Dentro, fuori e tutto il resto. Riflessioni dello spazio interstiziale.
La presente ricerca sviluppa una riflessione sul ruolo che le categorie del “dentro” e del “fuori” svolgono all'interno della società, della filosofia e dell'arte.
Le due categorie sono portatrici di significati mutevoli e, a partire dai nuclei familiari fino alle collettività politicamente organizzate, esse determinano una serie di situazioni di inclusione ed esclusione che influenzano lo sviluppo dell'individuo.
Affrontando la questione da un punto di vista ontologico, il sistema filosofico delineato da Gottfried Wilhelm von Leibniz, come riletto dal filosofo francese Gilles Deleuze, attribuisce ai due concetti una condizione di netta distinzione. Egli concepisce un universo in cui tutto risulta infinitamente ripiegato e suddiviso in pieghe della materia e pieghe dell'anima. Queste due categorie sono distinte ma inseparabili e si strutturano su due diversi piani appartenenti a un solo e stesso mondo: un piano in basso, aperto, e uno in alto, chiuso, e rivestito internamente da pieghe. Leibniz attribuisce a questo piano il nome di “monade”. Questo elemento fondamentale si presenta come una stanza che non comunica mai con l'esterno, priva di qualsiasi apertura: è un puro interno totalmente rivestito da pieghe. In ciascuna monade viene incluso l'intero mondo, lo stesso mondo, ma esse si differenziano le une dalle altre a seconda del proprio specifico punto di vista, della zona rischiarata in esse, che mette a fuoco più nitidamente una certa porzione del mondo.
La distinzione in due piani appartenenti, però, ad un solo e stesso mondo, la possibile compresenza di un interno sempre interno e un esterno sempre esterno e la molteplicità dei punti di vista sono caratteristiche peculiari dell'epoca e dell'arte Barocca nelle sue manifestazioni pittoriche, architettoniche e scultoree.
Gli artisti contemporanei, inoltre, hanno prodotto ulteriori riflessioni sul reciproco articolarsi di queste categorie e hanno instaurato un particolare rapporto tra l'interno dell'opera e lo spazio espositivo, e tra quest'ultimo e lo spettatore.
Tutte queste suggestioni hanno portato allo sviluppo del lavoro di tesi intitolato “Spiegami”. L'opera consiste in un elemento della grandezza di 4mm, da osservarsi attraverso un microscopio, e illuminato da una luce a ultravioletti. La strumentazione scientifica
costituisce parte integrante dell'installazione. L'elemento da osservare, riproduce la tela diversificata da pieghe che riveste le pareti della monade descritta da Leibniz: se a occhio nudo è possibile scorgere solo intuitivamente la sua struttura, ad uno sguardo approfondito si disvela il suo articolarsi in una successione di pieghe di diverse dimensioni che si sviluppano le une dalle altre, mentre la luce ultravioletta mette in evidenza le sue zone rischiarate. Queste infinite pieghe determinano un rapporto tra il dentro e il fuori in continua evoluzione.
Come sottolinea Gilles Deleuze, ogni piega si risolve sempre in ulteriori pieghe, lo spiegare, cui allude il titolo, porta a distendere una piega per approdare ad un'altra; è una richiesta di attenzione che si compie nel gesto di chinarsi verso il microscopio e indirizzare lo sguardo verso un'osservazione più approfondita.
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Informazioni tesi
Autore: | Valeria Manfredda |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Accademia di Belle Arti |
Facoltà: | Scultura |
Corso: | Diploma di primo livello in Scultura |
Relatore: | Cristina Muccioli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 117 |
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