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L'acqua come diritto umano e principio di autodeterminazione

Il dibattito sul diritto all’acqua ha assunto negli ultimi anni un tono sempre più significativo, al punto da far ritenere diversi autori ed esperti che in futuro le guerre verranno combattute proprio per la gestione di questa risorsa.
Già oggi molti conflitti sono legati alla gestione delle risorse idriche, ma questa causa viene poco analizzata, quasi dimenticata, e lasciata fuori dal grande dibattito sulla pace in diverse aree del mondo.
La società civile, continua ad impegnarsi in ogni parte del mondo per sottrarre la gestione delle politiche idriche alle decisioni esclusive dei governi, specie quando gli esecutivi sono sottomessi alle politiche della World Bank e dell’International Monetary Found.
Questa azione così decisa, che in questa tesi viene analizzata con diversi esempi, mostra una chiara presa di coscienza, rispetto a istituzioni sopranazionali ancora molto restie a definire l’acqua come un diritto umano, a governi e partiti politici nazionali incapaci di farsi davvero portavoce degli interessi dei cittadini.
Spetta così a gruppi di pressione ed ONG il compito di dialogare con le istituzioni, di opporsi a scelte mercificatici, di proporre soluzioni giuridiche, politiche e gestionali capaci di garantire un governo democratico dell’acqua, attraverso un azione che mostri la reale capacità di autodeterminazione dei popoli, in quanto soggetti capaci di muoversi politicamente in maniera autonoma e di collaborare internazionalmente tra loro per la promozione dei propri diritti e della solidarietà internazionale.
L’azione della società civile si basa sulla definizione del diritto all’acqua, già stabilito in maniera implicita dal Patto sui Diritti Civili e Politici e quello sui Diritti Economici Sociali e Culturali, meglio conosciuti come i Covenants del 1966; un diritto implicitamente richiamato nella definizione del diritto alla vita, alla salute e allo sviluppo, diritti sanciti da strumenti internazionali di diritto cogente e dalle Costituzioni nazionali di tutti i paesi del mondo. Inoltre va considerato come il diritto all’acqua sia già esplicitamente sancito nei principali strumenti di diritto internazionale umanitario, nella Convenzione dei diritti del Fanciullo e nella Convenzione contro ogni forma di discriminazione nei confronti della donna.
Queste basi giuridiche essenziali, mostrano la costruzione di un diritto all’acqua, forte di diversi richiami, creatisi in diversi ambiti del diritto cogente, nonché nel soft law, il quale ormai si dimostra capace di rappresentare uno strumento politico validissimo (come dimostra la decisione di Boliva, Cuba, Uruguay e Venezuela di non firmare la dichiarazione ministeriale della quarta conferenza mondiale sull’acqua) e di portare verso la definizone di hard law.
Sostanzialmente, appare evidente come il diritto all’acqua si basi sulla cooperazione tra stati, che dimostra la necessità di cogestione di questa risorsa, necessaria per evitare lo scatenarsi di conflitti. Un diritto che deve avvalersi del contributo gestionale degli utenti, che deve prevedere una tariffazione progressiva e un quantitativo minimo gratuito di acqua disponibile per ogni singolo cittadino.

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4 1.PREMESSA Il dibattito sul diritto all’acqua ha assunto negli ultimi anni un tono sempre più significativo, al punto da far ritenere diversi autori ed esperti che in futuro le guerre verranno combattute proprio per la gestione di questa risorsa. Già oggi molti conflitti sono legati alla gestione delle risorse idriche, ma questa causa viene poco analizzata, quasi dimenticata, e lasciata fuori dal grande dibattito sulla pace in diverse aree del mondo. La società civile, continua ad impegnarsi in ogni parte del mondo per sottrarre la gestione delle politiche idriche alle decisioni esclusive dei governi, specie quando gli esecutivi sono sottomessi alle politiche della World Bank e dell’International Monetary Found. Questa azione così decisa, che in questa tesi viene analizzata con diversi esempi, mostra una chiara presa di coscienza, rispetto a istituzioni sopranazionali ancora molto restie a definire l’acqua come un diritto umano, a governi e partiti politici nazionali incapaci di farsi davvero portavoce degli interessi dei cittadini. Spetta così a gruppi di pressione ed ONG il compito di dialogare con le istituzioni, di opporsi a scelte mercificatici, di proporre soluzioni giuridiche, politiche e gestionali capaci di garantire un governo democratico dell’acqua, attraverso un azione che mostri la reale capacità di autodeterminazione dei popoli, in quanto soggetti capaci di muoversi politicamente in maniera autonoma e di collaborare internazionalmente tra loro per la promozione dei propri diritti e della solidarietà internazionale. L’azione della società civile si basa sulla definizione del diritto all’acqua, già stabilito in maniera implicita dal Patto sui Diritti Civili e Politici e quello sui Diritti Economici Sociali e Culturali, meglio conosciuti come i Covenants del 1966; un diritto implicitamente richiamato nella definizione del diritto alla vita, alla salute e allo sviluppo, diritti sanciti da strumenti internazionali di diritto cogente e dalle Costituzioni nazionali di tutti i paesi del mondo. Inoltre va considerato come il diritto all’acqua sia già esplicitamente sancito nei principali strumenti di diritto internazionale umanitario, nella Convenzione dei diritti del Fanciullo e nella Convenzione contro ogni forma di discriminazione nei confronti della donna. Queste basi giuridiche essenziali, mostrano la costruzione di un diritto all’acqua, forte di diversi richiami, creatisi in diversi ambiti del diritto cogente, nonché nel soft

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