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Principali problematiche di attuazione del disegno di federalismo fiscale in Italia

In questo lavoro si è cercato di ricostruire ed esaminare i principali aspetti istituzionali ed economici del "federalismo fiscale".

In tal senso, nella prima parte del lavoro sono state illustrate le principali fasi del lungo e complesso processo di riforma del sistema italiano di finanza pubblica che, avviatosi negli anni novanta del secolo scorso, ha gradualmente modificato, attraverso molteplici provvedimenti, il modello di finanza derivata, ampliando l’autonomia finanziaria dei governi locali e conferendo a questi una maggiore responsabilità nella gestione dei procedimenti sia delle entrate che delle spese. Processo riformatore, che ha ricevuto notevole impulso dal decreto legislativo n.56 del 18 febbraio 2000 ed è proseguito con la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3, recante modifiche al titolo V della Costituzione che, come è noto, ha inciso profondamente sugli assetti istituzionali e sull’ordinamento finanziario delle Regioni e degli enti locali. Con riferimento agli assetti istituzionali, la riforma costituzionale ha infatti attribuito numerose materie al regime della competenza legislativa esclusiva delle Regioni ed ha ampliato, nel numero e nell’importanza, il novero delle materie attribuite al regime della competenza legislativa concorrente delle stesse. Per quanto attiene l’ordinamento finanziario, invece, l'articolo 119 della Costituzione ha rafforzato il principio dell’autonomia di bilancio delle Regioni e degli enti locali, ponendo una maggiore enfasi sui tributi propri e specificando che gli Enti dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

In seguito, come è stato osservato, il processo di riforma del sistema di finanza pubblica ha registrato una sostanziale battuta d’arresto, considerato che nessuna delle molteplici iniziative che hanno alimentato il dibattito nei contesti istituzionali ed accademici, quali: la relazione dell’Alta Commissione sul Federalismo Fiscale istituita nel 2003; il documento approvato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome nel febbraio 2007; la proposta legislativa del Consiglio Regionale della Lombardia del giugno 2007; il disegno di legge del Governo Prodi dell’agosto 2007, si è poi tradotta in puntuali provvedimenti legislativi.
Pertanto, l’esigenza di completare il processo di riforma costituzionale con una legge delega di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione risultava, alla vigilia del provvedimento legislativo in esame, ormai improrogabile. La legge delega n.42/2009, approvata definitivamente lo scorso 5 maggio, apre quindi una nuova fase del processo riformatore, nel corso della quale dovrà essere ridefinito l’assetto complessivo dei rapporti finanziari tra Stato, Regioni ed Enti Locali. Il provvedimento prevede infatti un profondo mutamento nel meccanismo che, fino ad ora, ha regolato il sistema di finanziamento degli enti territoriali, proponendosi di migliorare il funzionamento delle amministrazioni, la qualità della spesa e gli equilibri di finanza pubblica.
Nello specifico, la riforma dispone l’attribuzione a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di autonomia di entrata e di spesa, prefigurando un sistema nel quale, superati i trasferimenti, le risorse finanziarie derivano da tributi ed entrate propri, da compartecipazioni al gettito di tributi erariali e dal fondo perequativo per i territori a minore capacità fiscale per abitante. Essa sancisce, poi, il passaggio graduale dal finanziamento basato sul criterio della "spesa storica" a quello determinato in relazione al fabbisogno "standard", per quanto riguarda i livelli essenziali e le funzioni fondamentali fissati costituzionalmente (articolo 117, comma 2, lettera m) e lettera p) Costituzione), ed alla "capacità fiscale" per le restanti funzioni.
La legge delega prevede inoltre l’istituzione di un articolato insieme di organismi collegiali per il governo ed il controllo del nuovo sistema finanziario e tributario, stabilendo un periodo di due anni per l’approvazione dei decreti legislativi che dovranno definire le norme di dettaglio del nuovo modello federale, ed ulteriori cinque anni di periodo transitorio, in cui dovrà realizzarsi la progressiva transizione dai parametri storici ai nuovi criteri perequativi.

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5 CAPITOLO 1 La teoria economica del governo decentralizzato e la sua evoluzione in Italia. 1.1 Introduzione. Come numerosi altri paesi nel mondo, europei ed extraeuropei, anche l'Italia ha avviato un faticoso processo di decentramento di competenze e risorse dal livello centrale di governo verso enti territoriali periferici. Al momento attuale, l'approvazione della legge delega n.42 del 5 maggio 2009 rappresenta il culmine di questo processo, iniziato sostanzialmente agli inizi degli anni novanta e per molti aspetti non ancora concluso; infatti trattandosi di delega in materia di federalismo fiscale, avrà bisogno dell'approvazione di tutta una serie di specificazioni necessarie all'effettiva realizzazione dei principi contenuti nel decreto stesso. Ma cosa si intende concretamente quando sentiamo parlare di processi di decentramento, di governi centrali, governi periferici o di federalismo fiscale? La risposta a questi quesiti è la condizione necessaria per comprendere non solo le tematiche sulle quali si è sviluppato, con sempre più frequenza ed intensità, gran parte del dibattito politico italiano degli ultimi anni; ma sopratutto, per comprendere ed analizzare le effettive trasformazioni dell'assetto politico, finanziario ed istituzionale in atto nel nostro paese. Diventa quindi essenziale chiarire in maniera dettagliata l'evoluzione della teoria e delle istituzioni caratteristiche del federalismo fiscale, utilizzando come punto di partenza le parole pronunciate nel 1959 da Luigi Einaudi (considerato uno dei padri della Repubblica italiana e secondo Presidente dello Stato stesso), che in un contesto storico-politico fortemente centralistico, come quello in qui è vissuto,affermava: "Se regioni, provincie e comuni devono ricorrere ad entrate proprie per finanziare le relative funzioni, nasce il controllo dei cittadini sulla spesa pubblica, nasce la speranza di una gestione sensata del denaro pubblico. Se gli enti territoriali minori vivono di proventi ricevuti dallo Stato, manca l'orgoglio del vivere del frutto del proprio sacrificio e nasce la

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Informazioni tesi

  Autore: Damiano Benincasa
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze dell'Amministrazione
  Relatore: Emma Galli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 215

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Parole chiave

spesa storica
finanza pubblica
legge delega n.49/09
decentramento
costo standard
federalismo fiscale

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