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L'emigrazione transoceanica verso l'America Latina. Aspetti del fenomeno dal Comune di Seravezza in Versilia dal 1884 al 1915

La tesi si suddivide in due parti: la prima, che comprende i primi quattro capitoli, è compilativa, mentre la seconda, incentrata nel quinto, è interamente di ricerca.
Nei primi due capitoli è evidenziato lo studio dell’emigrazione dal punto di vista della società italiana. Nel primo, oltre all’aspetto numerico e alle cause, è trattato il fenomeno nella sua globalità dalla scoperta dell’America agli anni ’70 del 1900; nel secondo, invece, è messo in primo piano il dibattito politico sul problema dell’emigrazione dall’unità nazionale alla prima guerra mondiale. La giovane e arretrata Italia, attraversata dalle idee liberali che contrastavano con i forti interessi della classe agraria, voleva, a tutti i costi, entrare nel circolo delle grandi potenze del tempo per mezzo di conquiste militari in Africa. Tuttavia, le sconfitte subite, ma soprattutto l’aumento dell’insofferenza sociale dovuta alla povertà, spinsero i nostri politici ad abbandonare l’avventura africana favorendo invece un’emigrazione tutelata e assistita oltreoceano. Nel capitolo sono inoltre evidenziate le condizioni sociali ed economiche degli italiani, le ingenti rimesse che contribuirono, senza dubbio, allo sviluppo industriale dei primi anni del Novecento, il ruolo di “eccitamento” che assunsero gli agenti di emigrazione e la posizione della Chiesa Cattolica, non solo condizionata da una fervente cristianità ma anche da forti ideologie politiche.
Nel terzo capitolo il fenomeno è analizzato dall’angolatura opposta, e cioè da quella dei paesi dell’America Latina che ospitarono in maggior numero gli immigranti italiani: Argentina, Brasile e Uruguay. Il necessario popolamento di quelle terre per stabilire politicamente, ed in maniera definitiva, i confini e per sviluppare le nascenti monocolture fu voluto da quei politici, e al tempo stesso anche latifondisti, che seppero equilibrare il loro bisogno con la nostra offerta di manodopera. L’immigrato, europeo o asiatico che fosse, non sempre ebbe la fortuna di migliorare la propria condizione sociale visto che, in numerosi casi e per volontà dei grandi proprietari, si sostituì al lavoro e alla vita dello schiavo che, a tappe, nel XIX secolo, ottenne la libertà in tutto il subcontinente americano.
Il contenuto del quarto capitolo rimbalza nuovamente in Italia e più precisamente nella Lucchesia, la provincia toscana con più emigrazione e tra le prime a livello nazionale. Sono evidenziate le direzioni che scelsero gli emigranti lucchesi in tempi diversi e le loro caratteristiche, centrate, quasi esclusivamente, nella produzione e nella vendita ambulante di statuine di gesso, nella creazione e sviluppo di punti vendita di qualsiasi prodotto nei nuovi paesi e nel risparmio.
La fine del capitolo, in cui ho analizzato le caratteristiche di alcuni comuni della provincia di Lucca, è di introduzione al quinto, dedicato interamente alla ricerca che ho concluso nell’archivio storico del Comune di Seravezza che, da un punto di vista amministrativo, è posizionato nella cosiddetta “Versilia del Nord”. La storia emigratoria del Comune, collegata alla Prefettura di Lucca da numerosi rapporti amministrativi, riprende alcuni aspetti del fenomeno analizzati nei capitoli precedenti; le condizioni economiche di chi partiva si sono incrociate con i problemi dei paesi latinoamericani, con i numerosi consigli e limitazioni dello Stato italiano e con la presenza di agenti, subagenti e rappresentanti di vettori nel territorio comunale che favorivano sia l’emigrazione legale, sia quella clandestina.

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I Introduzione L’esigenza di condurre una ricerca sull’emigrazione dell’area versiliese è nata dal fatto che la provincia di Lucca, insieme a quella di Massa-Carrara, ha contribuito in maniera sostanziale al fenomeno benché la Toscana, per cifre emigratorie, non possa essere paragonata alle regioni meridionali, alla Lombardia o al Veneto. L’obiettivo della ricerca è, naturalmente, quello di rendere noto il fenomeno, nel suo insieme, nel periodo a cavallo tra il XIX e il XX secolo, con maggior riferimento alla Lucchesia ed in particolare all’area versiliese dove gli studi sono stati veramente pochi. L’area è stata studiata non solo sotto l’aspetto quantitativo del fenomeno ed, infatti, oltre ai numeri e alle percentuali, ciò che ne esce è anche un profilo generale dell’emigrazione sotto gli aspetti politico, sociale ed economico; da quest’ultimo punto di vista, senza dubbio, gli emigranti e le loro rimesse contribuirono allo sviluppo industriale italiano, facendo unire quella che è la storia economica con quella demografica. L’emigrazione può anche essere vista, secondo l’aspetto politico, come una grande industria, con tanti piccoli operai in continuo movimento per la loro stessa esistenza, al servizio di una classe di politicanti dediti unicamente al prestigio dei loro interessi che sono passati, nel corso degli anni, da un protezionismo, direi “agrario”, ad un colonialismo prima armato e con mire africane e poi innocuo, ma allo stesso tempo prolifico, e diretto oltreoceano. L’aspetto sociale ha, infatti, evidenziato il popolamento di numerose regioni da parte degli italiani che contribuirono al consolidamento di stati come l’Argentina, il Brasile e l’Uruguay ancor meno giovani dell’Italia. E se è vero che è la gente che fa la storia, questi emigranti, tutti insieme, ne hanno scritto una bella parte; milioni di persone comuni dirette verso un futuro incerto e verso paesi che

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seravezza
emigrazione italiana
storia d'italia
storia contemporanea
emigranti in argentina
storia dell'america latina
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