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Tra percezione e realtà: l’immigrazione e il problematico rapporto con la criminalità

Al giorno d’oggi il pubblico italiano è sottoposto a frequenti immagini veicolate dai mezzi di comunicazione di massa che, attraverso parole sprezzanti e provocatorie, creano l’immagine stereotipata dell’immigrato criminale. Infatti, ciò che nel senso comune viene percepito è un legame tra l’alta percentuale di crimini commessi in Italia e il crescente numero di migranti che arrivano nel nostro paese e ciò crea un sentimento di ostilità e paura nei confronti dello straniero. Ma quanto c’è di vero nell’affermare l’esistenza di tale nesso? I crimini commessi dagli stranieri sono davvero quantitativamente e qualitativamente differenti da quelli degli autoctoni? Esiste una propensione a delinquere che caratterizzi la persona dell’immigrato? È a queste domande che il lavoro di tesi svolto mira a dare una risposta e per farlo, si è analizzato il fenomeno attraverso l’approccio sociologico, psicologico e criminologico, che hanno fornito un quadro conoscitivo atto ad evidenziare che il binomio tra immigrazione e criminalità è privo di fondatezza. Si è poi cercato un riscontro pratico di quanto affermato, trovandolo nello studio di alcuni articoli di giornale e titoli dei principali servizi di cronaca nera trasmessi in televisione da cui è emerso quanto sia ampio il divario tra realtà e percezione del fenomeno preso in esame.
Ulteriore conferma si è ottenuta attraverso un’intervista condotta ad una volontaria dell’associazione ONLUS VIC di Roma operante nella Casa Circondariale di Roma Rebibbia sezione femminile. Difatti, al fine di ottenere un feedback di quanto argomentato precedentemente in via teorica, è stato scelto di restringere il campo d’indagine, focalizzandosi su una tipologia di stranieri detenuti: le donne. Esse sono condannate dalle tautologie sociali di cui si nutre il senso comune, sentenze dotate di assoluta veridicità secondo i membri dell’ingroup e che, in ultima analisi, vengono estese all’intera popolazione migratoria presente in Italia.
Dunque, è possibile concludere che gli stranieri devono convivere con lo stereotipo che li collega alla delinquenza sulla base di idee preconcette e disinformazione, così come devono convivere con una serie di mancanze che possono rendere difficoltoso l’affrontare una nuova vita in un ambiente sconosciuto, insidioso e ostile. Mancanze che possono portare a delinquere, ma questa è solo una possibilità, non una certezza.

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3 Introduzione Il presente elaborato è finalizzato ad analizzare le modalità con cui si è formato, nel tempo, il comune sentire circa l’esistenza di un legame tra i flussi migratori e i reati commessi in Italia, paese in cui si osserva oggi un clima di crescente preoccupazione sulla presenza della popolazione straniera, percepita come una minaccia all’ordine pubblico. L’ostilità sociale nei confronti dello straniero, ha creato i presupposti per la realizzazione del binomio tra immigrazione e criminalità. La tesi ha messo al centro della propria analisi lo stereotipo dell’immigrato criminale e ha analizzato gli effetti che esso provoca. In particolar modo, è stata analizzata la relazione tra percezione e realtà, un nesso – com’è noto – alquanto problematico quando si parla di immigrazione. L’elaborato si articola in tre capitoli al fine di comprendere le molteplici caratteristiche e dimensioni del fenomeno in questione. Il primo capitolo è volto a spiegare il comportamento deviante degli immigrati da un punto di vista sociologico. A tal fine, viene analizzata la concezione dello straniero secondo Bauman, per il quale è visibile una sorta di timore nascente dall’impossibilità di gestire e rapportarsi con l’ignoto e l’incontrollabilità che caratterizza la persona migrante. Si fa cenno altresì al punto di vista di Schütz, secondo cui l’immigrato viene a trovarsi in una situazione permeata di disagio derivante dall’inattuabilità di far propri i nuovi modelli culturali con cui viene in contatto e, di conseguenza, sarà sempre visto come una sorta di ibrido da parte del gruppo sociale dominante. Si prosegue con la visione dello straniero proposta da Simmel, come contemporaneamente interno ed esterno al gruppo, vicino e lontano, confidente e potenziale nemico, una condizione che rende possibile una convivenza basata sulla tolleranza, seppur contaminata dal pregiudizio. Tale frame sociologico trova una conclusione con l’esposizione delle principali teorie sul comportamento deviante degli immigrati; la prima è denominata del conflitto di culture, la seconda della tensione e della privazione relativa, seguita poi dalla teoria del controllo sociale e da ultimo quella dell’etichettamento. Successivamente, si sono messi in rassegna i principali approcci psicologici nel trattare della devianza dell’immigrato e del difficoltoso rapporto che quest’ultimo instaura con l’autoctono. A tale scopo, partendo dalla teoria proposta da Freud atta a fornire una spiegazione su come si sia sviluppato il timore nei confronti del diverso, di colui che proviene dall’ignoto, che suscita curiosità ma al

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Parole chiave

mass-media
immigrazione
reati
percezione
criminalità
realtà
detenzione femminile
immigrato criminale
detenzione straniera
linguaggio tendenzioso

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