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Veg-Economy. Fondamenti, realtà e prospettive dell'impresa "senza crudeltà"

In seguito ad una rassegna sulle posizioni filosofiche principali circa il rapporto tra gli esseri umani e gli animali, espongo i risultati di un'indagine di mercato riguardante il mercato dei vegetariani e dei vegani in Italia, concentrata su casi aziendali di particolare interesse. Al termine, espongo quali sono le direzioni verso le quali i consumatori consapevoli delle problematiche morali connesse all'alimentazione stanno presumibilmente dirigendosi.

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Introduzione L’economia ‘senza crudeltà’ (più conosciuta come cruelty-free) raggruppa un insieme di attività economiche sostenute da consumatori e imprese (alimentari, cosmetiche, di abbigliamento, di accessori, ecc.) che propongono un peculiare approccio alla produzione e al consumo: i prodotti compravenduti non contengono ingredienti ricavati dall’uccisione o dallo sfruttamento degli animali (pelle, carne, latte, uova, lana, seta, ossa, sangue, altri sottoprodotti), non subiscono procedimenti che implicano l’utilizzo di sostanze generate da animali (come può accadere ad alcune sostanze alcoliche), non sono commercializzati previa sperimentazione su animali (è il caso di cosmetici, detersivi, vernici, ecc.). La motivazione che sta alla base di scelte simili è principalmente etica: gli animali hanno una dignità, proveniente dal loro essere senzienti, cioè consapevoli del piacere e del dolore al pari degli esseri umani, pertanto, come questi ultimi, non possono essere uccisi, sfruttati o anche solo costretti a un’esistenza innaturale per dei fini altrui. Le persone che modellano la propria vita sulla base di questa convinzione sono chiamate vegetaliane o, più comunemente, vegane (dall’inglese vegan, contrazione di vegetarian) e si rifiutano di acquistare prodotti con caratteristiche differenti da quelle suesposte per non alimentare l’industria dello sfruttamento animale. La maggior parte dei lacto-ovo- vegetariani condivide questi principi, ma si limita ad un rifiuto parziale dei prodotti derivati da animali, talvolta perché non ritiene necessariamente sbagliato uno “sfruttamento umano” che non implichi l’uccisione, più spesso per ragioni di comodità. Essi, pertanto, non sostengono le sole aziende cruelty-free: ciononostante, il fatto che i vegetariani siano molto più numerosi e conosciuti dei vegani li rende ugualmente protagonisti, seppure in tono minore, di questa analisi (si parlerà infatti di veg*ani per comprendere entrambe le categorie). La presenza e l’aumento di prodotti cruelty-free è stata resa possibile sia da nuove tecniche produttive che hanno consentito la sostituzione di materiali di ampio utilizzo tradizionalmente ricavati da animali (questo vale in particolare per sostanze di sintesi in grado di sostituire pelle e cuoio ed estratti animali utilizzati nella cosmetica e nella composizione dei farmaci), sia dall’utilizzo sempre più significativo di prodotti vegetali tipici dei paesi orientali (ciò è significativo soprattutto in ambito alimentare, in particolare per i prodotti a base di soia, sostitutivi di carne e latticini). Questo settore assiste a una progressiva crescita dei propri attori e profitti, nonostante i prodotti vengano per lo più commercializzati tramite canali dedicati, possano presentare un prezzo più alto, siano 4

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