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Shakespeare e la musica: la funzione drammatica delle canzoni, dei brani strumentali e delle allusioni musicali in 'Twelfth Night'

In epoca elisabettiana la musica ha una larga diffusione sia tra i membri dell’aristocrazia che tra le classi più povere. Se gli abbondanti episodi musicali nel teatro dell’epoca rispecchiano un fenomeno culturale, è anche vero che il drammaturgo elisabettiano ne fa uso per vari scopi drammatici e Shakespeare in particolare se ne servì con grande abilità. Il primo capitolo considera questi aspetti e affronta il problema della natura e delle funzioni di canzoni, musica strumentale e allusioni nella vasta produzione drammatica shakespeareana, senza dimenticare un accenno all’educazione musicale del drammaturgo e ai fattori esterni che possono avere influito sulle sue scelte musicali.
Il secondo capitolo prende in esame ogni singolo episodio vocale e strumentale, nonché le allusioni musicali, di "Twelfth Night", una delle commedie più interessanti per l’impiego del supporto musicale.
Se la courtly music della prima scena e della II.4, identifica l’ambiente della corte del duca Orsino, cori da taverna e ballate popolari creano l’atmosfera di baldoria nella famosa drinking scene, forse la scena più ricca di episodi musicali rintracciabile in tutta la produzione drammatica shakespeareana. Ma la musica in "Twelfth Night" viene spesso impiegata anche per caratterizzare i personaggi: il linguaggio artificioso e la malinconia amorosa di Orsino vengono presentati e stimolati dalla lamentosa musica strumentale che apre la commedia; la più spontanea malinconia di Feste viene espressa attraverso le sue canzoni; lo stato di ubriachezza di Sir Tobia nella drinking scene diventa evidente quando il personaggio alterna frasi sconclusionate con frammenti di ballate popolari, in un crescendo che si concluderà con la teatrale entrata in scena di Malvolio.
La scena II.4 è stata oggetto di discussione da parte di molti studiosi, che vi hanno individuato le tracce di una possibile revisione del testo in cui la canzone, originariamente cantata da Viola, sarebbe stata assegnata in un secondo momento a Feste: alcuni hanno supposto la mancanza di un boy singer che interpretasse Viola in occasione di un revival della commedia; altri hanno pensato che Shakespeare avrebbe deciso in un secondo momento di riservare tutti gli episodi vocali di rilievo a Feste per assecondare il successo del buffone cantante Robert Armin. Ma è altrettanto plausibile che il drammaturgo abbia alterato la scena per ragioni strettamente drammatiche piuttosto che per motivi esterni alla commedia.
Nella scena IV.2, dopo che Feste, travestito da Sir Topas, ha tormentato l’imprigionato Malvolio, il clown si presenta al maggiordomo nei suoi panni e si identifica attraverso una canzonetta, si gusta la sua vendetta personale, fino a che non si congeda intonando dei versi burleschi.
La canzone di epilogo è stata considerata in passato un episodio estraneo alla commedia, ma un’attenta analisi rivela non solo la possibilità che sia stata voluta da Shakespeare, ma anche che rappresenti un’importante chiave interpretativa di tutta l’opera.
Sono state prese in considerazione anche le poche ma interessanti allusioni e metafore musicali: la citazione di ballate da taverna da parte di Malvolio in calze gialle e giarrettiere incrociate sorprendono Olivia e divertono lo spettatore; i riferimenti alla danza di Sir Tobia e Sir Andrea celano doppi sensi e forse un intento ironico del drammaturgo; il fatto che Tobia sostenga che Sir Andrea sia in grado di suonare la viola da gamba non è necessariamente un complimento; interessante è l’unica allusione alla musica delle sfere.
Infine, la prima appendice tratta della possibilità che il famoso musicista e compositore Thomas Morley abbia collaborato con Shakespeare per la composizione di ‘O mistress mine’ (II.3.37-50), mentre la seconda riguarda il materiale strettamente musicale legato a "Twelfth Night": la scarsa documentazione sulle melodie impiegate, le ipotesi degli studiosi, le versioni tramandate dalla tradizione teatrale.

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3 Introduzione Tra i molti aspetti del teatro shakespeareano, quello della musica è stato preso in considerazione da un gran numero di studiosi. Del resto, l’abbondanza di canzoni, brani strumentali, danze, oltre che di allusioni e metafore non può passare inosservata. Il fatto che anche in molte opere di contemporanei si riscontri una presenza massiccia di episodi vocali o strumentali, conseguenza dell’enorme popolarità di cui godeva la disciplina, non sminuisce l’importanza dell’elemento musicale in Shakespeare. Al contrario, se il periodo elisabettiano è noto per l’importanza che si conferiva alla musica – tanto che per accontentare le richieste del pubblico, i drammaturghi inserivano, anche a sproposito, ballate, gighe e cori – un abile scrittore per teatro come Shakespeare poteva disporre di un potente strumento drammatico: servendosi della vasta gamma di generi musicali codificati, e contando sulla cultura musicale del pubblico medio elisabettiano, Shakespeare poteva comunicare emozioni, chiarire i rapporti fra i personaggi, o mettere in risalto altri aspetti del dramma, evitando così pesanti spiegazioni verbali. In alcuni casi il drammaturgo ricorre ad esempi talmente noti, che bastava accennarli per risvegliare tra gli spettatori una serie di associazioni ed implicazioni, che possono invece sfuggire al lettore moderno. D’altra parte, anche la minima variazione di un testo molto celebre, diventava significativa e pregnante per il (musicalmente) competente pubblico dell’epoca. Infine, allusioni e metafore associate a strumenti o addirittura a concetti filosofici legati alla musica, erano facilmente comprensibili, in un periodo in cui questa arte veniva praticata con entusiasmo da esponenti di tutte le classi. Il primo capitolo di questa tesi descrive in breve l’importanza della musica nel mondo e nel teatro elisabettiano, per poi trattare più approfonditamente dei vari aspetti che legano la musica a Shakespeare e alla sua opera teatrale. Se è vero che molto si è scritto sull’argomento, è altrettanto vero che ben poco ci è rimasto della musica originale impiegata per le prime rappresentazioni delle opere drammatiche shakespeareane.

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