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Introduzione
Gli ultimi decenni sono stati segnati da profondi cambiamenti nello scenario
internazionale, a partire dall’emergere di nuove potenze economiche, fino alla
crescente consapevolezza dell’insostenibilità del modello di crescita continua finora
approntato. Quest’ultima sfida si è rivelata di particolare importanza dopo che sono
apparsi evidenti gli effetti distruttivi del cambiamento climatico e la necessità di
appianare le disuguaglianze tra chi vive nei paesi sviluppati e chi vive in quelli in
via di sviluppo e anche all’interno di questi ultimi.
La visione di uno sviluppo sostenibile non è riconducibile solo ad una dimensione,
quella ambientale, è multidimensionale come ha fatto presente l’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite nell’Agenda 2030. Si tratta di un processo molto
ampio, che coinvolge i governi, le agenzie internazionali, le imprese multinazionali,
le comunità locali e le organizzazioni non governative, in una nuova visione dello
sviluppo e della cooperazione internazionale, in cui a partecipare sono una nuova
combinazione di attori.
La necessità è quella di superare la concezione della classica politica di aiuto, la
tendenza è la ricerca di nuove strategie in ottemperanza agli obiettivi delineati a
livello mondiale e nelle grandi conferenze, come quella di Addis Abeba e quella di
Parigi, attraverso un’azione comune e grazie all’ingresso di nuovi partner e
strumenti finanziari.
Il 25 settembre 2015 con la Risoluzione 70/1 l’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite ha definito i nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS/SDGs, Sustainable
Development Goals) da realizzare entro il 2030, 17 obiettivi principali che
contengono 169 sotto-obiettivi, per “trasformare il nostro mondo”
2
:
1. Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo
2. Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la
nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile
3. Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età
4. Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di
apprendimento per tutti
2
Organizzazione delle Nazioni Unite, A/RES/70/1 Trasformare il nostro mondo: l’Agenda
2030 per lo Sviluppo Sostenibile, 2015.
6
5. Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le
ragazze
6. Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle
strutture igienico-sanitarie
7. Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili,
sostenibili e moderni
8. Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile,
un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti
9. Costruire un'infrastruttura resiliente e promuovere l'innovazione ed una
industrializzazione equa, responsabile e sostenibile
10. Ridurre l'ineguaglianza all'interno di e fra le nazioni
11. Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e
sostenibili
12. Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo
13. Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico
14. Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse
marine per uno sviluppo sostenibile
15. Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema
terrestre
16. Promuovere società pacifiche e inclusive per uno sviluppo sostenibile
17. Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo
sviluppo sostenibile.
I nuovi obiettivi si muovono su tre dimensioni: dimensione economica, sociale e
ambientale, in una visione sistemica dalla quale lo sviluppo non può prescindere.
Questi obiettivi sono stati definiti come “interconnessi e indivisibili; sono di natura
globale e universalmente applicabili, tenendo conto delle diverse realtà nazionali,
delle capacità e dei livelli di sviluppo”
3
, riguardano quindi tutti noi.
Nell’ambito dell’Agenda 2030, il cui primo obiettivo, come per i Millennium
Development Goals, è l’eliminazione della povertà, gli Stati sono invitati ad
affrontare le sfide in maniera collaborativa, puntando su cinque principi di fondo,
le cinque “P”: Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership, in virtù di un
3
Ibidem.
7
miglioramento integrato a livello economico, sociale, ambientale e di governance
dello sviluppo.
Di particolare interesse per questo lavoro sono:
• SDG 8 Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e
sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per
tutti
• SDG 10 Ridurre l'ineguaglianza all'interno di e fra le nazioni
• SDG 12 Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo.
Di pari passo si è acceso l’interesse verso la cosiddetta “base della piramide” e il
business inclusivo, che opera attraverso un approccio multilivello coinvolgendo
completamente le comunità locali e il loro modus vivendi, influendo positivamente
sia nella riduzione della povertà, intesa nella accezione multidimensionale, che
nella crescita della comunità stessa.
L’importante ruolo del settore privato è ormai consolidato, con la diminuzione degli
Aiuti Pubblici allo Sviluppo dell’ultimo decennio e l’incremento di progetti e opere
finanziate da imprese private. Questo cambiamento è fondamentale per il nuovo
approccio che si sta delineando, poiché può essere considerato trasversale per tutti
i settori, dall’agricoltura, alla salute, all’educazione, al credito.
Anche per questo l’accresciuta funzione del settore privato è stata messa in risalto
sia nella legge di riforma della cooperazione internazionale
4
in Italia che nella Terza
Conferenza Internazionale di Addis Abeba sul finanziamento allo sviluppo, che
prevede una partnership globalizzata in funzione degli obiettivi dell’Agenda 2030.
Sono stati previste più di cento misure che comprendono fonti di finanziamento e
cooperazione internazionale su una serie di temi, quali ad esempio tecnologia,
scienza, innovazione, sviluppo della conoscenza, al fine di raggiungere una
prosperità economica universale inclusiva e un miglioramento del benessere della
popolazione nel pieno rispetto dell'ambiente.
