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La ferrovia in Abruzzo: da struttura debole del territorio a potenzialità turistica

La conformazione geografica della regione Abruzzo ha da sempre influenzato la nascita e lo sviluppo delle vie di comunicazione. Una regione dà l’orografia complicata e difficile da penetrare per l’asprezza delle montagne.
Le prime richieste di linee ferroviarie si hanno già dagli ultimi tempi dell’epoca borbonica, dietro le richieste vi erano ragioni di carattere militare e per la maggior sicurezza del territorio.
Queste prime richieste riguardavano una grande trasversale tra Napoli e le province abruzzesi fino al Tronto pensata nel 1853, nel 1860 s’iniziò a pensare ad una Centrale Italiana che dalla costa adriatica avrebbe risalito i fiumi Pescara, Aterno, proseguendo verso la Valle del Velino e le Marmore.
Nonostante queste richieste, l’Abruzzo si affacciava all’Unità d’Italia senza un chilometro di binari. Le prime rotaie che compaiono, sono quelle della linea Adriatica, i primi cantieri vengono aperti nel 1862 nella fascia costiera teramana.
Nel 1875 viene inaugurata la Pescara/Sulmona/L’Aquila che sarà completata fino a Terni nel 1883, nel 1884 apriva la linea Giulianova/ Teramo, essa doveva rappresentare il primo tronco di una grande trasversale per L’Aquila e Roma che non venne mai attuata.
Nel 1888 veniva completata la Roma/ Sulmona. Nel 1897 inaugurata la Sulmona/ Carpinone, nel 1902 dopo un lungo periodo di lavori aperta la Avezzano/ Roccasecca, nel 1915 aperta la Ferrovia Sangritana e nel 1922 venne aperta la L’Aquila/ Capitignano e chiusa nel 1935.
Durante la II Guerra Mondiale l’esercito tedesco e quello anglo americano hanno pesantemente infierito su queste linee, ma grazie allo sforzo e ai sacrifici dei ferrovieri la ricostruzione è stata completa e in molti casi rapida.
Fra tutte la linea Terni/ Rieti/ L’Aquila/ Sulmona merita un posto di primo piano, in quanto nel 1883 (anno della sua apertura) rappresentava il primo collegamento tra l’Adriatico e la Capitale, per le speranze di rilancio sociale ed economico che aveva acceso nelle popolazioni dell’Abruzzo aquilano e per i numerosi tentativi di renderla competitiva nel corso degli anni. Nel 1959 su questa linea inizierà l’avventura del direttissimo L’Aquila/ Roma Termini denominato “Freccia del Gran Sasso”, che collegava le due città in circa 5 ore. Rimarrà in vigore fino al 1987, esso aveva rappresentato per anni il punto di forza della linea, una vera istituzione per gli aquilani, simbolo della voglia di rinnovamento delle Fs nel secondo dopoguerra. Oggi è una linea secondaria, usata solo per il trasporto locale, ma resta una delle ferrovie più belle d’Italia, in quanto lambisce territori dal punto di vista paesaggistico, culturale e artistico tra i più belli d’Italia, attraversando il Parco Regionale Sirente Velino e costeggiando il Parco Nazionale della Majella.
Altra linea dalle potenzialità turistiche, è l’Avezzano/Roccasecca, inaugurata nel 1902, essa ha avuto una storia molto travagliata, in quanto venne duramente colpita dal terremoto del 1915, e nel corso della II Guerra Mondiale venne a trovarsi a ridosso della linea Gustav, subendo gravi danni durante la ritirata delle truppe tedesche, tanto da non essere più percorribile dopo la guerra. L’intera linea verrà riaperta soltanto nel 1959. Essa da oltre 100 anni collega le Valli del Liri e Roveto attraversando paesaggi di rara bellezza.
La linea ormai dismessa L’Aquila/ Capitignano aperta nel 1922 con lo scopo di sfruttare i giacimenti torbiferi dell’area di Campotosto, venne chiusa nel 1935. La linea è strettamente collegata alla linea Giulianova/ Teramo, infatti queste linee dovevano rappresentare un unico itinerario che superando il massiccio del Gran Sasso, avrebbe posto in collegamento l’Abruzzo aquilano, e quindi Roma, con la costa adriatica. A riguardo, i progetti redatti negli anni successivi all’unificazione dell’Italia furono molteplici, ma nessuno venne ritenuto idoneo per essere realizzato. Quindi, con la rinuncia al prolungamento su Teramo, si decretò la morte della L’Aquila/ Capitignano. Attualmente le tracce della linea sono ancora numerose e le opere d’arte sono ancora in discreto stato. L’interesse verso questa linea è oggi rinnovato, in quanto consente di collegare L’Aquila con il lago di Campotosto e con il Parco Nazionale d’Abruzzo, potrebbe essere recuperata attraverso la riconversione in una via verde da mettere a disposizione di utenti non motorizzati quali pedoni, ciclisti e escursionisti a cavallo. Si può dire che camminare o pedalare lungo un percorso verde realizzato su una linea ferroviaria dismessa significa viaggiare nel tempo e nello spazio.
Dopo la storia delle linee che attraversano la regione Abruzzo, vengono descritte le loro possibilità di rivalorizzazone a fini turistici, allargando lo sguardo anche ad esperienze simili in Italia e all'estero.

