Crescita sostenibile e business inclusivo, modelli per lo sviluppo delle economie e delle comunità: tre casi di studio in Kenya
Gli ultimi decenni sono stati segnati da profondi cambiamenti nello scenario internazionale, a partire dall’emergere di nuove potenze economiche, fino alla crescente consapevolezza dell’insostenibilità del modello di crescita continua finora approntato. Quest’ultima sfida si è rivelata di particolare importanza dopo che sono apparsi evidenti gli effetti distruttivi del cambiamento climatico e la necessità di appianare le disuguaglianze tra chi vive nei paesi sviluppati e chi vive in quelli in via di sviluppo e anche all’interno di questi ultimi.
La visione di uno sviluppo sostenibile non è riconducibile solo ad una dimensione, quella ambientale, è multidimensionale come ha fatto presente l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nell’Agenda 2030. Si tratta di un processo molto ampio, che coinvolge i governi, le agenzie internazionali, le imprese multinazionali, le comunità locali e le organizzazioni non governative, in una nuova visione dello sviluppo e della cooperazione internazionale, in cui a partecipare sono una nuova combinazione di attori.
La necessità è quella di superare la concezione della classica politica di aiuto, la tendenza è la ricerca di nuove strategie in ottemperanza agli obiettivi delineati a livello mondiale e nelle grandi conferenze, come quella di Addis Abeba e quella di Parigi, attraverso un’azione comune e grazie all’ingresso di nuovi partner e strumenti finanziari.
Il 25 settembre 2015 con la Risoluzione 70/1 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha definito i nuovi Sustainable Development Goals da realizzare entro il 2030, 17 obiettivi principali che contengono 169 sotto-obiettivi, per “trasformare il nostro mondo”.
I nuovi obiettivi si muovono su tre dimensioni: dimensione economica, sociale e ambientale, in una visione sistemica dalla quale lo sviluppo non può prescindere.
Questi obiettivi sono stati definiti come “interconnessi e indivisibili; sono di natura globale e universalmente applicabili, tenendo conto delle diverse realtà nazionali, delle capacità e dei livelli di sviluppo”, riguardano quindi tutti noi.
Nell’ambito dell’Agenda 2030, il cui primo obiettivo, come per i Millennium Development Goals, è l’eliminazione della povertà, gli Stati sono invitati ad affrontare le sfide in maniera collaborativa, puntando su cinque principi di fondo, le cinque “P”: Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership, in virtù di un miglioramento integrato a livello economico, sociale, ambientale e di governance dello sviluppo.
Di pari passo si è acceso l’interesse verso la cosiddetta “base della piramide” e il business inclusivo, che opera attraverso un approccio multilivello coinvolgendo completamente le comunità locali e il loro modus vivendi, influendo positivamente sia nella riduzione della povertà, intesa nella accezione multidimensionale, che nella crescita della comunità stessa.
L’importante ruolo del settore privato è ormai consolidato, con la diminuzione degli Aiuti Pubblici allo Sviluppo dell’ultimo decennio e l’incremento di progetti e opere finanziate da imprese private. Questo cambiamento è fondamentale per il nuovo approccio che si sta delineando, poiché può essere considerato trasversale per tutti i settori, dall’agricoltura, alla salute, all’educazione, al credito.
Anche per questo l’accresciuta funzione del settore privato è stata messa in risalto sia nella legge di riforma della cooperazione internazionale in Italia che nella Terza Conferenza Internazionale di Addis Abeba sul finanziamento allo sviluppo, che prevede una partnership globalizzata in funzione degli obiettivi dell’Agenda internazionale.
Nel 2011 Michael E. Porter e Mark R. Kramer in un articolo della Harvard Business Review riconobbero la pressante necessità per le aziende di andare oltre il profitto economico, aprendo la propria realtà a obiettivi di natura sociale, in maniera intrinseca, attraverso un approccio che migliori la produttività aziendale tramite molteplici aspetti.
Questa teoria, Creating Shared Value, basata sulla creazione del valore condiviso e nata prendendo ispirazione dal lavoro dell’economista C.K. Prahalad, è diventata oggi uno dei capisaldi delle strategie aziendali. Sviluppatasi in contemporanea con gli studi di Hart e London, vedremo come tutti loro hanno contribuito a costruire il concetto di business inclusivo e come andrà a delinearsi in futuro.
La direzione è quella di una cooperazione tra il settore pubblico e quello privato, da mettere in atto attraverso ambienti economici favorevoli, burocrazia più leggera, dialogo costante e innovazione continua, tenendo sempre a mente che i veri obiettivi sono molto più grandi di quelli nazionali o aziendali.
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Informazioni tesi
Autore: | Silvia Simonetti |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2017-18 |
Università: | Università per stranieri di Perugia |
Facoltà: | Scienze Sociali |
Corso: | Relazioni internazionali e cooperazione allo sviluppo |
Relatore: | Federica Guazzini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 110 |
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