4
Legge n. 125 dell’11 agosto 2014, “Disciplina generale sulla cooperazione internazionale
per lo sviluppo”.
8
Nel 2011 Michael E. Porter e Mark R. Kramer in un articolo della Harvard Business
Review
5
riconobbero la pressante necessità per le aziende di andare oltre il profitto
economico, aprendo la propria realtà a obiettivi di natura sociale, in maniera
intrinseca, attraverso un approccio che migliori la produttività aziendale tramite
molteplici aspetti.
Questa teoria, Creating Shared Value, basata sulla creazione del valore condiviso
e nata prendendo ispirazione dal lavoro dell’economista C.K. Prahalad, è diventata
oggi uno dei capisaldi delle strategie aziendali. Sviluppatasi in contemporanea con
gli studi di Hart e London, vedremo come tutti loro hanno contribuito a costruire il
concetto di business inclusivo e come andrà a delinearsi in futuro.
La direzione è quella di una cooperazione tra il settore pubblico e quello privato,
da mettere in atto attraverso ambienti economici favorevoli, burocrazia più
leggera, dialogo costante e innovazione continua, tenendo sempre a mente che i
veri obiettivi sono molto più grandi di quelli nazionali o aziendali.
5
Michael E. Porter, Marc R. Kramer, Creating Shared Value, How to reinvent capitalism
and unleash a wave of innovation and growth, “Harvard Business Review”, 89 (1-2):62-
77, January 2011.
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1. La base della piramide
1.1. La povertà multidimensionale
In base agli ultimi dati riportati dallo United Nations Development Programme, si
calcola che al mondo ci siano 1 miliardo e 334 milioni di poveri assoluti
6
. Si tratta
di un dato in continua discesa, ma pur sempre molto elevato.
Ma cosa si intende con il termine povertà assoluta?
Nel 2018 la Banca Mondiale ha quantificato la condizione di povertà assoluta quella
di chi vive con meno di 1,90 dollari statunitensi al giorno. Tuttavia quello
economico non poteva essere l’unico indicatore da prendere in esame, così, per la
prima volta all’interno del Rapporto sullo Sviluppo Umano 2010 (Human
Development Report), la povertà è stata descritta attraverso una serie di variabili
non economiche, che compongono l’Indice di Povertà Multidimensionale
(Multidimensional Poverty Index – MPI), che rappresenta la situazione attraverso
una serie di deprivazioni nei tre ambiti fondamentali della vita domestica: salute,
educazione e standard di vita.
Ogni deprivazione ha un peso percentuale specifico e, per essere ricondotti nella
categoria dei poveri multidimensionali, occorre incorrere in almeno un terzo di
esse.
La salute è misurata attraverso due indicatori: nutrizione (se all’interno della
propria casa un adulto sotto i 70 anni o un bambino è denutrito, c’è una privazione)
e mortalità infantile (se è deceduto un bambino negli ultimi 5 anni precedenti al
sondaggio). Per quanto riguarda l’educazione si considerano gli anni di scuola
conclusi (che devono essere almeno 6) e la frequenza scolastica.
Gli indicatori che raccontano lo standard di vita riguardano la mancanza di accesso
ai servizi essenziali per la quotidianità: la disponibilità di certi tipi di combustibile
per la cucina, il miglioramento o meno dei servizi igienico-sanitari a disposizione e
l’eventuale loro condivisione con altre famiglie, la disponibilità di acqua potabile, di
corrente elettrica, le caratteristiche dell’abitazione e loro adeguatezza, gli asset
6
Fonte: The 2018 Global Multidimensional Poverty Index (MPI) – UNDP,
http://www.hdr.undp.org/en/2018-MPI (01/02/2019).
10
aggiuntivi a disposizione (radio, televisore, telefono, frigorifero, mezzi di
trasporto).
Questo tipo di indagini riescono a fornire un’immagine più reale di come influisce
la povertà nella vita quotidiana, considerando sia i poveri, che i gravemente poveri,
che chi si trova in una situazione di vulnerabilità ed è molto vicino a diventare
povero. Come possiamo vedere nella figura 2, i poveri sono concentrati in Africa,
Sud Asia e in America latina, con indici di povertà differenziata. Queste persone
costituiscono quella che viene definita “base della piramide” (BoP).
Figura 1 Distribuzione dell'Indice di povertà multidimensionale nel mondo nel 2019
(Fonte: http://www.deagostinigeografia.it)
1.2. La base della piramide
Il termine “base della piramide” deriva dal primo articolo pubblicato da C.K.
Prahalad
7
nel 2002 sulla suddivisione socioeconomica della popolazione globale,
alla cui base si trova lo strato più ampio e più povero della popolazione, fino a quel
momento mai considerato davvero come opportunità di crescita.
7
C.K. Prahalad, Stuart L. Hart, The Fortune at the Bottom of the Pyramid,
Strategy+Business, 26, 2002.