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L'altra faccia del miracolo economico cinese: l'ambiente

La tesi tratta delle drammatiche conseguenze sull'ambiente e sulla salute umana della rapida crescita economica cinese, avvenuta a spese della già precaria condizione ambientale del paese, e delle inconludenti azioni intraprese dal governo a tale proposito.

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Introduzione La Cina ha conosciuto negli ultimi trent'anni un impetuoso sviluppo economico. A partire dalle riforme varate da Deng Xiaoping alla fine degli anni '70 il paese si è avviato verso la modernizzazione con una velocità senza precedenti ed è evidente che tale crescita non è avvenuta senza contraccolpi, sia per l'ambiente sia per la società. In realtà il processo di degrado ambientale della Cina trova le sue radici in un periodo antecedente alle riforme di apertura economica di Deng, nelle origini stesse della millenaria cultura dell'Impero di mezzo, nella disputa fra Taoisti e Confuciani. I primi ammonivano che si rispettasse la natura, mostrandosi ad esempio contrari alla deviazione del corso dei fiumi, i secondi invece avevano fiducia nelle opere dell'uomo, tramite le quali avrebbero potuto addomesticare la natura al proprio volere. In epoca moderna sono sicuramente i Confuciani ad aver avuto la meglio in questa disputa. Il processo che sta portando alla distruzione del patrimonio ambientale cinese inizia già alla fine degli anni '50 con Mao Zedong. Mao riprende la dottrina confuciana e nella sua retorica esalta il piacere di piegare la natura al proprio volere, enfatizzando « l'infinito piacere di combattere la natura » 1 . Da allora l'ecosistema cinese ha subito grandi e piccole devastazioni continue. A partire dalla politica del Grande balzo in avanti, il piano economico e sociale praticato dalla Repubblica Popolare Cinese tra il 1958 e il 1960, con lo scopo di riformare rapidamente il paese, trasformando il sistema economico rurale in una moderna ed industrializzata società comunista, furono impiantati centinaia di inefficienti altiforni alimentati a carbone, dal grande impatto ambientale, e fu introdotta la deforestazione su vasta scala. In seguito l'intenso sfruttamento agricolo dei terreni diede vita a forme di impoverimento e di conseguente erosione del suolo e fu avviata la costruzione di centinaia di imponenti dighe, dall'enorme impatto sull'ecosistema. La situazione oggi non è molto migliorata, sebbene già negli anni '70 le autorità cinesi abbiano dimostrato di rendersi conto della gravità del disastro ecologico cui il paese andava incontro. Nel 1972 la Cina partecipa alla prima conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente. Nel giugno 1973, si tiene a Pechino la prima conferenza nazionale sulle tematiche ambientali, cui fece seguito la creazione dello State Environmental Protection Bureau , che nel 1998 divenne State Environmental Protection Administration (SEPA) , l'agenzia governativa che sovrintende all'applicazione della moltitudine di leggi e regolamenti in materia ambientale elaborate dal governo. Oggi la Cina è parte di numerose convenzioni internazionali sull'ambiente, compreso il Protocollo di Kyoto, e le sue dichiarazioni in materia sembrano sempre più orientate verso lo sviluppo di una maggiore coscienza ambientale. Tuttavia, se fino alla fine degli anni ’80 era piuttosto facile per la Cina sbandierare il proprio impegno di fronte alla comunità internazionale sul tema ambientale, non avendo la sua economia (e quindi il suo tasso di inquinamento) dei tassi di crescita paragonabili a quelli attuali, e non essendo quindi tenuta ad attuare imponenti azioni in tal senso, la situazione è decisamente cambiata a partire dagli anni ’90, quando la Cina ha cominciato a scalare le classifiche internazionali dei paesi maggiormente industrializzati e maggiormente responsabili dell'inquinamento mondiale. Oggi il maggiore limite ad una seria ed efficace politica ambientale per la Cina è costituito dagli obiettivi di crescita dell’Impero di mezzo, considerati prioritari da Governo e cittadini. Infatti, se a livello internazionale la 1 YU Sichun, “ Gli schiavi del pil, ossia l'infinito piacere cinese di combattere la natura”, Quaderni speciali di Limes. Rivista italiana di geopolitica. Tutti giù per terra. Cambia il clima, cambia il mondo, o Cindia o noi? Le guerre ambientali , 1/2006, pag. 43. 2

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