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3 INTRODUZIONE Questo mio lavoro tenta, partendo dalla evoluzione storica delle ferrovie in Italia e successivamente delle linee ferroviarie abruzzesi, di descrivere il fenomeno del turismo ferroviario in Abruzzo, visto come una possibile salvezza per le linee interne della nostra regione. Nella prima parte del lavoro traccio un profilo storico della ferrovia in Italia, dalla sua nascita fino allo stato attuale. Nell’arco di oltre un secolo e mezzo la ferrovia ha disegnato in profondità il volto dell’Italia e di conseguenza l’identità del suo popolo. Durante il Risorgimento, la strada ferrata venne a rappresentare l’unità nazionale, la facilità di circolazione per le merci e i viaggiatori, fu reputata indispensabile nella costruzione dello Stato Unitario. Tanti simboli dell’Italia in formazione e poi dell’Itala in sviluppo furono legati alle ferrovie: dalla ferrovia “Porrettana” che per la prima volta valicava l’Appennino tra Bologna e Pistoia, alle gallerie del Moncenisio, del Gottardo e del Sempione, destinate a collegare l’Italia con i paesi del centro Europa. Nel sud il treno venne visto come il principale fattore di un progresso non solo tecnologico, ma anche economico e sociale. Questi valori furono ancora più sentiti in Italia rispetto ai paesi dell’Europa Centrale, dove lo sviluppo economico si era affermato prima. I governi unitari operarono ingenti investimenti nelle ferrovie, i maggiori in assoluto nel campo dei lavori pubblici. Per tutto il ventennio fascista, nonostante l’arrivo dell’automobile, la ferrovia continuò a esprimere un’idea di progresso, grazie alla propaganda sul rispetto dell’orario e alle nuove realizzazioni tecniche come le prime direttissime e le littorine e grazie anche alle nuove realizzazioni sociali, come i treni popolari, che consentirono la scoperta del turismo agli abitanti delle maggiori città. Nel secondo dopoguerra, la ferrovia perse terreno negli anni del miracolo economico, in quanto la rete era rimasta quasi ferma all’Ottocento, senza nessun investimento nelle nuove tecnologie. Questo portò ad un utilizzo sempre maggiore dell’automobile, contribuendo alla chiusura dei rami secchi ferroviari. Soltanto alla fine del Novecento, la ferrovia è stata recuperata come mezzo di trasporto da salvaguardare e da sviluppare. Nella seconda parte di questo lavoro ripercorro la storia delle linee ferroviarie abruzzesi, prima a livello generale e poi soffermandomi su ogni singola linea interna dell’Abruzzo. Possiamo vedere come esse siano state penalizzate da ritardi nella loro costruzione rispetto al resto del paese, basti pensare che l’Abruzzo si affacciava all’Unità d’Italia senza un chilometro di linee ferrate. Nel corso degli anni, inoltre, le due guerre mondiali, eventi naturali e in alcuni casi scelte sbagliate da parte di Trenitalia hanno portato ad un forte ridimensionamento di queste linee, sia dal punto di

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