma non è solo questo che lo caratterizza. Fellini non sposa mai completamente una posizione ideologica o filosofica. Lui utilizza tutto quello che è presente nella società e lo affastella nelle sue opere cinematografiche. Non si pone in posizione critica verso qualcosa o qualcuno; la macchina di presa si limita ad indugiare sugli uomini e sulle idee e lascia che essi evidenzino con il loro pratico operare pregi e difetti delle loro convinzioni.

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