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Il ruolo della Catalogna e degli enti locali nel progetto di costruzione europea

“Non è possibile costruire un' Unione Europea forte, trasparente, vicina ai cittadini, senza un pieno coinvolgimento delle regioni e degli enti locali, dell'insieme del tessuto delle autonomie. Lo Stato deve inevitabilmente cedere una parte dei suoi poteri verso l'alto ed un' altra verso il basso. Si deve dar vita a nuove realtà regionali sovranazionali. E' a quel livello che si può tentare di dare una risposta ai problemi della cooperazione e al controllo della direzione dell'economia.”
Con queste parole Roberto Speciale, ex Presidente della Commissione per la politica regionale al Parlamento Europeo (1994-1997) interveniva a favore di un processo di regionalizzazione europea inteso come efficacie risposta alle difficoltà politico-economiche che affliggevano e tuttora coinvolgono i Paesi dell'Unione Europea1.
A più di una decina d' anni da questo intervento l'argomento risulta ancora più che attuale e si impone con sempre maggiore forza un' esigenza di sostegno, considerazione e quindi innovazione proveniente dai cittadini, espressa attraverso le rappresentanze locali.
Il progetto di “innovazione europea” non può che essere arricchito da culture, realtà, sistemi politici e sociali diversi ma interagenti.
Le ragioni sono molteplici: in un gruppo eterogeneo l'insieme delle conoscenze, delle prospettive, dei punti di vista e delle osservazioni non possono che creare una rete solida in grado di riuscire a sostenere il peso di quell'esigenza politica e di democrazia che gli stati moderni non sono più capaci di fornire.
Questi, infatti, si trovano di fronte ad un “contesto globalizzato che esige risposte macroeconomiche”1 che da soli non possono elaborare in quanto si trovano in una posizione troppo lontana per individuare e soddisfare le esigenze dei cittadini ed ugualmente distante per intervenire elasticamente alle variazioni e ai movimenti del mercato globale.
Allo stesso modo i cittadini, veri protagonisti del progetto di innovazione europea, necessitano di canali di comunicazione fra loro e con le istituzioni più diretti, immediati, forti.
L' Unione Europea si trova di fronte a sfide come la globalizzazione, il problema dell'ambiente, dell'energia, della salute alle quali non può rispondere con l'imposizione di soluzioni generali e rigide. Ogni territorio presenta diverse caratteristiche e proprio da queste specificità possono nascere risposte e azioni più o meno efficaci, perfezionate da scambi di opinioni, esperienze e forme di cooperazione se coordinate da una istituzione sovranazionale come l'UE.
A livello economico se ogni realtà locale viene messa nelle condizioni di poter sviluppare al massimo i settori in cui è naturalmente e storicamente avvantaggiata, l' UE potrà aumentare nettamente il suo potere concorrenziale, garantendo occupazione, maggiore qualità nei prodotti, prezzi concorrenziali e un conseguente innalzamento della qualità della vita dei suoi cittadini con ripercussioni positive a livello mondiale.
L'espressione di questa esigenza presenta tali dimensioni in quanto non è che il risultato di più percorsi storici vissuti da diverse realtà locali ma con evidenti caratteristiche comuni, tra cui la lotta al riconoscimento della propria identità, dell'appartenenza ad un gruppo, ad una cultura con specifiche esigenze, diritti ed interessi da tutelare.
Oggetto di questa tesi è il caso della Spagna, il cui processo di democratizzazione è andato pari passo con il processo di regionalizzazione ma anche di europeizzazione del Paese, diventando uno “Stato delle Autonomie con un forte decentramento istituzionale”1 con diritto alla partecipazione alla Comunità solo dopo la caduta della dittatura franchista (1975). La sua Costituzione garantisce attualmente alle Comunità Autonome (artt. 143 e 2), il diritto all'esercizio dell'autonomia, istituzioni di autogoverno (art. 148), forme legislative proprie nell'ambito delle competenze loro attribuite (art. 144) anche se delega alla giurisprudenza costituzionale la gestione dei rapporti fra queste e l'UE. Dal 1996 alcune di esse chiedono la loro partecipazione al Consiglio dei Ministri dell'UE in qualità di nazione, consce dell'importanza dell'avvicinamento alle Istituzioni europee nel loro processo di riconoscimento.
Una di esse è la Catalogna, i cui rappresentanti hanno sempre rivestito ruoli importanti nella storia della costruzione del Paese e che ripone oggi nell'Unione Europea la speranza di un maggiore riconoscimento ed autonomia non riscontrati fra le risposte ricevute dal governo nazionale.
Alla ricerca, quindi, di una nuova Unione Europea più vicina alle persone, attenta alle loro esigenze, che abbracci cause con radici locali, regionali, che possa costruire una nuova identità in cui esse possano riconoscersi e nella quale possano confidare: l'identità di cittadino europeo.

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L'AFFACCIARSI AL PANORAMA EUROPEO DEL REGIME SPAGNOLO DEL DOPOGUERRA. Risale al 9 febbraio 1962 la prima negoziazione della Spagna per entrare a far parte dell'allora Comunità Economica Europea, idea già espressa nel 1956 dal dittatore Francisco Franco al Consiglio della Falange, al quale egli dichiarava la sua aspirazione al raggiungimento di una “situazione economica che avrebbe permesso al Paese una buona libertà commerciale” 1 . Il Ministro degli Affari Esteri Castiella si rivolgeva con una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri della CEE, il francese Maurice Couve de Mourville chiedendo ufficialmente l'apertura delle negoziazioni per l'integrazione della Spagna alla comunità delle maggiori economie europee, corrispondenza che sarebbe proseguita fino al 1970 prima di mostrare i risultati sperati. Il tentativo del 1962 ebbe infatti esiti negativi a causa del carattere non democratico del regime spagnolo. Il Governo nel frattempo continuava ad esprimere la volontà di adesione di fronte al popolo e ai Paesi europei in numerosi discorsi e presentazioni di progetti per lo sviluppo economico:“La CEE costituisce il nucleo principale su cui si svilupperà la collaborazione continentale” 2 . Il 26 giugno 1970 il Ministro degli Affari Esteri don Gregorio Lòpez Bravo e Jean Rey, presidente della Commissione della CEE, firmavano a Lussemburgo un accordo commerciale preferenziale che concedeva notevoli vantaggi in materia di esportazioni alla Spagna, non ancora considerata Paese 1 “Cronologia del Acuerdo España- CEE-Cronicas”, Antonio Sanchez Gijon 2 dichiarazione governativa del 31 ottobre 1969 9

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