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Discriminazione religiosa e riposi settimanali: il conflitto tra il tempo di lavoro e il tempo di riposo

Il diritto di libertà religiosa e il relativo divieto di discriminazione appartengono alla sfera di diritti umani e delle libertà fondamentali di cui è titolare ogni essere umano. Si ritiene imprescrittibile il diritto di poter liberamente scegliere, in ogni momento della propria vita, di aderire a una determinata confessione religiosa, di poterla mutare, di poterla manifestare e di vivere quotidianamente secondo i precetti confessionali da essa indicati, senza per questo subire discriminazioni.
La tutela giuridica della libertà religiosa e il correlato apparato antidiscriminatorio si sono sviluppati e affermati durante il secondo dopoguerra, sia in ambito nazionale che internazionale, in un regime democratico di piena eguaglianza tra persone. La normativa antidiscriminatoria prevede un sistema di azioni positive volte alla realizzazione dell’applicazione del principio di eguaglianza sostanziale, che richiede di trattare in modo analogo situazioni uguali, e in modo differente situazioni diverse. In questo senso le misure di diritto diseguale mirano a risolvere situazioni di disparità di trattamento nei confronti di soggetti svantaggiati, come possono essere i membri delle minoranze religiose.
I sistemi legislativi nazionali di Italia e Regno Unito, i due paesi su cui si concentra il nostro studio, riconoscono il ruolo fondamentale dell’appartenenza religiosa nel processo di costituzione della soggettività e dell’identità personale dell’individuo, e un’importante funzione di coesione e inclusione sociale alle confessioni religiose. L’appartenenza religiosa non si limita alla mera libertà di pensiero e coscienza, ma comporta per il fedele l’obbligo di osservanza di determinati precetti confessionali con carattere di obbligatorietà, necessari per farlo sentire un membro a pieno titolo della comunità confessionale di appartenenza e parte del messaggio salvifico; egli è chiamato dunque a conformare la propria vita quotidiana a tali precetti. Il lavoratore credente deve poter realizzare la propria identità religiosa anche nel contesto lavorativo, poiché questo rappresenta uno dei principali momenti di realizzazione della propria personalità.
In questo senso il diritto di libertà religiosa e il correlato divieto di discriminazione si inseriscono anche nei rapporti intersoggettivi tra privati, come i rapporti contrattuali di lavoro; appartenendo alla sfera dei diritti di natura jus cogens, i due diritti non possono essere derogati dalla negoziazione privata.
Il lavoratore aderente a una confessione può rivendicare il diritto di usufruire di specifici giorni di riposo lavorativo determinati dalla propria religione.
Dato l’indebolimento del ruolo dello Stato nella regolamentazione del diritto del lavoro ne è conseguita la proliferazione di normative internazionali volte alla tutela dei diritti dei lavoratori svantaggiati, nell’ambito di un’economia globalizzata all’interno di società sempre più multiculturali. Il diritto internazionale del lavoro deve porre al centro l’uomo e la sua dignità, prima delle esigenze di carattere economico, che devono essergli subordinate.

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3 INTRODUZIONE Il diritto di libertà religiosa e il relativo divieto di discriminazione appartengono alla sfera di diritti umani e delle libertà fondamentali di cui è titolare ogni essere umano. Si ritiene imprescrittibile il diritto di poter liberamente scegliere, in ogni momento della propria vita, di aderire a una determinata confessione religiosa, di poterla mutare, di poterla manifestare e di vivere quotidianamente secondo i precetti confessionali da essa indicati, senza per questo subire discriminazioni 1 . La tutela giuridica della libertà religiosa e il correlato apparato antidiscriminatorio si sono sviluppati e affermati durante il secondo dopoguerra, sia in ambito nazionale che internazionale, in un regime democratico di piena eguaglianza tra persone. La normativa antidiscriminatoria prevede un sistema di azioni positive volte alla realizzazione dell’applicazione del principio di eguaglianza sostanziale, che richiede di trattare in modo analogo situazioni uguali, e in modo differente situazioni diverse. In questo senso le misure di diritto diseguale mirano a risolvere situazioni di disparità di trattamento nei confronti di soggetti svantaggiati, come possono essere i membri delle minoranze religiose 2 . I sistemi legislativi nazionali di Italia e Regno Unito, i due paesi su cui si concentra il nostro studio, riconoscono il ruolo fondamentale dell’appartenenza religiosa nel processo di costituzione della soggettività e dell’identità personale dell’individuo, e un’importante funzione di coesione e inclusione sociale alle confessioni religiose 3 . 1 Ferrari S., La tutela della libertà di religione: ordinamento internazionale e normative confessionali, Padova, CEDAM, 1998, pp. 7-10. 2 D’Avack P. A, Il problema storico-giuridico della libertà religiosa, Roma, M.Bulzoni, 1966, pp. 174- 180. 3 Botta R., Appartenenza confessionale e libertà individuali in “Quaderni di diritto e politica ecclesiastica”, n. 1, aprile 2000, pp. 144-148.

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