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L'equilibrio di potenza europeo nel Settecento

Generalmente, quando si fa riferimento al concetto di «equilibrio di potenza internazionale», si allude ad una situazione in cui, in un determinata area geografica e in un determinato periodo storico, vi è una distribuzione della potenza tra Stati (o tra le rispettive organizzazioni politiche esistenti) tale da non permettere a nessuno di essi di imporre il suo predominio sugli altri. Ma al di là di questa semplice ed immediata definizione, c’è un intero universo di significati e di riflessioni da esaminare approfonditamente. In questo elaborato analizzerò il tema focale dell’equilibrio di potenza, così come si è evoluto nel corso dell’era moderna, tra il XV e il XVIII secolo, concentrandomi sullo studio della prassi e della teorizzazione relative al contesto europeo e, andando più nel particolare, sull’analisi della pratica e della teorizzazione settecentesca della suddetta questione. L’argomento, nel corso dei secoli, e a partire dalle sue prime applicazioni pratiche rinvenibili in alcuni sporadici episodi della storia antica e medievale, ha assunto una rilevanza sempre più crescente e, nell’età moderna, tale materia è divenuta una delle più dibattute tra gli intellettuali e i politici del tempo. Una tale importanza della questione, evidenziatasi proprio dalla sua costante e, a volte, prolissa trattazione, non può stupire, per le molteplici accezioni ed interpretazioni che il termine «equilibrio» ha ricevuto nel corso dei secoli, e che sono andate trasformandosi progressivamente nel tempo, man a mano che gli eventi storici e le dinamiche interstatali davano vita ad un sistema internazionale europeo sempre più integrato e mutato nei suoi rapporti interni. Fra le tante definizioni date, le più comuni furono le seguenti: principio politico da perseguire sul piano pratico per tutelare la sopravvivenza del regno nell’anarchico sistema di Stati europeo; criterio d’ordine internazionale; elemento costitutivo delle politiche nazionali esplicabile sia verso l’interno che verso l’esterno; codice diplomatico comune, condiviso e compreso universalmente da statisti, ambasciatori e uomini politici; fattore unificante del continente europeo e determinante della stessa idea di Europa; strumento giustificante delle pragmatiche politiche estere europee; fondamento giuridico internazionale necessario al mantenimento della stabilità e della pace europea, che dev’essere rispettato alla stessa stregua di una norma di diritto internazionale. Tale molteplicità di interpretazioni lo resero (e lo è ancora) un concetto assai ambiguo, contraddittorio e spinoso da affrontare, aperto ai più disparati significati. La fortuna e, allo stesso tempo, il fallimento riscossi dalla dottrina dell’equilibrio di potenza nel corso degli anni derivano soprattutto dalla sua intrinseca contraddittorietà e dalla strumentalizzazione a cui è stato lungamente sottoposto per poter essere plasmato alle più differenti situazioni storico-politiche peculiari di ogni Stato. Ed è soprattutto a causa della sua enigmaticità che questa tematica, in età contemporanea, rimane al centro di discussioni teoriche di ogni sorta; ancora oggi non si sono trovate risposte univoche, chiare e universalmente accettate alle seguenti domande: cosa si intende per «equilibrio internazionale»? Qual è la vera natura, la vera essenza, dell’equilibrio di potenza? E qual è la sua reale funzione? Ed attraverso questo elaborato ho cercato di porre fine ad una tale indeterminatezza della questione. L’ intera analisi, condotta a partire dalla narrazione della situazione storico-politica dell’Italia di metà Quattrocento (se si esclude il primo, breve paragrafo nel quale faccio accenno alle manifestazioni dell’equilibrio di potenza nella storia europea antica e medievale), termina subito prima dello scoppio della Rivoluzione francese (1789), ed è bipartita in due specifiche sezioni: la prima è più di carattere cronologico ed è circoscritta ai primi due capitoli della ricerca, nei quali dunque mi sono concentrato sull’analisi della prassi europea dell’equilibrio tra XV e XVII secolo (sebbene, nel primo capitolo, abbia dato spazio anche all’analisi tematica della teorizzazione del concetto nel periodo che va dal 1450 al 1700); la seconda sezione, circoscritta al terzo e quarto capitolo dell’elaborato, assume un carattere più marcatamente tematico e in essa lo studio si è concentrato sull’esame della teorizzazione positiva e negativa del principio dell’equilibrio nel XVIII secolo: in effetti, durante tutto il Settecento un notevole numero di autori si dedicarono all’approfondimento dell’intera questione, rielaborando il tema in chiave positiva e in chiave critica.

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IV Introduzione Generalmente, quando si fa riferimento al concetto di «equilibrio di potenza internazionale», si allude ad una situazione in cui, in un determinata area geografica e in un determinato periodo storico, vi è una distribuzione della potenza tra Stati (o tra le rispettive organizzazioni politiche esistenti) tale da non permettere a nessuno di essi di imporre il suo predominio sugli altri. Ma al di là di questa semplice ed immediata definizione, c’è un intero universo di significati e di riflessioni da esaminare approfonditamente. In questo elaborato analizzerò il tema focale dell’equilibrio di potenza, così come si è evoluto nel corso dell’era moderna, tra il XV e il XVIII secolo, concentrandomi sullo studio della prassi e della teorizzazione relative al contesto europeo e, andando più nel particolare, sull’analisi della pratica e della teorizzazione settecentesca della suddetta questione. L’argomento, nel corso dei secoli, e a partire dalle sue prime applicazioni pratiche rinvenibili in alcuni sporadici episodi della storia antica e medievale, ha assunto una rilevanza sempre più crescente e, nell’età moderna, tale materia è divenuta una delle più dibattute tra gli intellettuali e i politici del tempo. Una tale importanza della questione, evidenziatasi proprio dalla sua costante e, a volte, prolissa trattazione, non può stupire, per le molteplici accezioni ed interpretazioni che il termine «equilibrio» ha ricevuto nel corso dei secoli, e che sono andate trasformandosi progressivamente nel tempo, man a mano che gli eventi storici e le dinamiche interstatali davano vita ad un sistema internazionale europeo sempre più integrato e mutato nei suoi rapporti interni: principio politico da perseguire sul piano pratico per tutelare la sopravvivenza del regno nell’anarchico sistema di Stati europeo; criterio d’ordine internazionale; elemento costitutivo delle politiche nazionali esplicabile sia verso l’interno che verso l’esterno; codice diplomatico comune condiviso e compreso universalmente da statisti, ambasciatori e uomini politici; fattore unificante del continente europeo e determinante della stessa idea di Europa; strumento giustificante delle pragmatiche politiche estere europee; fondamento giuridico internazionale necessario al mantenimento della stabilità e della pace europea, che dev’essere rispettato alla stessa stregua di una norma di diritto internazionale; e molte altre di questo tipo. Tale molteplicità di interpretazioni lo resero (e lo è ancora) un concetto assai ambiguo, contraddittorio e spinoso da

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